Un insolito pacco postale. Un racconto breve del mistero di Massimo Bianco
Giulia Mancini era appena rientrata con la spesa a villa Eden, graziosa palazzina con giardino ubicata nei dintorni di Roma. Stava sistemando i surgelati in freezer, quando udì il citofono e s’interruppe per rispondere. Poco dopo il postino giunse con un pacco. La donna lo guardò perplessa.
“Non mi risulta che qualcuno di noi abbia effettuato ordinazioni, chi lo manda?” Chiese.
“Il mittente non è indicato, signora.”
“Ma non ci sarà mica da pagare?”
“No signora, è gratis, basta una firma. Che fa allora, lo prende?”
“Va bene, me lo dia.”
Alcune ore dopo, terminato il pranzo, l’intera famiglia Mancini, padre e madre sulla cinquantina e figlio ventiquattrenne, si riunì intorno al pacco postale.
“Non è poi così leggero.”
“Cosa sarà, dunque?”
“Beh, è inutile continuare a fare congetture, spacchettiamolo e scopriamolo.”
Dentro vi erano due oggetti. Uno era un iPhone della Apple, sulla cui memoria era presente un unico file, un video intitolato SPIEGAZIONI. L’altro invece era un arnese misterioso, a forma di parallelepipedo, sui venti centimetri di lunghezza, dodici d’altezza e dieci di spessore, con su un lato un tasto d’accensione, una lieve infossatura della misura idonea ad adagiarci un dito e un pulsante on-off riparato da uno sportellino di plastica trasparente.
“Mai visto qualcuno dare un iPhone senza pretendere nulla in cambio.” Commentò Giulia.
“E quello sarà un antifurto satellitare, forse?” Si chiese ad alta voce il ragazzo, Andrea.
“Qualunque cosa sia scommetto che il filmato conterrà una richiesta di soldi.”
“Ma io non ho ordinato nulla e non pago un centesimo.” Sentenziò il padre, Livio.
“Cosa facciamo allora?”
“Tanto vale vederlo.”
Livio cliccò sull’icona a forma di serpente avvolto nelle proprie spire. Qualche istante dopo un uomo brizzolato e d’aspetto anonimo in giacca e cravatta apparve sullo schermo e cominciò a parlare. I tre lo ascoltarono sempre più trasecolati.
“… Riconosce già le vostre impronte digitali. Una volta acceso, per sbloccarlo basterà poggiare l’indice destro sull’apposito spazio in basso. Premendo quindi il pulsante on-off, farete scattare un unico segnale satellitare. Allora in un’altra parte del mondo qualcuno che voi non conoscete e non avete nemmeno mai sentito nominare morirà. Nessuno potrà ricollegarvi all’evento e in cambio riceverete due milioni di euro in contanti…”
Il messaggio fu ripetuto due volte con poche varianti, quindi il file si cancellò automaticamente.
“Uno scherzo. Di cattivo gusto, ma dev’essere per forza uno scherzo.” Sbottò Livio.
“D’altronde come potrebbe riconoscere le nostre impronte? Quando ce le avrebbero prese?” Si domandò Andrea.
“Cosa facciamo, allora?” – Ripeté Giulia – “Seguiamo le istruzioni?”
“Non dirai sul serio.”
“Due milioni sono una bella cifra, risolverebbero tutti i nostri problemi. Potremmo estinguere quel mutuo che ci soffoca e…”
“No, sarebbe immorale.” La interruppe il coniuge.
“E perché mai, l’hai detto anche tu che è senz’altro uno scherzo, di certo nessuno verrebbe ucciso solo perché lo stabiliamo noi. Magari sarà un progetto di ricerca di psicologia o di sociologia, un sondaggio per studiare le reazioni della gente a una proposta del genere.”
“Se nessuno verrà ucciso per davvero, nessuno ci pagherà per davvero, non credi? Perché un’indagine scientifica abbia valore, si devono studiare le reazioni di migliaia di persone e chissà quante premerebbero il pulsante. Nessuno può permettersi di spendere cifre simili.”
“Allora non ha importanza se lo premiamo noi.”
“Ma se invece abbiamo a che fare con un pazzo e per assurdo…”
“In tal caso non capiterà a un nostro amico ma a uno sconosciuto dalla parte opposta del mondo, che ce ne frega?”
il marito la guardò sconvolto e, mentre il figlio ascoltava la discussione meditabondo e senza interloquire, alzò la voce, visibilmente alterato:
“Non avrei mai creduto di sentirti parlare in questa maniera. Se ci facessero qualcosa di male e reagissimo uccidendo qualcuno o facendolo uccidere sarebbe comprensibile, sbagliato, ma comprensibile, ma così come dici tu, senza nulla di personale, per me sarebbe ancora peggio, sarebbe un assassinio del tutto gratuito.”
“Ma non saremmo stati noi, non sapremmo neppure se il delitto fosse stato compiuto sul serio.”
“E questo basterebbe a lavarti la coscienza?”
“Io… non lo so. Vorrei che non ce l’avessero mai proposto.”
“Però l’offerta è giunta ed è nostro dovere morale respingerla.”
“Sì, certo, hai ragione… eppure con due milioni quante cose potremmo…”
“No, basta, non voglio più sentire una parola sull’argomento.” Concluse Livio, perentorio.
Prese quindi entrambi i marchingegni e li andò a gettare nel cassonetto dell’immondizia, posto nel viale esterno, subito a destra del loro cancello.
Quella notte marito e moglie faticarono ad addormentarsi e restarono a lungo a girarsi e rigirarsi sotto le coperte. Lui per lo shock e la delusione di scoprire una compagna diversa da come l’aveva sempre giudicata, lei sia per i dubbi sia per il senso di colpa e la vergogna provata nei confronti del consorte. Così, quando poco prima dell’alba finalmente riuscirono, stanchissimi, ad assopirsi, il loro sonno risultò troppo profondo per permettergli di accorgersi che il figlio si alzava, usciva di casa, recuperava il segnalatore dal cassonetto – in quella zona a bassa densità di popolazione i rifiuti non venivano raccolti ogni notte – e lo riportava in casa.
Andrea non riusciva a togliersi di mente le argomentazioni cruciali di sua madre: capiterebbe a uno sconosciuto e risolveremmo ogni nostro problema. Il giovane nutriva due sogni, la Lamborghini Gallardo, un vero e proprio concentrato di eleganza, potenza e spavalderia, ed Eva Casini, di gran lunga la più bella, sexy e altezzosa ragazza dell’università. Pensava di continuo all’una e all’altra, desiderando entrambe disperatamente. Con quel suo sproporzionato testone da orso, l’esile Andrea era poco attraente. Tuttavia con due milioni di euro, era il suo ragionamento, mi potrei permettere perfino la Lamborghini e scommetto che con quella super macchina a disposizione Eva sarebbe finalmente mia. Gli era inoltre facile rassicurare se stesso che in fondo doveva trattarsi soltanto di una burla ben congegnata o di un sondaggio privi di costi umani e che al peggio non sarebbe stato pagato.
E così, nel silenzio della sua cameretta, accese il meccanismo e seguì le istruzioni.
Al termine di una faticosa giornata, Joao Pereira Da Silva attendeva accaldato l’autobus sul bordo di una strada di Belo Horizonte, nel cuore del Brasile, quando un’auto sterzò bruscamente verso di lui, lo travolse senza dargli nemmeno il tempo di accorgersene e si allontanò a tutto gas. Joao morì sul colpo.
Appena informata, la fidanzata accorse disperata in ospedale. Non riusciva a crederci: si sarebbero dovuti sposare sei mesi dopo, il suo adorato compagno non poteva essere deceduto. Avevano costruito tanti progetti insieme ed erano così pieni di speranze. Negli ultimi tempi poi Joao sembrava talmente felice! Diceva che forse la loro vita sarebbe cambiata, perché gli era capitata un’opportunità insperata: aveva ricevuto un insolito pacco postale e grazie a esso avrebbe potuto guadagnare un sacco di soldi. Quel giorno la giovane pianse calde lacrime, per la fine prematura dell’innamorato e per i loro sogni infranti.
A Copenaghen era una giornata fredda e piovosa, ma come ogni giorno la bionda e bassa Magda Olsen si era recata in ufficio in bicicletta. Appena rientrata a casa fece un bagno caldo. Per lei non c’era nulla di più piacevole, dopo una dura mattinata lavorativa. Si stava rivestendo quando suonarono alla porta. Poco dopo la vicina di casa le spiegò che durante la sua assenza il postino era venuto a consegnarle un collo e che non avendola trovata l’aveva lasciato a lei. Magda ringraziò, quindi andò in cucina e l’aprì, incuriosita. Dentro c’erano uno strano oggetto a forma di parallelepipedo e un iPhone.
Andrea Mancini camminava mesto per le vie del centro. Da quando aveva accettato l’accordo non si sentiva più in pace con se stesso. Di sicuro doveva essersi trattato di una semplice indagine sociologica, priva di tragiche conseguenze. Non poteva essere altrimenti, no? Ma pur ripetendoselo in continuazione, i suoi pensieri erano comunque rivolti all’eventuale vittima. A chi poteva essere toccato? Avrebbe voluto conoscerne l’identità, per rassicurare se stesso di non aver condannato un bravo ragazzo innocente ma una carogna punibile con la morte.
Intanto per l’ennesima volta le gambe l’avevano condotto davanti all’autoconcessionario. Trovarsi lì gli scacciava i sensi di colpa. Si soffermò a osservare dalla vetrina l’ultimo modello della Lamborghini, la Huracan, appena presentato all’autosalone di Ginevra e destinato a sostituire la Gallardo. Ne era incantato. La Huracan aveva una linea fantastica, andava dai zero ai cento chilometri orari in appena tre secondi e due decimi e raggiungeva i trecentoventicinque all’ora. L’abitacolo poi sembrava una plancia di comando. Per tornare a convincersi che ne era valsa la pena gli bastava raffigurare se stesso al volante, intento a sfrecciare in autostrada diretto a Montecarlo, con Eva seduta al suo fianco con quel suo corpo perfetto da stella del cinema.
Poi però notò un riflesso sul vetro. Qualcuno alle sue spalle sollevava un braccio, tenendo in mano un oggetto scuro e oblungo, che pareva una pistola. E in quel drammatico istante fu folgorato dall’improvvisa intuizione della verità. Dopotutto aveva partecipato davvero a un sondaggio, costruito ad arte per individuare chi meritava di morire. Allora Andrea Mancini chiese perdono a Dio e restò immobile ad attendere il proiettile risolutore.
Fine.
N.B.: spunto di partenza è stato il racconto “The box” (1970, tit. orig.: Button, button) di Richard Matheson. Convinto dall’idea, ma deluso dal finale, l’ho aggiornato e filosofato e ho eliminato la componente fantastica o fantascientifica per trasformarlo in un puro mistery – noir e, insomma, l’ho rifatto come l’avrei voluto leggere.