Servo della Cia si può dire e servo di Putin no?

Si assiste ad un coro finto, lamentoso e scandalizzato per la pubblicazione di ciò che tutti sanno. C’è in Italia (come altrove) una ben organizzata, pervasiva e continua campagna propagandistica che diffonde tesi che fanno comodo alla Russia di Putin. 

Succede, in questo strambo Paese che è l’Italia, che il più grande giornale se ne esca con uno scoop niente male di questi tempi. Ovvero, un elenco di persone e riferimenti internet che fanno eco alla propaganda russa, rilanciandone più o meno consapevolmente i temi. Uno scafatissimo caporedattore dei miei inizi professionali già mi aveva ammonito: “guarda, niente è più inedito di ciò che tutti sanno”. E, in effetti, questa verità che tutti conoscono, ha provocato un putiferio tale che una decima parte già sarebbe stato troppo. A me che ho a lungo militato in un partito che, appena nato, veniva accusato di essere stato finanziato dai dollari americani, questa storia delle influenze straniere mi ha fatto sempre ridere. Io questi dollari non li avevo mai visti. Ma ho constatato in quali ristrettezze vivacchiasse questo partito che gli americani avrebbero foraggiato. A detta di chi? A detta di coloro che avrebbero dovuto essere pagati in rubli ma che, si sarebbe saputo dopo, preferivano che i rubli arrivassero direttamente cambiati in dollari!

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Come se non bastasse, mi è capitato anche di più, qualcosa che mi toccava direttamente. Sui muri di diversi paesi di quella che era un tempo la circoscrizione elettorale Firenze-Prato-Pistoia, ho potuto leggere per svariati anni scritte che accostavano il mio stesso cognome alla lieve definizione “servo della Cia”, ovvero il servizio segreto americano. Non ero io il destinatario di tanto onore, ma mio fratello, assai noto per il suo coerente rigore atlantico e in anticipo sui tempi, visto che poi filoatlantici, con assai maggiore zelo, divennero anche i suoi accusatori dell’epoca.
Era una irresistibile arma politica a quei tempi l’accusa vicendevole di essere asservito all’ una o l’altra delle due superpotenze. La si lanciava o riceveva a muso duro, talvolta troppo. Un consigliere socialdemocratico di un comune del pistoiese, in un infuocato dibattito, interrotto da un collega comunista con il consueto “zitto, servo della CIA” fissandolo dritto negli occhi lo ripagò con una risposta fuori contesto, ma che fece sciogliere la tensione dell’aula in una generale risata: “si, servo della cihala della tu’ sorella”. Ove l’aspirazione della “c” porta dritto ad uno dei tanti modi, in Toscana, di definire ciò che altrove si chiama gnocca.
Oggi invece, si assiste ad un coro finto, lamentoso e scandalizzato perché il Corriere della Sera ha pubblicato ciò che tutti sanno. C’è in Italia (come altrove) una ben organizzata, pervasiva e continua campagna propagandistica che diffonde tesi che fanno comodo alla Russia di Putin. Fa perno su una capillare presenza in internet ed una altrettanto diffusa presenza, consapevole e inconsapevole, sui nostri canali televisivi e sulla carta stampata. E’ un fatto che non può minimamente essere scalfito dagli alti lamenti dei chiamati in causa e dai tentativi pretestuosi di dirottare l’attenzione su aspetti marginali ( leggi copasir). Basti pensare che il più attivo in questa campagna sprezzante del senso del ridicolo nel brandire l’accusa di dossieraggio, è lo stesso Marco Travaglio solito fare da megafono a qualsiasi spiffero di qualsiasi procura. Lo stesso che senza battere ciglio ha pubblicato i conti correnti di Matteo Renzi.
E’ la rete di protezione di questi personaggi, (intellettuali, giornalisti, attori, etc.) soliti comportarsi da severissimi e cipigliosi censori, quando inondano studi televisivi e pagine della stampa senza contraddittorio. Ora che sono stati anche contraddetti, non solo vezzeggiati come al solito, frignano e strillano senza ritegno, come bimbi ai quali è stato dato uno scappellotto.
Non avrei mai pensato di arrivare a tanto, ma non posso esimermi dall’invocare i comunisti di una volta. Duri e tosti nello scontro, non frignoni. Per uno di loro, di questi putiniani di oggi, ne darei indietro cento.

Nicola Cariglia da PENSALIBERO

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