Quando la misura è colma

Quando la misura è colma
Prima o poi scocca l’ora della verità,
anche se politicamente scorrettissima

 Quando la misura è colma

Prima o poi scocca l’ora della verità,
anche se politicamente scorrettissima

Il rispetto delle convenzioni, un certo tasso di conformismo al quale non ci si può sottrarre, la consapevolezza che su qualcosa bisogna lasciar correre ci costringono ad accettare e far proprie abitudini insensate e a fingere di prendere per vere ridicole falsità. Sono le regole del gioco sociale. Ma quelle stesse regole presuppongono un limite, una soglia che non deve essere superata.  E quando viene superata accettare significa essere complici e tacere diventa ipocrisia. 

E vengo al punto. Sull’immigrazione illegale ho una posizione che discende direttamente dal tema stesso e sulla quale c’è poco da discutere: se, quale che ne sia il motivo, un singolo Stato o tutta la comunità internazionale ritengono che un individuo, un gruppo, un’intera collettività debbano essere accolti senza passare attraverso i normali canali che regolano i flussi migratori, dovrebbero conseguentemente predisporre gli strumenti per portarli in salvo e le modalità per accoglierli. Altrimenti l’immigrazione è solo illegale e come tale va impedita. Questa non è un’opinione, è un dato di fatto.  Poi che ci sia un piano, un complotto, una strategia, che sia una faccenda locale o planetaria, contingente o epocale, che sia un fenomeno indotto o spontaneo, che porti solo danni o anche qualche vantaggio, sono opinioni, padrone ciascuno di pensarla come vuole. 

Ma su questo tema si è costruito un impianto concettuale imposto dai media e dalla politica e consolidato dalla pigrizia e dalla assuefazione. Ci sono i profughi, ci sono i migranti economici, ci sono quelli che hanno diritti, ci sono quelli che non ne hanno. Tutto falso, come falso il lasciapassare per minori, malati o donne gravide. Ma ci sono i morti, qualche volta inventati ma tante volte, purtroppo, reali. Ma a chi vanno imputati?

In realtà, per quello che è sotto gli occhi di tutti, caricati su barconi, barchini o navi da crociera, quelli che arrivano o tentano di arrivare sono giovani uomini e giovani donne, dei quelli l’unica cosa certa che sappiamo è che per la traversata hanno sborsato più di quanto a casa loro si guadagna in un anno di lavoro. 

E veniamo alle bufale o, se si vuole, fake news.

Da destra a sinistra si parla di migrazioni di massa. È clamorosamente falso: anche nei momenti più floridi per scafisti e Ong  – 150.000 sbarchi in Italia in un solo anno – non è successo  niente di paragonabile alla diaspora vietnamita proseguita per oltre un ventennio dopo il 1975; e parlare di spostamenti di popolazioni come nell’alto medio evo è semplicemente ridicolo; quello con cui si ha a che fare è un fenomeno che non scalfisce neppure lontanamente l’ipertrofia demografica dell’Africa nera e interessa una percentuale irrisoria di maschi provenienti da famiglie relativamente abbienti. Che siano semplicemente giovani innamorati dell’Occidente, individui refrattari al lavoro, avamposto di una invasione islamica  o braccia reclutate per calmierare il costo del lavoro nessuno può dirlo con certezza. Di sicuro non c’è nessun evento epocale ma solo un fenomeno contingente, socialmente ed economicamente devastante per i Paesi che lo subiscono ma controllabilissimo, solo che si voglia.


Da destra a sinistra si parla di profughi, intendendo come tali persone che fuggono da fantomatiche guerre. Ora mi chiedo: da quando in qua se in un Paese c’è una guerra i giovani, che se c’è una guerra sono loro a combattere, dovrebbero andarsene lasciando a casa padri, madri, mogli e sorelle? Se c’è veramente uno stato di guerra chi vi si sottrae mi pare che sia un disertore. Oppure si dice guerra per intendere conflitti fra bande rivali che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti. Ma anche in questo caso un giovane aitante cosa fa? Scappa lasciando nelle peste i più deboli? Ma andiamo…

Da destra a sinistra si conciona su porti sicuri o non sicuri: in Libia come vedono un nero lo torturano, in Tunisia come ci si azzarda ad accostare ti prendono a cannonate – e bisognerebbero che le agenzie di viaggi ne prendessero nota -,  in Egitto fanno sparire le persone, in Algeria non ci sono approdi, ecc. Ma scafisti, Ong e i loro passeggeri non cercano porti sicuri, vogliono solo venire in Europa, anzi in Italia. E si dica allora che non vogliono essere rimandati indietro, senza menarla con l’inferno della Libia o dando ad intendere che in Tunisia sia scoppiato il finimondo.

Da destra a sinistra si tira in ballo l’Europa che ci ha lasciato soli, l’Europa che non accoglie. Ma perché mai dovrebbe accogliere? Si rimprovera Macron perché espelle i clandestini. Ma perché dovrebbe tenerseli? Orbán sarebbe nemico dell’Italia perché non vuole quote di migranti. Ma che dovrebbero farsene gli ungheresi dei migranti? O forse nel patto costitutivo dell’Unione è scritto che in tutti gli Stati membri debbono essere create enclaves africane?

Che poi lo stesso Macron trami perché l’Italia sia invasa e azzoppata dall’immigrazione clandestina questo è verosimile, anzi certo, e rientra nel disegno europeo di marginalizzazione dell’Italia. Ma la pretesa dei nostri politici, da destra a sinistra, di spalmare migranti in tutta Europa è una farneticante sciocchezza. La sola cosa seria che potrebbero fare è chiedere a francesi e tedeschi perché vogliono aprire all’Africa le porte dell’Italia e tenere sigillate le loro.


Orban Merkel e Macron

Troppo spesso Salvini ripete la lagna “le donne e i bambini sì, loro sono i benvenuti, chi scappa da guerre sì, ci mancherebbe…”. Se lo fa per compiacere i compagni sbaglia, qualunque cosa dica o faccia  loro continuano a vendere lo stereotipo del razzista, dello xenofobo, del cinico che fa politica sulla pelle degli ultimi. Gli ultimi sarebbero quelle giovani  e quei giovani africani attratti dal miraggio dell’eldorado nostrano. Se crede in quello che dice sbaglia due volte. In primo luogo perché le discriminazioni di genere sono inaccettabili – uomini no, donne sì -;  in secondo luogo perché se a bordo dei barconi, dei barchini o delle navi ci sono bambini non accompagnati questi vanno prontamente riconsegnati ai loro genitori. E ai magistrati questo strano traffico di minori non suggerisce niente?

I più spudorati invocano anche i cambiamenti climatici: non si fugge solo da guerre e dalla miseria, si scappa dai cambiamenti climatici. Ogni commento è superfluo; ci mostrino alluvioni che spazzano via interi territori, lingue di fuoco che dal cielo inceneriscono case e raccolti, lande deserte dove si coltivavano ortaggi.

Non è invece superfluo ricordare che in Tunisia gli spacciatori hanno vita dura, come nella maggior parte dei Paesi islamici: per loro l’Italia è veramente la Terra Promessa, e si vede. E non è superfluo ricordare che le prostitute nigeriane o somale avevano iniziato a praticare la loro attività casa loro con profitti cento volte inferiori a quelli realizzabili in Italia, dove oltretutto si “lavora”  in condizioni di maggiore sicurezza. C’è da capirle. 

E non è superfluo ricordare che il malavitoso nigeriano, in genere membro di qualche confraternita, dedito al commercio di parti del corpo umano, reso invincibile da riti e stregonerie con relativi sacrifici umani, possibilmente giovani donne e bambini, quando viene catturato finisce sul patibolo, perché nonostante le pressioni dell’Onu molti Paesi africani sono restii ad abolire la pena di morte – e in questi casi c’è da capirli. Per evitare questo inconveniente niente di meglio che unirsi alla carovana in marcia verso il nord. Ci sarà qualche Carola che lo va a salvare dal finto naufragio. Pamela, da Lassù, ringrazia.

Troppo tranchant per un’anima bella? Ma è scritto: “Il vostro parlare sia sì sì, no no, tutto il resto viene dal maligno”. E mi viene da aggiungere una nota sul vomitevole razzismo dei responsabili di Save the children che per commuovere i telespettatori e convincerli a tassarsi a loro favore usano spudoratamente volti sofferenti di bambini, quei bambini che se nostri sono rigorosamente oscurati. 

 Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione

 

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