Tanto sono tutti uguali

Sempre più spesso si sente dire non vado a votare tanto sono tutti uguali,oppure non mi rappresenta nessuno.
Il voto in Toscana chiude la tranche di regioni alle urne prima dell’election day di novembre. Il prossimo test sarà infatti il 23 e 24 novembre per Puglia, Veneto e Campania in contemporanea.
il dato rilevante di queste elezioni è l’aumento di chi non va a votare che ormai supera stabilmente il 50%.
È un fenomeno che dovrebbe fare riflettere tutti i partiti

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È sì importante parlare delle persone che non vanno a votare, ma ben più importante è parlarne cogliendo la complessità, e la diversità, delle caratteristiche che le accomunano
L’astensionismo elettorale è una spina nel fianco della democrazia. Le urne vuote sfregiano la rappresentazione patinata di governanti legittimati ad agire grazie al consenso ricevuto dal loro docile popolo. Il non voto sfida la democrazia nella misura in cui costituisce una critica, nemmeno tanto velata, ai suoi attori e alle sue procedure. Astenendosi, gli elettori intendono ripagare i governanti con la loro stessa moneta, le cui due facce sono l’indifferenza e l’ostilità.
Oggi più che mai si palpa l’ostilità dei cittadini nei confronti dei partiti,che sono diventati una fabbrica di incarichi e poltrone,e sempre meno portano avanti gli ideali.
Secondo Roberto Weber, presidente dell’Istituto Ixè il fenomeno dell’astensionismo è fisiologico e inarrestabile a meno che si verifichi un’inversione a 360 gradi dell’offerta politica. La risposta al «perché non si va a votare?» data da Weber è tanto semplice quanto tranchant: «Si disertano le urne perché il voto non conta nulla. Quindi o ci sarà un potente cambio di paradigma e l’offerta politica diventerà consistente rientrando in sintonia con l’elettorato oppure il fenomeno dell’astensionismo diverrà una vera piaga sociale.
Avete visto e soprattutto sentito il teatrino post elettorale.
La resa dei conti nella Salvini Premier ad esempio è vicinissima
Contattata dal Foglio, Susanna Ceccardi, europarlamentare ed ex candidata presidente in Toscana, che è stata di fatto commissariata da Vannacci, invita a “contattare direttamente il responsabile della campagna elettorale, il generale Roberto Vannacci”. Sarebbe andata meglio con lei? “Chiedetelo a lui e a Salvini!”, risponde ironica. Mentre Andrea Maule, commissario della Lega in provincia di Grosseto (anche lui commissariato dal generale) dice: “L’effetto Vannacci c’è stato…ma al contrario.
La risposta del generalissimo non si è fatta attendere
La Lega senza di me magari sarebbe scesa all’1%.
Nessuno analizza il risultato in modo serio, nessuno si chiede perché anche nelle regioni dove il centro destra vince, i voti dalla Salvini Premier calano sensibilmente di volta in volta.
Il partito di Matteo Salvini, accantonata la causa federalista, vale ora meno di un terzo di Fratelli d’Italia nei territori dove nacque
l’ormai conclamata perdita di radicamento territoriale della Lega nel Nord Italia. È un processo in verità in corso da tempo: l’idea di trasformare il partito federalista in partito nazionalista è il senso stesso del mandato di Matteo Salvini come segretario(mandato mai ricevuto da un congresso).
Insomma, un po’ ovunque al Nord e in maniera ormai piuttosto stabile la Lega vale tra un quarto e un terzo di Fratelli d’Italia. Un fatto impensabile solo fino a tre o quattro anni fa, e che avrà ripercussioni politiche ancor più evidenti nei prossimi mesi.

Salvini, Vannacci

Se poi si fa un analisi dei flussi elettorali si capisce con chiarezza che una parte dei voti leghisti vengono assorbiti da Fratelli d’Italia e una parte finisce nell’astensionismo.
Secondo alcuni pigri analisti, il declino politico del leader leghista sarebbe causato dal suo estremismo. Ma lui è lo stesso di sempre: gli elettori si sono semplicemente stancati
E questo ci fa chiudere il pensiero con una riflessione:
La compagnia di giro della democrazia illiberale è sempre la stessa e il repertorio è il medesimo. È solo cambiato il primattore o il capocomico.

Roberto Paolino

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