SPIGOLATURE: LE (DIS)AFFINITÀ ELETTIVE

Elly Schlein

AFFINITÀ. In quest’epoca così frenetica per la politica e la democrazia, strattonate e minacciate sullo sfondo di cupi scenari, qualche divagazione sul tema può essere un balsamo efficace.
Capita quindi di leggere con un sorriso gli articoli, le inchieste le analisi che provano a indagare sulle scelte, gli stili e le canzoni di Giorgia Meloni ed Elly Schlein, indicate dai sondaggi nella veste di sfidanti a capo della legislatura. Gli autori dei vari servizi si concentrano in particolare nel tentativo di presentare due donne diverse in tutto, ma simili in tutto. Insomma: gemelle diverse. Quanto vi sia di vero o presunto nelle (dis)affinità elettive della premier e della leader del maggior partito di opposizione è argomento assai opinabile. A. modo suo può anche essere divertente, ma i latini ci insegnano tuttavia che discutere sui gusti delle persone non concorre a ridurre le distanze che le separano. E che tra le due, canzonette a parte, il divario sui temi di fondo, cioè quelli che contano veramente per il Paese, appaia non di rado assai difficile da colmare, sembra piuttosto evidente. Già l’idea stessa di un governo ombra del Pd – idea respinta dalla destra con l’immancabile livore- guarda lontano. Al Nazareno la si studia per meglio definire il ruolo di spicco che la sinistra intende assumere nella lunga marcia verso le Europee e le Politiche se sarà abbastanza brava a padroneggiare le divergenze interne.

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Rappresaglia a Roma (23 marzo 1944): “Per ogni tedesco ammazzato dieci comunisti-badogliani saranno fucilati”

CONTORSIONE. Più volte si è avuta l’impressione che nella terminologia della destra “fascismo” e “antifascismo” siano termini difficili e indigesti da usare.
C’è addirittura chi tenta di relegarli nei recessi della storia, considerandoli obsoleti, superati se non del tutto inutili. Anche nel giorno del ricordo dell’eccidio nazifascista delle Fosse Ardeatine sui social non sono mancate le manifestazioni di fastidio sull’opportunità dell’iniziativa. Una reazione che all’opposto la rende invece più che mai necessaria. Nel commento di Repubblica il quotidiano si chiede perché Giorgia Meloni non sa pronunciare la parola “antifascisti” per commemorare i morti dell’orribile strage e abbia preferito un’altra formula: uccisi perché italiani. Certo, italiani lo erano tutti, ma la lista consegnata ai tedeschi comprendeva soltanto persone ostili al regime e venne compilata con la complicità dei funzionari fascisti. Di fronte alla terrificante lezione delle Fosse le contorsioni verbali, quelle si, sono quindi del tutto fuori posto.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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One thought on “SPIGOLATURE: LE (DIS)AFFINITÀ ELETTIVE”

  1. Come è bello e sano chiamare le cose con il loro nome! Grazie Renzo Balmelli. Un saluto e un augurio pasquale da Fulvio Sguerso.

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