Sulla conversione di Saulo-Paolo

Yehoshua ben Yosef, occidentalizzato in Gesù, nasce in una famiglia ebrea, vive da ebreo e da ebreo muore. Come tanti altri ebrei, non accetta pedissequamente la religione ebraica, ma la interpreta e cerca di riformarla, in particolare combattendone il formalismo. E ciò tramite il solo comandamento dell’amore, verso Dio e verso il prossimo.

Gesù non era cristiano, per paradossale che possa sembrare. Non era il Cristo così come lo conosciamo noi.

Quello che conosciamo noi è il Cristo di Saulo (poi Paolo e poi San Paolo), che è dunque il vero fondatore del nostro cristianesimo. La sua predicazione ha ottenuto un tale credito e seguito e ha intriso di sé così profondamente la nostra civiltà occidentale, che all’interno di essa nessuno può affermare di non esserne o di non esserne stato in qualche misura condizionato. Nessuno, insomma, parafrasando Benedetto Croce, può non dirsi…paolino. Neppure gli atei.

Se il modo che ha Paolo di interpretare la persona di Gesù ha potuto imporsi, e nonostante interpretazioni autorevoli in contrasto con la sua (quella di Cefa, poi Pietro, poi San Pietro, per esempio), è perché egli ha saputo far accettare di essere stato eletto come apostolo da Dio, che si sarebbe rivolto a lui in modo diretto, e pertanto di avere tutto il diritto di testimoniare il messaggio di Gesù come gli altri dodici, nonostante sia l’unico a non aver mai conosciuto Gesù di persona.

Alla fine quella di Paolo non solo è stata l’interpretazione che ha prevalso, ma è divenuta col tempo la sola ammessa dalla Chiesa, la quale ultima è intesa da Paolo quale corpo mistico di Cristo, cioè di colui che sarebbe il Figlio di Dio, mandato dal Padre per essere crocifisso, salvando così il mondo dal peccato originale, di cui però nell’Antico Testamento non si parla, neanche in Genesi 1, 3, laddove Adamo ed Eva colsero il frutto proibito.

Ebbene, su quale fondamento Paolo può affermare che tutta l’umanità ha peccato per il peccato dei progenitori? E su quale fondamento può affermare altre cose quali, per esempio, la salvezza eterna tramite il sacrificio della croce di quel Yehoshua il cui insegnamento egli perseguitava ma che poi, sulla via di Damasco, proprio mentre sta recandosi in quella città per perseguitare anche coloro che vi si attenevano, conosce tramite una visione come Figlio di Dio?

Tante ipotesi sono state fatte e ancora si fanno su questo episodio cruciale per la storia dell’occidente. Chi  crede all’intervento divino, chi a un attacco di epilessia, chi ad un’impostura… Ma prima di pronunciarsi, è comunque meglio leggere attentamente i brani relativi alla conversione di Paolo presenti negli Atti degli Apostoli  9, 3-7 e 22, 6-10.

Ciò impedisce intanto di dire o scrivere in maniera assertiva di una sua caduta da cavallo (questione comunque secondaria) perché tra gli attori della scena avrebbe dovuto esserci un cavallo, che non c’è.  Ma soprattutto induce a tener conto, valutandolo per quanto è giusto, del fatto che Paolo nel primo brano sostiene che coloro che lo accompagnavano ed erano perciò dei testimoni, udirono ma non videro, e nel secondo che videro ma non udirono.

 Non è un particolare da poco.             

FULVIO BALDOINO

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