RAGGUAGLI FILOSOFICI SU DIEGO FUSARO I

Prima parte

Diego Fusaro

Basta una rapida scorsa alla bibliografia di e su Diego Fusaro per persuaderci del fatto che abbiamo a che fare con una personalità  di eccezionale valore e intelligenza, ma anche,  per certi aspetti, contraddittoria e controversa:  conseguita la maturità classica presso il liceo Vittorio Alfieri di Torino (dove è nato nel 1983) con valutazione di 100/100 con menzione, discutendo una tesina sul giovane Marx interprete del materialismo democriteo ed epicureo, si iscrive a Filosofia presso l’Università di Torino nel 2002 e fin da allora collabora con la casa editrice Bompiani, con Giovanni Reale e Giuseppe Girgenti. Nel 2005 consegue la laurea triennale in Filosofia della Storia con 110 e lode , discutendo una tesi dal titolo Filosofia e speranza. Ernst Bloch e Karl Loewith interpreti di Marx (relatore Prof. Enrico Donaggio); valutata come la miglior tesi triennale di Filosofia dell’Università di Torino  dell’anno accademico 2005-2006, e la menzione speciale del Premio di Filosofia di Siracusa (commissione composta da Remo Bodei e Umberto Curi),pubblicata in seguito con aggiunte presso la casa editrice Il Prato, di Padova. Dal 2006 dirige, insieme a Jacopo Agnesina, la collana filosofica “I cento talleri” della casa editrice il “Il Prato”.  Iscrittosi al corso di laurea specialistica in Filosofia della storie delle idee presso l’Università di Torino, nel luglio del 2007 ha conseguito la laurea specialistica in Storis della Filosofia Moderna 110 e lode con dignità di stampa, discutendo una tesi dal titolo Karl Marx e la schiavitù salariata: uno studio sul lato cattivo della storia (relatore: Prof. Enrico Pasini); anche questa tesi ha ricevuto la menzione speciale del Premio di Filosofia di Siracusa, edizione 2007 (commissione composta da Remo Bodei e Fausto Curi).

La tesi intende mostrare la continuitàtra le figure storiche degli asserviti e, in particolare, i tratti comuni e le differenze tra la schiavitù antica e quella degli operai salariati nel pensiero di Marx. Ha svolto un dottorato in Filosofia della Storia presso l’Università Vita Salute San Raffaele di Milano, con una tesi sul pensiero di Reinhart Koselleck (supervisori Pier Paolo Portinaro  e Andrea Tagliapietra). Dalla primavera del 2011 è stato ricercatore in Storia della Filosofia presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, fondata da Massimo Cacciari nel 2002. Dal 2017 ottiene l’abilitazione nazionale scientifica in storia della filosofia ed è docente di ruolo presso  l’Istituto di Alti Studi Strategici e Politici di Milano.  Nel settembre del 2012 ha tenuto una lectio magistralis  sul  Capitale di Marx al Festival  della Filosofia di Modena, invitato da Remo Bodei. E fin qui, come si dice, nulla qaestio: il percorso teoretico di Diego Fusaro è rimasto fino a quella data nel solco hegelomarxista, iniziato con lo studio su Filosofia e speranza del 2005. L’intera opera marxiana, osserva Fusaro,   sembra enigmaticamente in bilico tra le opposte dimensioni della scienza e della speranza. La linea interpretativa adottata da Ernst Bloch e da Karl Loewith vede in Marx il filosofo della speranza  più che della scienza, riconoscendo nel suo pensiero una tensione utopica ineludibile. Ecco perché l’opera di riferimento riguardo al tema della speranza per Fusaro rimane “Il principio speranza” di Ernst Bloch  (1959) – richiamato anche nella conferenza registrata su  YouTube, segnalata e commentata su “Trucioli savonesi” di domenica scorsa dal prof. Pier Franco Lisorini – il quale principio,  contrapponendosi all’ideologia della “fine della storia” in quanto fonda la sua “ontologia del non ancora” sulla potenzialità dell’essere e sull’apertura al cambiamento, risulta oggi audacemente inattuale ma ancora ricchissimo di suggestioni su tematiche sempre aperte a nuovo scenari futuri.

PUBBLICITA’

Nelle cinque parti in cui è divisa l’opera, Bloch descrive come la coscienza anticipante dell’uomo, cioè la sua facoltà di anticipare i progetti più impensabili e irrealistici, si riveli nei sogni a occhi chiusi e ancor più a occhi aperti, come nelle fiabe, nei film di fantascienza o di fantasia e in certi spettacoli teatrali, e, naturalmente, nelle opere d’arte, nella musica, nelle utopie, nelle religioni e nelle grandi visioni filosofiche. Bloch esplora la dimensione utopica del pensiero  oltre il “principio del piacere” ma anche oltre il “principio di realtà” inteso come accettazione passiva del già dato; e qui abbiamo una netta distinzione sulla quale insiste Fusaro, tra speranza passiva, identificabile con quella cristiana  – così come ci viene proposta da Paolo di Tarso nella Lettera ai Romani: “Pertanto, ecco che cosa dico a voi , Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro rifiuto ha significato la loro riconciliazione con il mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una resurrezione dai morti?” (11, 13-14) e nella Prima lettera ai  Corinzi: “Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in teezo luogo come maestri, poi vengono i miracoli, poi i doni difar guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue: ‘Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti operatoti di miracoli? Tutti guaritori? Tutti parlano diverse lingue? Tutti le interpretano? Aspirate ai carismi più alti! E io vi mostrerò una via migliore di tutte…La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà …Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità, ma di tutte più grande è la carità” (12 28-30; 13 10-13) –  e speranza attiva come viene formulata nell’ontologia del non-ancora secondo la definizione del principio speranza di Bloch. E’ la speranza che traluce nelle aspirazioni più profonde di ciascuno, così nelle grandi opere d’arte come in quelle  cosiddetto minori o di consumo; ad ogni modo, dall’analisi blochiana della coscienza anticipante dell’uomo emerge che il non-ancora è la sua verità più profonda che avvalora la speranza, intesa non più come sogno campato in aria, ma come docta spes fondata oggettivamente sul dinamismo insito nella realtà stessa.
Ecco quindi come la speranza può costituire un fattore concreto nella costruzione di un mondo migliore e sempre migliorabile; in ogni caso bisogna imparare a sperare e a respingere la prospettiva di “una vita da cani (Hundeleben) che si sente gettata nel mondo passivamente, in una situazione incomprensibile, anzi riconosciuta come miserabile”. Dunque, anziché assentire al labirinto del mondo e al nichilismo novecentesco, l’uomo deve guardare con fiducia al futuro e agire in modo tale che alla sofferenza del “Venerdì Santo possa succedere la gioia della Pasqua di Resurrezione”.  Se non che nella sua “Introduzione” all’edizione dell’opera tradotta in italiano (Il principio speranza, Mimesis, 2019), Remo Bodei ricorda che non tutti i miti antichi e non tutti i filosofi hanno considerato la speranza una virtù.

Di questo limite se ne rende conto lo stesso Bloch, che al capitolo 20 inserisce un’importante correzione: la speranza non più come sguardo fiduciosamente rivolto solo al futuro, ma anche alle potenzialità insite nel presente, e questo avviene quando l’uomo tenta di vivere cogliendo l’eternità nell’istante, il carpe aeternitatem in momento e il nunc aeternum dell’attimo oscuro. Avvertendo che la nostra coscienza del presente, che ci appare chiara, in realtà è offuscata: “alla base del faro non c’è luce – scrive Bloch – ; sta a noi dirigere la sua luce su ogni attimo della nostra vita presente, altrimenti la luce del faro si perde nella notte del futuro”. Certamente Bloch aveva presente quel pensiero di Pascal secondo il quale pensando sempre al domani ci lasciamo sfuggire l’oggi! Ma torniamo a Diego Fusaro: tutto quello che ne abbiamo scritto fin qui non ci fa minimamente sospettare la piega sovranista e complottista che avrebbe preso il suo percorso teorico-pratico e politico almeno a partire da Pensare altrimenti. Filosofia del dissenso, Giulio Einaudi  Editore, 2017 ; con  questo pamphlet l’ex enfant prodige della filosofia italiana ci decanta il potere destituente del dissenso, che si configura come l’antitesi del potere costituente, in quanto tende non già a creare ex novo o a restaurare un ordine decaduto, ma a destituire e a depotenziare il potere in essere  e l’ordine egemonico così reale come simbolico. Contrariamente al consenso, che può essere soltanto passivo, il dissenso si dà solo come attivo i propositivo. Se all’inizio riguarda solo l’individuo e la sua interirità, può in seguito farsi sociale ed estroflesso, e quindi organizzarsi ed esprimersi in una molteplicità di forme e di modi, come la protesta, la disobbedienza civile, lo sciopero della fame, fino al sabotaggio, alla rivolta e alla rivoluzione. (Continua)

Fulvio Sguerso

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4 thoughts on “RAGGUAGLI FILOSOFICI SU DIEGO FUSARO I”

  1. Prendo atto Fulvio di quanto hai detto sul signor Fusaro, detto da te è una informazione che gode di ottima affidabilità.
    Pensavo vedendolo partecipare in alcuni dibattiti televisivi che fosse un po’ presuntuoso, ma evidentemente erano limiti miei di comprensione della filosofia, una materia che mi ha sempre attirato ma che ho coltivato in modo disordinato, non sistematico…

    1. Caro Rudy, su Fusaro i giudizi sono quanto mai controversi. Mi saprai dire qualcosa in più dopo aver letto la seconda parte del mio articolo che uscirà domenica prossima. A presto,
      Fulvio

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