Ritratto di Gabriello Chiabrera di Bernardo Castello

Questo ritrovamento è di eccezionale portata per più di una ragione. Innanzitutto l’evidente qualità del dipinto consente un’aggiunta significativa al corpus del ritrattista di Bernardo Castello ancora in gran parte di cose da ricostruire palesando al contempo la statura del pittore anche in questo ambito.
Secondariamente essendo noto da incisioni il volto del poeta Gabriello Chiabrera notoriamente intimo amico del pittore, si tratta di una identificazione certa; fatto non poi così frequente negli studi di ritratti.
Infine proprio per la possibilità di unire il dato relativo all’autografia, con l’assegnazione su base stilistica a Bernardo Castello, si ha una meravigliosa testimonianza figurativa di quel rapporto di amicizia tra i due ricordato la sempre dalle fonti e da tanta letteratura.
Rari punti fermi della ritrattistica di Bernardo Castello sono le prove eseguite per gli “Accademici di Roma” ossia per l’Accademia di San Luca, ricordate dal Soprani (1674): quella di Luca Cambiaso e quella di Sofonisba Anguissola.
Nel palazzo arcivescovile di Savona si conserva una pala raffigurante San Gerolamo con il donatore (Gerolamo Grasso o Nano) che, con le pale raffiguranti i De Franchi nella chiesa di San Francesco di Albaro a Genova costituiscono altri riferimenti certi per la ricostruzione di questo capitolo della sua arte molto celebrato dai contemporanei, ma oggi meno noto.
Noto per la sua compostezza formale e la sua adesione alla corrente più sobria della pittura controriformata, Bernardo Castello è particolarmente apprezzabile nelle sue rare prove nel campo della ritrattistica, giacché l’aderenza al vero che il ritratto in quanto tale impone, alleggerisce il risultato di quelle sovrastrutture e quegli schematismi di cui di cui tener conto nel caso di un soggetto sacro. La pittura di Castello si apprezza dunque per tutta la sua qualità e perfezione tecnica. La salda formazione di impronta accademica e dunque il presupposto grafico che sottende ogni suo dipinto, nel ritratto si traduce in perfezione nella resa. La sobrietà permane nella scelta di una tavolozza scabra e in ambientazione essenziale del tutto priva di orpelli e distrazioni rispetto a quanto necessario: associare l’immagine seria e dunque autorevole del poeta alla sua arte poetica e letteraria e dunque a un libro.
Il Soprani non tralascia di elogiare le doti del Castello ritrattista: “E’ perché tra le altre belle doti, che l’adornavano, meravigliosa era quella di far naturalissimi ritratti, dando loro senza pregiudizio della somiglianza una certa maestà e grandezza che li rendeva cari a ciascuno, e desiderabili, fu perciò da molto invitato in tal faccenda, ch’in ogni tempo gli riuscì riuscire così bene ch’egli era in ciò stimato superiore ad ogni altro” (Soprani1674).
Il biografo insiste “dirò solo che ricorreva Bernardo chiunque voleva fare comparir in tela la propria effigie” .
Il biografo si dilunga a ricordare il ritratto di Ansaldo Cebà, come pure con l’amicizia con altri poeti: Angelo Grillo, Leonardo Spinola, e specialmente Torquato Tasso anche a riguardo della coraggiosa impresa di stampare a proprie spese ben quattro edizioni di Gerusalemme liberata (1590, 1604, 1615, 1617).
Sono noti gli importanti epistolari con poeti. In quello con Giovanni Battista Marino conosciuto a Roma nel 1604, si fa esplicito riferimento a ritratti. Quello che qui maggiormente interessa però è il rapporto con il poeta savonese Gabriello Chiabrera (1552 – 1638), la stretta amicizia con il quale è documentata da un epistolario con lettere dal 1590 al 1619, sebbene non sia escluso che il rapporto non sia proseguito fino alla morte di Castello stesso (1629).  E’ stato ipotizzato che la conoscenza tra i due artisti sia nata nell’ambiente dell’Accademia degli Addormentati, fondata nel 1587, i cui membri si riunivano nella villa Lomellini di Multedo: qui Chiabrera aveva recitato le sue opere e, nel 1588, Castello era impegnato alla decorazione ed affresco degli affreschi.
Nel 1593, Chiabrera aveva fornito a Bernardo indicazioni circa gli emblemi da dipingere nella sala di Scipione in Palazzo Spinola e, dal 1591, richiedeva per sé piccoli schizzi su temi mitologici. In questo stesso anno, in occasione di un viaggio a Roma dell’amico poeta, il pittore, che voleva avviare o approfondire le relazioni con le alte gerarchie ecclesiastiche del centro papalino, gli affidò alcune tele e disegni da consegnare al cardinale Gregorio Petrocchini di Montelparo e l’impegno di ricercare i cardinali Giustiniani e Pinelli.
Si ricorda l’esistenza di un altro autoritratto di Gabriello Chiabrera eseguito da Bernardo Castello dieci anni prima che fu rovinato con l’aggiunta di una donna che lo incoronava d’alloro e che andò distrutto bruciando nel bombardamento del 1942 di Palazzo Pozzo Bonello. Pertanto il quadro che vi presentiamo è un ‘unicum’.
La stretta somiglianza con l’incisione eseguita da Ottavio Leoni nel 1625 consente non solo di accertare l’identità del ritrattato, ma anche di datare il dipinto ad una data verosimilmente assai prossima al 1625.  Ciò indica dunque che la loro amicizia, come accennato, si dovette protrarre fino ad anni successivi a quelli documentati dal carteggio. Inoltre, ciò consente di fissare anche un buon riferimento dello stile del Castello nella sua piena maturità
La prossima settimana pubblicheremo: Gabriello Chiabrera e la cultura figurativa del suo tempo.
Le lettere a Bernardo Castello

Renato Giusto

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