Spigolature di Enzo Balmelli: PESSIMA REPLICA DELLE “BARUFFE”

PESSIMA REPLICA DELLE “BARUFFE”

RAMMENDO. Saper vincere o perdere le elezioni con stile è la prerogativa che nobilita il ricorso alle urne e rinsalda la fiducia di cittadine e cittadini. Non sempre funziona. Nel tumulto della corsa a Palazzo Chigi, in casa della destra è parso di assistere a una pessima replica delle goldoniane baruffe, animate da gelosie e sgambetti. La feroce, berlusconiana cartellina maliziosamente offerta alle telecamere ha poi segnato il punto più alto della tensione, al limite della rottura. Per rifarsi il look la nuova maggioranza è corsa a indossare in tutta fretta l’abito della presunta concordia ritrovata. La riconciliazione in zona Cesarini tuttavia non convince. Dà l’idea di essere piuttosto un rammendo dell’ultima ora per non presentarsi al Quirinale in ordine sparso dopo avere sistemato alla bell’e meglio le poltrone bollenti. L’impressione è che stia, invece, cominciando un’altra legislatura di battaglie e colpi bassi nonostante il cospicuo vantaggio dei vincitori. Con i sorrisi e gli abbracci a scopo mediatico magari si salvano le apparenze. Ma basterà? Alla luce di quanto si vede non sembra questo il clima ideale per varare il governo che promette la manna dal cielo. Il difficile è adesso.

MISSIONE. E la sinistra? Già, che fa quella strana cosa comunemente indicata col nome di “sinistra”, che alle elezioni non ha fornito una delle prove più esaltanti della sua storia. Secondo logica dovrebbe provare a ricompattarsi proprio ora che si trova all’ opposizione. Invece niente. Anzi, al contrario continua cocciutamente a dilaniarsi nella litigiosità che alla fine presenta un conto salatissimo. Eppure non ha demeritato quando era al governo e il voto all’estero lo ha confermato. Ma ripicche e vecchi rancori non sono certo il miglior viatico per risalire la china e recuperare i delusi. Senza indugi serve una svolta e con la svolta una leadership riconosciuta per uscire dagli equivoci muovendosi nel solco di una missione che presuppone un radicale, coraggioso cambio di paradigma. Il cambio che la riporti alle origini, quando sinistra voleva dire sinistra con tutta la sua forza dirompente al riparo dai galleggiamenti. Se non subito, i risultati non mancheranno.

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GIALLO. Che l’esito delle elezioni uscisse dai confini nazionali e finisse con l’avere un riverbero sugli assetti internazionali era chiaro fin dall’inizio. A votare è andato un Paese importante sulla scacchiera geo-politica; un Paese che è la terza potenza economica dell’Ue e fra le prime a livello mondiale. Di conseguenza, se c’è un metro col quale le cancellerie valuteranno i primi passi del nascente esecutivo, sarà la politica estera. L’argomento è delicatissimo in questa fase turbata dalla guerra in Ucraina e dallo spettro del ricatto nucleare agitato da Mosca. E invece guarda che cosa vanno a combinare i protagonisti in cerca di notorietà. In circostanze difficili e complesse come quelle attuali, circostanze che richiedono prudenza, delicatezza diplomatica e solidarietà fra i vari attori impegnati a salvare la pace, arriva il colpo di scena. Un giallo in piena regola. Giusto per non farsi mancare nulla il Cav, che non è certo l’ultimo venuto nell’austera aula del Senato, ha annunciato di avere riallacciato i contatti con Putin di cui fu in passato grande amico. Se abbia agito da solo o previa consultazione con gli alleati non è chiaro. Qualunque sia il movente, è ovvio che il suo intervento, dopo una campagna in cui si è fatto un gran parlare di populismo sovranista e identitario, non passerà di certo inosservato nelle sedi appropriate malgrado le smentite a tempo di record. Da lì non si scappa!

AZALEA. Chi in fondo al cassetto conserva come una polverosa reliquia una copia del Libretto rosso di Mao si chiederà cosa resta della “Rivoluzione culturale” che incendiò la Cina. E che ad un certo punto parve galvanizzare i movimenti giovanili dell’occidente affascinati dal motto “metti un fiore sulla bocca del cannone”. Si seppe poi che non furono solo rose e fiori. Le tragiche esperienze nei campi di lavoro raccontate in Azalea rossa di Anchee Min evidenziano realtà molto lontane dalle narrazioni ufficiali. Però, e non lo si può negare, la Cina è andata avanti e quella di oggi, seppure al prezzo di vistose lacune nel campo dei diritti e della parità, è un colosso economico e iper tecnologico in gara perenne con l’America per il primato. Il Paese si muove sotto la guida di Xi Jinping, 69 anni, che al XX congresso del partito-stato consolida il suo potere con il terzo mandato di Presidente della Repubblica popolare e non esita a mostrare i muscoli per rivendicare l’annessione di Taiwan. Con la grazia orientaleggiante dei geroglifici si evitano i parallelismi con il “grande timoniere”. I miti non si toccano. Tuttavia se un tempo era l’immagine di Mao a dominare, oggi è evidente che la Cina del 2022 è la Cina di Xi. Diversa e uguale.

FOGLIE. Secondo Giulio Andreotti “il potere logora chi non ce l’ha”. È questo, senza alcun dubbio, l’aforisma più celebre dell’ex leader democristiano. A dire il vero la paternità gli viene contesa da Maurice de Tayllerand che l’avrebbe coniato un paio di secoli prima. Tutt’al al più si potrebbe obbiettare che la frase, chiunque ne sia l’autore, vale pure se declinata al contrario per affermare che “il potere logora anche chi ce l’ha”. Ne è un esempio attuale e lampante il destino toccato in sorte a Liz Truss, costretta a compiere una marcia indietro sulla sua politica fiscale per soli ricchi che non ha precedenti. L’attuale titolare del numero dieci di Downing Street tuttavia non è la sola a condividere i patemi d’animo del potere che in misura analoga chiamano in causa il partito conservatore dopo dodici anni di predominio. In questo arco di tempo i “tory” hanno visto cambiare parecchie volte la loro guida ed i loro ministri attraverso gestioni maldestre dell’economia, Brexit inclusa. Una somma di passi falsi che potrebbero rivelarsi fatali per la loro leadership. Insomma, chiedendo venia a Ungaretti per l’impropria citazione, stanno “come d’autunno sugli alberi le foglie”.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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