Savona e gli errori

Mi scuserete se torno a parlare per l’ennesima volta, sia pure en passant, di via Nizza.
Ma la visione di quanto si va concretizzando sotto i nostri occhi stimola diverse divagazioni e riflessioni.

Progetto riqualificazione di via Nizza (Planimetria)

Ormai sembra ampiamente chiaro ai più che dobbiamo equamente ringraziare centrodestra e centrosinistra, (sarà per quella dicitura “centro” che prevale sempre, sostanzialmente non cambiando alcunché?) per questo arzigogolato peggioramento.  Entrambi difensori a spada tratta dello spreco di soldi pubblici. Milionate di soldi pubblici, e dovranno pure, inevitabilmente, aumentare con varianti. Sarebbe interessante capire quante belle cose si sarebbero potute fare in alternativa, con cifre analoghe. Sappiamo che, fra fare perché si hanno tanti fondi a disposizione, e non fare perché non si hanno, esiste la terza via: fare il peggio con il poco che si riesce ad avere. E ci riusciamo sempre.

Marciapiede esterno quando c’è già sotto i portici

Questo nonostante qualche scaricabarile degli amministratori uscenti (Arecco) che fanno le vittime, dicendo di aver ereditato il tutto dalla sinistra, come se non fosse stato in loro potere rinunciare al finanziamento, se non piaceva il progetto, o se volevano dar seguito ai malumori prevalenti dei cittadini, anziché affrettarsi a completare l’iter e vantarsene pure.
O i tentativi, anch’essi poco credibili, degli attuali amministratori (Rossello) che in qualche modo sostengono fra le righe che sia colpa del progetto esecutivo o del non aver ascoltato i cittadini.
No, proprio no: era tutto già così. Questa roba ha padri e madri ben riconoscibili, impossibile disconoscerla o allontanarsi fischiettando.
Poi ci sono altri contributi, diciamo zii e zie, ma di quelli che comandano in famiglia. E il ruolo degli uffici.
Per esempio, mi è venuto in mente in questi giorni che è ingeneroso addossare tutte le colpe allo studio vincitore del concorso di idee: secondo quanto ascoltato durante l’assemblea pubblica in Sala Rossa, alcune … ehm, originali soluzioni erano farina del suo sacco, ma altre frutto esplicito delle direttive e linee guida del concorso stesso. E questo rispondevano ai cittadini che le criticavano come assurde: che erano, appunto, direttive da seguire. Proprio volute da chi aveva indetto il concorso.  O da certe “Autorità” dietro le quinte?
Il che stimola altre pensose riflessioni: come è possibile, quando esistono scelte, alternative, opzioni, a parità di spreco per non dire altro, si debbano scegliere sempre le peggiori?  Possibile che non possa essere che, da qualcosa di inutile o discutibile, derivi almeno qualche briciolina di bello e utile? No, è una masochistica spirale per cui brutto attira brutto, sempre più, sempre peggio.  Senza remissioni e senza sconti.
Qui forse, se proprio si vuole essere ottimisti oltre ogni dire, pare che si sia approfittato per sistemare reti e tubazioni.  Speriamolo ardentemente, e che almeno i lavori siano stati condotti a regola d’arte: non vorrei che nel giro di poco tempo ci si ritrovasse a bucare di nuovo, come capitato troppe volte.
Per il resto, lo sappiamo, i perché e i percome sono molti.

Lampioni addosso alle case e passeggiata in legno sulla spiaggia

Perché restringere una via che sopporta intensi volumi di traffico senza prima prevedere alternative o bretelle; perché togliere parcheggi in un’area che non ne ha, che oltre ai residenti sopporta i movimenti estivi, senza immaginarsi qualche polmone di sosta adatto; perché costruire marciapiedi larghissimi anche dove non ne esiste il bisogno o non ci starebbero, e stretti dove servirebbero; perché le aiuole di cui si menava vanto sembrano essere ridotte a striminziti spazi cementificati; perché in alcuni tratti sembra che lo spazio della ciclabile non regga la larghezza di un triciclo;  perché piazzare lampioni addosso alle case o in centro al marciapiede (lì, ovviamente, in un tratto stretto).
Eccetera. Attendiamo di vedere la fine per confermare o smentire (senza il voto di Alessandro Borghese) tutti questi dubbi, trasformandoli in certezze.  O magari aggiungerne altri, chissà.

Villa Zanelli

Nell’attesa, guardando villa Zanelli transennata ma dove non sembra che i lavori procedano molto, attendendo l’ulteriore spreco della passeggiata in legno a raso sulla spiaggia, ci si può chiedere: da quando, questo amore incondizionato per il brutto ci ha travolti, si è impadronito di uffici e amministratori pubblici ispirandoli e possedendoli?
Naturalmente certe tendenze non riguardano solo Savona, in qualche caso contraddistinguono un’epoca intera, in qualche altro intere nazioni o aree più vaste, ma in generale, perché nella patria del bello e dell’arte il brutto la fa da padrone?

Palazzi diseguali di corso Vittorio Veneto

Chi lo ha permesso? E perché stiamo ulteriormente peggiorando?
La Savona della Belle Epoque, della cura artigianale, dei portici e dei palazzi decorati ha lasciato un segno indelebile. In seguito, lo stile littorio può piacere o non piacere, ma almeno era uno stile.
Dal dopoguerra in poi, il disastro.
D’accordo, c’era la necessità di dare rapidamente casa a tante persone, di costruire e ricostruire. Si può anche capire la fretta di tirare su palazzate badando al concreto.  Frenesia di fare, soldi facili, scrupoli pochi.
Il dramma è anche nel come. Bene, adesso, gli incentivi edilizi per contribuire all’efficientamento energetico, ma se stessimo rivestendo mura costruite al risparmio? In qualche modo, imbellettando letteralmente una facciata che può crollare?
Forse una generazione più coraggiosa della nostra sarà costretta a rivedere nel profondo il patrimonio edilizio, a buttar giù e ricostruire su altre basi.
Quindi, restando nel quartiere Fornaci, ma si potrebbe estendere il discorso ad altre zone, si spiegano con il permissivismo speculativo palazzi che turbano l’armonia del lungomare lato monte, inutilmente brutti, avidamente alti a turbare il profilo delle pregevoli costruzioni precedenti, spesso con distanze minime da altri, a toglier sole ai cortili interni.

La “skyline” agrigentina

Sul lato mare, dove gli antichi piani regolatori prevedevano una ininterrotta passeggiata, quella sì legittima e possibile, si è costruito di tutto, anche palazzoni alti che ricordano la “skyline” agrigentina, che spuntano come malefici funghi in un prato. E dire che il proprietario dei Solimano, nel suo ennesimo tentativo di proporre volumi su volumi, si appellava a tali esempi per giustificare le sue torri!  Evidentemente il brutto fa scuola.
Come dicevo, forse generazioni più avvedute della nostra correranno ai ripari ponendo rimedio a tutto questo e riportando armonia. Magari perché costretti dalle macerie fisiche e morali del mondo attuale, fallimentare e decadente.
Ma noi, perlomeno, potremmo cominciare a cambiare rotta, e non continuare a peggiorare, peggiorare ancora, rovinare, scempiare, rendendo loro più difficile il compito futuro.

Milena Debenedetti

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