SPIGOLATURE di Enzo Balmelli da AdL: PER CHI SUONA LA CAMPANELLA

STILE. Assieme al poeta, Giorgia Meloni si starà chiedendo per chi suona se non proprio la campana, perlomeno la campanella ricevuta da Draghi. “Non chiederlo mai” ripeteva John Donne autore del verso, “essa suona per te”. Da questo momento la prima donna al timone dell’Italia sa di essere sotto la lente del mondo e spera che lo scampanellio preluda a un piano lungo cinque anni. È un traguardo ambizioso, forse troppo, mai raggiunto da nessun governo precedente. In quest’arco di tempo la nuova premier dovrà guardarsi più dai nemici, come vedremo di seguito, che dagli “amici” determinati a non renderle la vita facile? A quanto è parso di capire il suo intervento in aula non ha risolto i dubbi sull’ipoteca identitaria che non ci appartiene. Da queste colonne il giudizio sul suo operato sarà dunque rigoroso, ma scevro dal vendicativo livore che i vincitori riservano agli avversari. Non è nel nostro stile.

GERUNDIO. Dissero un giorno a Montale che “mal comincia un periodo con un gerundio” usato in una sua poesia. Si vede che non tutti apprezzavano il Premio Nobel della letteratura. Da come si stanno mettendo le cose il gerundio della Meloni potrebbe essere Salvini. Un Salvini furioso, estromesso dall’agognato Viminale, e che per ripicca torna a fare lo sceriffo anti-migranti per dettare l’agenda come fosse lui il premier. Non è che non fosse previsto. Lo scenario popolato da fratelli-coltelli preannunciava sconfinamenti e invasioni di campo di ogni genere. Bastavano d’altronde le smorfie di Berlusconi, lungi dall’immagine di statista di cui si fregia, per intuire quanto siano radicati i rancori di famiglia alle spalle della leader. Già in passato la guerra contro i migranti e le Ong valse all’Italia brutte pagelle. Una sua riedizione avrebbe ricadute ancora peggiori. La domanda è se Lady Giorgia riuscirà a sciogliere i nodi all’interno di una compagine disunita che però ha plasmato di suo pugno.

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PACE. Dall’alto della sua storia Roma non delude. Culla dei trattati europei, oggi la città adagiata sul Tevere aspira a un ruolo centrale nella ricerca della pace. La sciagurata guerra che Mosca ha dichiarato all’Ucraina fra le tante tragedie ha pure risvegliato i fantasmi della prevaricazione dell’uomo sull’uomo e causato danni incalcolabili. Dal convegno promosso dalla Comunità di Sant’Egidio si è elevato il “Grido della pace” affinché vincano i tessitori del dialogo e non i mercanti di morte. L’aggressione al popolo ucraino è una sfida all’Europa che fin dalla sua fondazione si scelse come motto e guida la celeberrima frase “mai più guerre tra noi”. E al diavolo von Clausewitz che considerava il ricorso alle armi la prosecuzione della diplomazia con altri mezzi. Non è vero e mai lo sarà.

ZOCCOLO. Fino all’altro giorno sulle testate della destra il presidente francese non godeva di buona stampa. Spesso gli insulti contro di lui erano da querela. Nella “grandeur” si supera questo e altro. Da Macron è partita l’iniziativa di un incontro informale che prepara il terreno per i prossimi vertici dei capi di stato e di governo che vedranno l’esordio della Meloni sulla platea internazionale. Avversari fino a ieri e da domani costretti a collaborare, l’inquilino dell’Eliseo e la new entry a Palazzo Chigi, seppur da posizioni assai distanti, hanno davanti sfide che nessun Paese può risolvere da solo. Ed ha del prodigioso come le gazzette di cui sopra in poche ore abbiano ammorbidito i giudizi lapidari sul “galletto altezzoso”. Non è un embrassons nous, ce ne vuole, ma è quanto basta per irritare lo zoccolo duro e puro dell’italica destra che si sente tradita.

GIRANDOLA. Tre primi ministri in meno di un anno sono un primato planetario. Che dire! Nel Regno Unito, inconsolabile orfano di Elisabetta II, le cose non vanno per il verso giusto. Carlo III, come in un capitolo dello sceneggiato “The Throne” che narra le vicende della monarchia, è stanco, provato, e i sudditi se ne accorgono. E neppure chi governa se la passa tanto meglio. Dopo una girandola di dimissioni che hanno sfibrato il partito conservatore già mal messo di suo, ora i “Tory” ripartono con Rishi Sunak, 42 anni e di lontane origini indiane, nel tentativo quasi disperato di raddrizzare la barca. Il nuovo premier arriva a quella carica sulle macerie di Boris Johnson autore dell’ennesima pantomima, e l’incoscienza fiscale di Liz Truss costretta a fare le valigie dopo 45 giorni. Fare peggio dei predecessori è quasi impossibile, tuttavia i bookmaker che misurano la temperatura del Paese sono scettici sulla durata del suo mandato. Sunak rimane un personaggio controverso, ricchissimo e lontano dal sentire della gente. E pensare che tutto cominciò con la Brexit spacciata dai sovranisti come la panacea di tutti i mali. Ora a Londra hanno scoperto la verità.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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