STUPRI DI GUERRA E STUPRI DI PACE

Uno dei crimini di guerra più barbari e odiosi è certamente la violenza sessuale perpetrata dalle truppe di occupazione di un territorio invaso sul corpo delle donne, ragazze, figlie, sorelle, fidanzate o mogli dei nemici, soldati combattenti o civili che siano. Lo stupro in guerra è parte della guerra medesima, anche se ufficialmente condannato dai trattati internazionali e dagli stessi codici e regolamenti militari.

Lo stupro in guerra è considerato, di fatto, un’arma offensiva come le altre, anzi, se possibile, ancora più devastante dei missili e delle bombe a grappolo (anch’esse peraltro, vietate dalle convenzioni internazionali). La guerra in Ucraina non fa certo eccezione: a sentire le testimonianze raccolte sul campo e a leggere i reportages di guerra degli inviati da tutto il mondo, in Ucraina questa atroce e barbara arma impropria, usata ovunque nelle guerre antiche e moderne, viene praticata in modo ancora più sistematico ed efferato che altrove. E siccome ci sono tante “anime belle del cazzo” (copyright Pier Paolo Pasolini) negazioniste che non credono alle efferatezze commesse dalla soldataglia  russa mercenaria, in gran parte formata da ceceni o da appartenenti alla famigerata “divisione Wagner” (il povero Richard si starà rivoltando nella tomba), pagata per uccidere il maggior numero possibile di ucraini (magari dopo averli torturati in sovrappiù), Kiev sta raccogliendo le prove dei crimini commessi da costoro.

Questo compito è stato affidato a una forza mobile speciale della polizia ucraina, formata da tre squadre  specializzate, come riferisce l’Avvenire del 9 giugno 2022, con il mandato di ascoltare e raccogliere la sofferenza più intima delle vittime e trasformarle in dossier di denuncia; ecco uno dei tanti  crimini messo agli atti, riportato dalla inviata Lucia Capizzi: “Quella notte, la seconda dall’occupazione, Yevgenya era chiusa, come tutti, nella sua casa di Bohanidvka, un villaggio del distretto di Brovary, a una ventina di chilometri da Kiev. Insieme a lei, il marito e il figlio di quattro anni. Erano poco dopo le 21.00, quando un gruppo di soldati russi ubriachi ha fatto ha fatto irruzione e ha aperto il fuoco sull’uomo; Yevgenya è stata  ripetutamente violentata prima che riuscisse a fuggire insieme al figlioletto”. Questa testimonianza è contenuta in uno dei dossier nelle mani della Procura generale di Kiev. Secondo quest’ultima, l’uomo che avrebbe guidato il manipolo di militari si chiama Mikhail Romanov, originario della russa Cherbakul, militare del cinquantesimo reggimento della divisione Vitebsk Novgorod. Il soldato, dalla settimana scorsa, è il primo imputato di stupro di guerra in Ucraina Il caso, nondimeno, è, secondo le autorità, appena la punta dell’iceberg. La storia di questo conflitto, affermano, è popolata da tante, da troppe Yevegenya. Quante sono? Già in tempo di pace è il crimine più nascosto.

Posso dire, però, che la violenza sessuale è stata impiegata massicciamente come arma di guerra dalle truppe di Mosca “. Su questo argomento tanto scabroso quanto perturbante che coinvolge così dal lato emotivo come da quello etico soprattutto il gentil sesso (anche se, ovviamente, riguarda tutta l’umanità) è tornata la storica e giornalista Lucetta Scaraffia: “Le testimonianze di violenza sessuale perpetrate dalle forze armate russe su donne e bambini ucraini continuano ad arrivare, molte via web, ma quasi sempre anonime.  Nelle campagne vige ancora una cultura patriarcale, e si cerca di evitare il disonore, ma anche si temono rappresaglie. Proprio per questo l’inchiesta delle Nazioni Unite ha censito un numero di stupri che si suppone molto inferiore alla realtà: 124, di cui 59 su bambini. Tant’è vero che l’ufficio di Iryna Venediktova, procuratrice generale di Kiev, parla di circa 11.000 casi da esaminare, e continua a investigare. In Polonia, dove è accolto il maggior numero di profughi, Médecins sans Fronières ha constatato un numero molto alto di gravidanze non desiderate, molto probabilmente conseguenze di uno stupro. Ma in Polonia l’aborto è quasi impossibile, e quindi le profughe sono costrette ad accettare il figlio.

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Si tratta in realtà di una diffusione così grave della violenza sessuale da indurre la rappresentante dell’organizzazione femminista Jurfem, che comprende molte avvocate ucraine, ad affermare che ’lo stupro è utilizzato dall’armata russa come arma contro il popolo ucraino’.” (La Stampa del 4 /07/2022). Ora il fatto che lo stupro di guerra non sia una prerogativa dell’armata russa ma riguardi, come detto all’inizio, tutte le truppe di occupazione di un territorio nemico (e non voglio qui aprire il tristissimo dossier dei crimini di guerra italiani in Etiopia, in Libia, nei Balcani e in Grecia) non giustifica certo gli stupri, anche di minori, perpetrati dai russi in Ucraina. Già, ma se lo stato di guerra spiega (in parte) la violenza sessuale usata come un’arma che colpisce nel profondo non solo il corpo ma l’anima stessa delle vittime, come spiegare gli stupri che, come riportano le cronache, avvengono di continuo anche in tempo di pace, soprattutto in estate e in periodi e in luoghi di vacanze (come se andassero in vacanza anche il pudore, la pietà, la com-passione, la civiltà e la vergogna)? Alcuni esempi tra i tanti: “Caso Grillo junior, al via il processo per stupro di gruppo in Costa Smeralda nel luglio del 2019, in aula anche chat e telefonate degli imputati (Rai News, 31 maggio 2022); “. Siena. Violenza su una 21enne: il calciatore del Genoa Manolo Portanova e tre ragazzi accusati di stupro e lesioni (il Fatto Quotidiano, 14 aprile 2022)”; “Alberto Genovese, chiesti 8 anni di reclusione per le violenze sessuali sulle due modelle (Corriere della Sera, 7 luglio 2022)”; “Stuprata dagli amici. Ventenne denuncia la violenza di gruppo dopo una serata alcolica sul lago Maggiore (La Stampa, 10 luglio 2022).  Che cosa si può ancora dire sulla ripetizione continua  di questi stupri in tempo di pace? Siamo forse tutti sempre in guerra senza che ce ne accorgiamo (come asseriva il greco  ne La tregua di Primo Levi)? Nell’articolo a commento di questo ennesimo episodio di violenza sessuale, intitolato “Quella violenza che resterà per sempre”, la scrittrice Elena Stancanelli riferisce che “La dottoressa, senz’altro abituata alla quotidiana  manutenzione dell’orrore, al dolore, alla disperazione, in quell’occasione aveva dichiarato: ‘Nonostante lavori qui da diverso tempo, non mi era mai capitato di vedere qualcosa di così cruento’  “. Cruento. Scusate se insisto su questo particolare. Ma in questa estate nella quale si moltiplicano gli episodi di aggressione sulle ragazze, mi sembra importante ricordare che non è affatto difficile riconoscere uno stupro da un rapporto consenziente. Lesioni compatibili con violenza sessuale. Come nel caso della ragazza aggredita di notte sulla spiaggia di Stresa dai ragazzi con cui aveva trascorso la serata”. La cosa per me  – ma suppongo non solo per me – più difficile da capire è quale bisogno c’era, nei casi citati,  di usare violenza per ottenere quello che, tutto lascia credere, gli stupratori potevano ottenere non con la violenza, e in aggiunta di gruppo, ma comportandosi da gentiluomini e non come bestie infoiate: le vittime si fidavano di loro mai più pensando di andare incontro a una simile offesa fisica e morale.

La scrittrice Elena Stancanelli

Come si può arrivare a un tale grado di bestialità (sia detto con rispetto per gli animali che agiscono guidati solo dall’istinto)? “Anche se la ragazza era ubriaca, anche se probabilmente tutti erano ubriachi, compresa l’altra donna che, secondo le notizie che abbiamo, sarebbe stata presente  a quanto accaduto. Lei però non ha subito violenza, o almeno non l’ha denunciata”. Rimane da capire la vera causa di tutti questi stupri anche in tempo di pace, che, di fronte a violenze inspiegabili come questa,   dobbiamo pensare che sia  solo apparente. “Lo stupro – continua la Stancanelli – , in pace come in guerra, è l’esercizio di potere di un essere umano su un altro, nella maggior parte dei casi di un uomo su una donna. Un’umiliazione, le cui tracce, una volta avvenuto il fatto, fanno radici, si nascondono, fisicamente e psicologicamente, nel profondo della persona”. A un certo punto la scrittrice sposta l’attenzione sull’altra ragazza presente su quella spiaggia che, da luogo suggestivo e romantico, si è trasformato in un baleno in una bolgia infernale: “Anche l’altra ragazza era ubriaca? Non lo sappiamo. Ha provato a reagire e a salvare la sua amica? Non lo sappiamo. Perché lei l’ha fatta franca, perché ha vinto la lotteria di quella notte spaventosa? Non lo sappiamo. Ma quel che sappiamo è che non ha vinto proprio niente”. Perché non ha vinto niente? “Anche a patto che nessuno l’abbia toccata – risponde la Stancanelli -, la sua resa di fronte a quanto accaduto, la sua sottomissione le rimarrà addosso come un marchio. Persino se lei è stata connivente, feroce, persino se ha incitato i ragazzi a fare del male alla sua amica. Persino se è stata complice dei carnefici, si troverà per sempre  addosso il segno della schiava”. Perché? chiede ancora l’autrice di Venne alla spiaggia un assassino: 2Perché questo è uno stupro, in pace come in guerra”. Allora aveva ragione il greco quando ha detto a Primo Levi: “Guerra è sempre”?

Fulvio Sguerso

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