Politica nazionale

Nel rapporto tra denaro e potere           
FERMARE LA COSTITUZIONE
E…impegnarsi per la modifica del sistema elettorale

Nel rapporto tra denaro e potere           
FERMARE LA COSTITUZIONE
E…impegnarsi per la modifica del sistema elettorale
 

Gli ottimisti, quelli che pensavano come l’attacco alla Costituzione portato avanti dal centro-destra e, in prima persona, dal Presidente del Consiglio da qualche mese a questa parte fosse un “fuoco fatuo” destinato a mascherare obiettivi diversi sul piano politico, sono serviti.

Il Presidente del Consiglio, negli ultimi giorni, ha chiarito una volta per tutte che il suo obiettivo prioritario (esaurita la serie di leggi “ad personam”, che adesso come ha fatto notare qualcuno formano un vero e proprio “corpus juris“) è quello di demolire le fondamenta della nostra carta fondamentale, considerata un vero e proprio “inferno” di norme.

Scrive Carlo Galli:Il discorso pubblico che viene da Berlusconi, esplicitamente post-costituzionale e ormai anticostituzionale, è infatti consapevolmente centrato sul trasferimento nel campo politico delle logiche imprenditoriali del “comando efficace”, libero da ogni contropotere costituito, anche da quello delle norme e delle procedure”

Una operazione di vera e propria “deregulation” che si colloca al centro di una fase di crisi finanziaria ed economica molto forte, che ha già provocato un consistente spostamento degli equilibri sociali, prima ancora degli stessi equilibri di potere.

Il rapporto tra denaro e potere si configura così al centro del progetto di attacco alla Costituzione, puntando verso una vera e propria abolizione della sfera pubblica, esaltando la modernità del primato degli interessi personali sugli interessi collettivi e la formazione di un “corpo” di interessi personali “non negoziabili“.

Si forma così una nuova teoria politica di tipo patrimonialistico/populistico, sulla base della quale introdurre il meccanismo dell’elezione diretta del “Capo” (pensiamo alla bozza Calderoli, che propone paradossalmente un semipresidenzialismo che riunifica le due figure di Presidente della Repubblica e di Presidente del Consiglio, eliminando così la figura di controllo e di rappresentanza unitaria del Presidente della Repubblica).

Stiamo anche vivendo una crisi radicale della rappresentanza politica, con una vera e propria deformazione nel ruolo delle istituzioni: l’obiettivo è quello di un sistema politico di tipo nuovo, quello di un regime personale illiberale (si è parlato anche, per indicare il tipo di fenomeno che ci troviamo di fronte di una sorta di “diciannovismo”).

Come reagire a questo stato di cose?

Premesso che i danni sono stati, fin qui, gravissimi e che il complesso delle forze politiche di opposizione appaiono in grande difficoltà, sia sul terreno della capacità di mobilitazione sociale, sia nel campo della qualità complessiva dell’espressione politica (quadro dirigente, teoria, programmi, organizzazione di base) con pericolose scivolate di subalternità all’egemonia culturale dell’avversario: pensiamo alla manovra finanziaria o alla, davvero sciagurata, vicenda dell’accodamento al cosiddetto “federalismo” di marca leghista,o ai temi di una presunta “sicurezza“, è necessario fornire in tempi immediati una risposta particolarmente forte e netta.

Una risposta forte e netta che abbiamo racchiuso nella definizione di “Affermare la Costituzione”.

Non si tratta, infatti, di limitarci a difendere una “ridotta di montagna“.

Si tratta di fare della Costituzione, prima di tutto, il riferimento politico di una vasta alleanza in grado di puntare a far tornare all’impegno diretto quei milioni di persone che se ne sono allontanati rinunciando perfino ad esprimere il proprio voto; in secondo luogo si tratta di avviare una fortissima campagna di conoscenza delle norme contenute nella nostra carta fondamentale, definendo anche quei campi in cui la Costituzione deve essere ancora pienamente applicata in modo da dare risposta al quadro di nuovi diritti e di nuovi doveri che sorgono dal modificarsi del modello di comunicazione, dall’uso delle nuove tecnologie, dall’emergere di un processo di forte velocizzazione nell’insieme dei rapporti economici, politici, culturali, giuridici a livello globale (ripudio della guerra, uso dei media, legittimità della proprietà pubblica dei beni comuni: le norme per applicare in pieno il quadro di diritti e di doveri che riguardano queste delicate branchie di iniziativa, sono già comprese nel dettato costituzionale. Non c’è da modificare nulla, solo da interpretare ed applicare pienamente!).

Quindi nessun atteggiamento difensivo, e nessun terreno aprioristicamente “bipartisan” sulle riforme: ma autonomia assoluta dell’opposizione; autonomia culturale e di iniziativa politica.

Autonomia politica e autonomia culturale da applicare anche all’altra parte del discorso che pure va portato avanti con grande forza: quello relativo alla legge elettorale.

Va aperta una grande campagna, nel Paese, per reclamare la modifica del sistema elettorale (si può capire che ai partiti dispiaccia perdere un così forte potere di nomina…ma le esigenze democratiche che questo tipo di legge elettorale pone sono davvero urgenti ed indifferibili): questo forzato bipolarismo/bipolarismo, accettato dal PD in nome di una sua presunta e mai dimostrata “vocazione maggioritaria” è di grande danno alla qualità di vita democratica del Paese.

Una campagna che deve aver al centro una proposta di legge elettorale proporzionale, con la possibilità di espressione della preferenza da parte dell’elettore: proporzionale non semplicemente perché meno dannosa dell’attuale sistema, ma proporzionale per convinzione, perché la democrazia italiana fondata sui principi ed i valori della Costituzione del ’48 ne ha bisogno per tornare ad essere percorsa da una forte tensione di consapevole partecipazione popolare.

Savona, 10 Giugno 2010                                                             Franco Astengo

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