Regressione

Nel 2015 apparve su queste pagine un mio articolo dal titolo “Non inquinare costa troppo”. [VEDI]. La frase fu pronunciata all’epoca dal presidente australiano, che rinunciò a penalizzare il carbone nelle centrali termoelettriche, in quanto l’energia meno sporca costituiva un insostenibile aggravio di spesa, in cascata dalle industrie al commercio alla popolazione tutta. Scrivevo anche che “C’è una regola che non teme eccezioni: maggiori le cautele per rendere “ecosostenibili” un processo e i suoi prodotti dopo l’immissione capillare nell’ambiente, maggiori i costi.”
Più prima che poi, pertanto, ai governi si presenterà frontalmente questo dilemma: morire in nome della crescita o sopravvivere con la decrescita? Una decisione scomoda, impopolare, dolorosa, che si è continuata a posporre in nome della politica di cabotaggio, per evitare la sfida del mare aperto.

Mario Draghi riceve una standing ovation all’Assemblea di Confindustria, enfatizzando una crescita del Pil del 6% nel 2021. Altro che “Scegliere di cambiare”! Draghi usa linguaggi conformi all’uditorio del momento: al Forum sull’ambiente di Atene aveva detto il contrario

Sembra che il fatidico momento sia arrivato, dopo la casuale (?) [VEDI e VEDI] batosta della pandemia . E i progetti, di respiro quanto meno europeo, stanno uscendo dai cassetti. L’occasione l’ha fornita il folle balzo all’insù dei costi energetici (gas, luce, benzina) e delle materie prime. Un balzo che le solite misere pezze (l’abbiamo già visto nei “ristori” per i danni da Covid) con cui il governo pensa di lavarsi la coscienza, in questo caso abbassando le iperboliche tasse che gravano su luce, gas e benzina, ma solo di 1/3 del necessario (€ 3 miliardi invece dei necessari 9), attutiranno solo in modesta parte.
Se questa situazione è esogena, in quanto si tratta di rialzi di prezzi generati fuori d’Italia, il governo Draghi sta cercando il modo più indiretto possibile per salassare ulteriormente gli italiani, già in buona parte stremati dalla pandemia, cominciando con la sempre rimandata riforma del catasto immobiliare. Naturalmente ricorre ai soliti specchietti per le allodole, dicendo che lo si vuole rendere più equo, rimediando alle (reali) scandalose tasse agevolate su molte magioni, specie nei centri storici, a danno di tutti gli altri proprietari immobiliari. Dietro questa maschera virtuosa, il governo aggiornerà tutti i valori di un catasto fermo al 1989, nonostante questo appaia il momento meno adatto per escutere soldi ai cittadini, soltanto un mese dopo aver affermato “questo è tempo di dare, non di prendere”, ribadito all’Assemblea di Confindustria, per ingraziarsi l’uditorio.
Quanto all’UE, si stanno rispolverando i passati vincoli di bilancio, validi soprattutto per l’Italia, ma non per Francia e Germania, che tanto non li rispettano. E anche qui il pretesto saranno i fondi PNRR, elargiti dietro precise condizioni, in stile FMI: eco del ritornello “lo vuole l’Europa”, di montiana memoria. 

Soprattutto nei centri storici, quanti edifici risultano a catasto per i loro valori reali? Giusto fare un upgrade; ma quali altri meno nobili strascichi comporterà sugli alloggi ordinari, quando si tratterà di IMU e Isee? Maggiori tasse sulla casa = suo parallelo deprezzamento

Il concomitante arrivo di tutti questi aggravi economici sulle spalle dei cittadini è la puntuale conferma di quanto vado affermando nei miei scritti, non solo su Trucioli, circa la scelta ormai obbligata dei maggiori governi mondiali di tentare il salvataggio del pianeta attraverso drastiche strette sui consumi, ottenute mediante rincari generalizzati, oltre a politiche di contenimento delle nascite e dei flussi migratori (tranne in Italia, unica nazione dai confini aperti). Ne ho parlato più in dettaglio in miei precedenti articoli [VEDI e VEDI], per cui mi limito qui a confermare quanto ivi pronosticato, e cioè che la transizione ecologica (ammesso e non concesso che si possa chiamare tale la sua parte tecnologica, tipo l’auto elettrica) avverrà a un durissimo prezzo per (quasi) tutti [VEDI]. In sostanza, dovremo pagare i debiti verso il pianeta accumulati come allegre cicale negli ultimi 2 secoli di industrializzazione prima, e di digitalizzazione poi.
Tanto per fare un esempio concreto: pensare che sia green sostituire milioni di auto attuali con altrettante auto a propulsione elettrica è una transizione che non modifica l’impatto ambientale, come lo sarebbe invece il trasporto collettivo. Non è realistico immaginare centinaia di migliaia di kmq ricoperti di pannelli solari per produrre l’energia “verde” necessaria a farle marciare. Si ripeterebbe, su molto maggior scala, la stessa incongruenza che portò alla benzina verde, utilizzando vaste aree di campi coltivati a mais, ottenuti in buona parte laddove c’erano foreste o sottraendo spazio alle coltivazioni per l’alimentazione umana. Inoltre, i pannelli solari hanno un costo, affatto trascurabile, come tutti i componenti di ogni singola auto. Tutto ciò comporta estrazione, trasporto e lavorazione di materie prime. Ergo, un’auto a testa, se non più, dovrà diventare presto un ricordo. E con l’auto tante altre merci che avevamo date per scontate, indispensabili.

Un’auto a testa ha intasato e rovinato tutte le nostre città: qui Palermo, ma potrebbe essere qualunque altra città, piccola o grande

Abbiamo impiegato due secoli ad arrivare sin qui. Non ne abbiamo altrettanti per rimediare, con i rimedi estremamente dolorosi e impopolari, rallentati da formidabili resistenze, mentre il dissesto continuerà, accrescendo l’urgenza di metterli in pratica.
Ai livelli alti il quadro della situazione è chiarissimo, ma non può esser comunicato alla gente se non per gradi, perché sconvolgerà troppo la vita di tutti. Preconizzo l’instaurarsi di una dittatura “verde”, con taglio coatto della popolazione, nascitura e vivente, e taglio drastico dei consumi pro capite. Questi i due capisaldi delle misure prossime venture.

Le misure che il governo Draghi ha annunciato vanno nella direzione di inasprimenti epocali. Basta unire le dichiarazioni (pur contraddittorie e variabili a seconda della platea: vedi le parole contrarie all’Assemblea di Confindustria) del premier nel suo videomessaggio al recente Forum di Atene “Stiamo venendo meno alle promesse degli Accordi di Parigi. Se continuiamo con le politiche attuali incorreremo in conseguenze catastrofiche”) [VEDI] con quelle di Antonio Guterres alla 76° Assemblea Generale dell’ONU: “Siamo sull’orlo dell’abisso, bisogna agire subito”. [VEDI] Parole così forti uscivano sino a poco fa solo dalle bocche degli ambientalisti, e venivano bollate come “allarmismi” e “catastrofismi”. Ora si pronunciano anche ai massimi livelli.

Il disordine è la forma meno immediatamente costosa di smaltimento. L’energia ordinata e la differenziazione merceologica hanno prezzi sempre più alti al crescere dell’efficienza e della complessità delle sostanze di partenza e di arrivo. L’ordine voluto dalla transizione verde avrà costi (= tasse) altissimi, proporzionali al disordine iniziale e all’ordine voluto

In questa luce, sono perfettamente coerenti le misure che Draghi finirà col mettere in cantiere. E, rispetto agli obiettivi, saranno ancora pannicelli caldi. Qualcuno lo chiama “comunismo ecologista” [VEDI], ma, a prescindere dalle etichette, sarà richiesto un livellamento verso il basso dei redditi superiori ad una vita sobria e dignitosa; si spera non mettendo le mani nelle tasche di chi quel livello già non lo supera. Un’operazione da fare cominciando dalle grandi multinazionali, come sta proponendosi l’UE, sanzionando quelle nazioni che fanno a gara nell’abbassare le tasse per attrarre investitori, in un gioco sleale pari a quello di stimolare le delocalizzazioni offrendo regole sindacali e ambientali prossime a zero. 
Ultim’ora: apprendo [VEDI] da un rapporto della Casa Bianca (!) che persino gli USA intendono alzare le tasse sui ricchi (il contrario di quanto fece Trump), con le famiglie ai vertici gravate –si fa per dire- di un’aliquota fiscale dell’8,2%, contro il 13,3% dell’americano medio (noi, poveracci, superiamo il 30%). L’uomo medio non è in grado di delocalizzare i suoi cespiti in Paesi compiacenti, come invece possono permettersi i ricconi.
Marco Giacinto Pellifroni         26 settembre  2021 

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