SPIGOLATURE: ARRIVARONO PERSONE di Renzo Balmelli

CHIAVE. Fra meno di un mese si terranno nella Confederazione elvetica le elezioni per il rinnovo del Parlamento e del governo. In questi giorni capita di leggere sui maggiori quotidiani uno slogan dal significato inequivocabile per ricordare all’opinione pubblica che “solo gli svizzeri fanno la Svizzera”. Berna non fa parte dell’UE, ma con Bruxelles è vincolata da rapporti sempre più importanti che una fetta dell’elettorato tuttavia non sempre accetta di buon grado. Il messaggio della destra, intriso di sovranismo, proietta perciò oltre i confini nazionali l’interesse per una consultazione che ricalca quanto già avviene in Europa sullo stesso argomento. Nel suo piccolo in certo qual senso la patria di Tell, offrirà in anteprima, a seconda dall’esito delle urne, una interessante chiave di lettura alle altre cancellerie in vista delle europee del 2024 su un tema assai controverso e dibattuto che ovunque nel continente tocca un tasto dolente. Il Paese nel cuore delle alpi conta oltre nove milioni di abitanti e gli stranieri residenti rappresentano quasi un quarto della popolazione totale. Spesso si dimentica che anche loro concorrono a fare la Svizzera di oggi come la conosciamo, così come vi contribuirono in modo decisivo e spesso in condizioni difficilissime gli emigranti italiani sui cantieri di montagna e nell’edilizia. Quindi, più che mai vale la massima di Max Frisch: «Chiamammo braccia, e arrivarono persone».

SLALOM. Nell’attuale congiuntura, che non è proprio un’oasi di serenità, l’arte di governare equivale a camminare su una corda tesa senza reti di protezione. Con l’estrema destra sempre più simile a una inquietante mina vagante e il rombo dei cannoni assordante più che mai, nessuno ha la certezza, come si usa dire, di arrivare a mangiare il panettone a Natale. Ma a occhio e croce non sembra che Giorgia Meloni, al netto di prestazioni non proprio esaltanti, corra questo rischio. Almeno per ora. Forse in cuor suo avrebbe sperato dopo un anno a Palazzo Chigi, di festeggiare l’anniversario inseguendo le notti magiche di un’estate italiana. La realtà dei fatti parla tuttavia un’altra lingua. Dal giorno della sua elezione le va dato atto, questo sì, di non essere mai stata ferma un istante. A qualsiasi ora la si vede in televisione su tutti i canali, in particolare alla RAI, ormai plasmata a sua immagine e somiglianza. Spesso però l’eccessivo attivismo non è automaticamente sinonimo di riuscita. Per dirla con una elegante perifrasi di Repubblica, sembra piuttosto l’espressione di slalom lessicali per aggirare l’ingombrante arsenale dialettico della sua parte politica. Dalla pertinente metafora si giunge alla conclusione che il suo bilancio complessivo, concluso il viaggio al termine dei primi 365 giorni, appaia ampiamente al di sotto delle aspettative. Ed è significativo notare che a mostrare segni di crescente impazienza siano proprio i suoi elettori più affezionati, molto attivi sui social e alquanto delusi da dodici mesi di promesse non mantenute.

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PUNGOLO. Sul tema del contrasto ai migranti i e dei salvataggi in mare che le valsero una maggioranza quasi bulgara, la premier ha un conto apertissimo con alleati e avversari. L’argomento è di drammatica attualità e non meno ovvio è il fatto che in tanti anni non sia ancora stata trovata una strategia comune – tra tutti i Paesi toccati dal grave fenomeno – per affrontare l’emergenza senza ricorrere a misure vessatorie. Ora sull’argomento e l’aiuto alle ONG che salvano i naufraghi è in corso un braccio di ferro tra Roma e Berlino che francamente lascia perplessi. Chi rischia la vita in mare – parole di Papa Francesco – non invade, cerca accoglienza, cerca vita. Nel rispetto dello spirito umanitario, che sempre dovrebbe prevalere, il cuore conosce ragioni che la ragion di stato a volte purtroppo non conosce. La verità – osserva Elly Schlein diventata ormai un pungolo costante per la maggioranza – è che non si hanno soluzioni, ma solo calcoli elettorali sulla pelle dei più fragili. Si giunge così all’incredibile paradosso di chiedere a chi non ha nemmeno una lira in tasca una cauzione di circa cinquemila euro per evitare la detenzione nei centri di prima accoglienza. Che è come riscrivere la storia di Robin Hood alla rovescia.

Guido Morselli

IMPRESE. Nel mattino di una calda estate di cinquant’anni fa, non tanto diversa da quella che abbiamo appena conosciuto, moriva lo scrittore Guido Morselli. Già depresso per i continui rifiuti degli editori, il 31 luglio del 1973, decise di farla finita e di lasciare il mondo che non aveva capito quanto fosse bravo. Di recente sono apparse le cronache degli inconvenienti che hanno reso oltremodo difficile il transito dei treni al San Gottardo. L’appassionato lettore alla riscoperta di classici percorsi narrativi che non tramontano mai, non avrà tardato a rituffarsi nelle pagine di Divertimento 1889, presente nel prestigioso catalogo Adelphi, ambientato appunto nella impervia via delle genti, a un’epoca che merita di essere ricordata anche per le cose incredibili che vi accadevano. Guido Morselli con felice estro inventivo narra le fantomatiche avventure di Umberto I che sulle montagne del Canton Uri cerca di evadere – come si legge nella presentazione – “dai suoi doveri regali che gli si manifestano per lo più come opprimente burocrazia”. Con questo volume siamo al cospetto di una godibilissima lettura con quale l’autore di tanti romanzi stupefacenti, uomo sensibile e sfortunato, conferma in pieno le doti che fanno di lui uno dei migliori della sua generazione.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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