SPIGOLATURE: SENZA CONTROLLO DELLE ARMI NUCLEARI?

SUPREMAZIA. Quando si ignora l’avvertimento di non toccare i fili, ci si fa del male. Nel sospendere unilateralmente l’attuazione del trattato New Start con gli Stati Uniti, il leader russo seppure in teoria i fili li tocca e valica un confine invalicabile. L’accordo tra Mosca e Washington per la riduzione reciproca delle armi nucleari strategiche, di fondamentale importanza, è stato voluto e negoziato per non trasformare il pianeta in tante Hiroshima e Nagasaki sotto una coltre di polvere radioattiva. Non c’è bisogno di dirlo, ma un mondo senza controllo delle armi nucleari sarebbe molto pericoloso e instabile, con conseguenze potenzialmente catastrofiche. In linea ufficiale sono nove i paesi che possiedono l’atomica: Russia, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan. Corea del Nord e Israele. Nei loro arsenali sono stipati, secondo varie stime, circa 13 mila testate. Numeri che però vanno presi con le molle non sapendo con esattezza quante siano in verità. Sulla lunga e tortuosa strada verso il disarmo sono dunque proprio i trattati come il New Start a rappresentare una valvola di sicurezza per l’intera umanità. Metterli in discussione è una mossa che molti osservatori guardano con preoccupazione. Il principio che stava alla base dell’equilibrio del terrore è un residuo della guerra fredda che andrebbe lasciato dov’è, sepolto nei ripostigli della storia.

NOTTE. Si vis pacem para bellum: “se vuoi la pace prepara la guerra”.No, mai e poi mai. Gettiamo una volta per tutte nell’immondizia l’antica e subdola locuzione. Di ben altro abbiamo bisogno per tenere unita l’umanità. Farsi imporre le regole impietose della Realpolitik non aiuta in nessun modo a comprendere e apprezzare maggiormente la pace. All’opposto di quanto asseriva von Clausewitz non è vero che la guerra sia la prosecuzione della politica con altri mezzi. Lo si vede ed è uno spettacolo indegno. Nel seguire da Monaco a Kiev, passando per Varsavia, le mosse della diplomazia per uscire dal pantano ucraino in cui ci ha gettato il Cremlino, si capisce fino a che punto possano portare le quotidiane miserie del potere. A volte, fatte le debite differenze, sembra di compiere un lungo, gelido viaggio al termine della notte. Ma senza la prosa di Céline

ONERE. A un anno dalla deprecabile invasione russa, la diplomazia sembra avere innestato la “quarta” per non cadere nel baratro di una terza guerra mondiale. Con la sua inattesa missione a Kiev dall’altissimo significato simbolico, Joe Biden ha indicato una possibile via d’uscita senza tuttavia concedere attenuanti a Putin. A costui incombe, infatti, l’onere morale di porre fine alle ostilità che ha scatenato contro un paese sovrano in spregio al diritto internazionale. Chi tuttavia si aspettava anche solo un minimo cenno di distensione da parte di Mosca, sarà rimasto profondamente deluso. Uno stretto collaboratore dello Zar ha già lasciato intendere che le armi taceranno solo quando il governo di Kiev firmerà quanto gli viene chiesto di firmare: ossia la capitolazione. Il losco tentativo di stravolgere la narrazione ha il solo scopo di fare dimenticare chi è l’invasore e qual è la nazione invasa. Attraverso l’uso ingannevole dei mezzi di comunicazione Davide e Golia si invertono i ruoli.

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SCINTILLE. Nel balletto diplomatico che ancora non ha il ritmo di un valzer viennese, anche la politica italiana sta cercando di ritagliarsi un ruolo che non sia solo da comprimario. Operazione non semplice da condurre in porto considerati i litigi nella maggioranza. Con Giorgia Meloni su tantissimi argomenti siamo agii antipodi e il giudizio rimane critico. A Varsavia assieme ai partner polacchi ha ribadito la sua visione di un’Europa delle patrie sovranista, impossibile da condividere. Una volta a Kiev, dopo dieci ore di treno sferzate da un vento gelido, la musica però è cambiata. Era quindi scontato che l’appoggio indiscriminato alla causa dell’Ucraina provocasse forti scintille tra coloro che il Figaro, non proprio un giornale di sinistra, ha definito i suoi alleati “partner infrequentabili di coalizione che sguazzano nel sostegno a Putin”. A destra è in voga il termine rosiconi per indicare la sinistra sconfitta. Dopo la staffilata dal quotidiano francese è altamente probabile che ora a ‘rosicare’ nei corridoi di Palazzo Chigi siano in tanti.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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