politica nazionale

IL RITORNO AGLI ENTI LOCALI E LO “SPEZZATINO”
TRA FEDERALISMO DEMANIALE & FEDERALISMO DEMENZIALE
MENTRE SONO FASULLI I BILANCI DI PROVINCE E DEI COMUNI

IL RITORNO AGLI ENTI LOCALI E LO “SPEZZATINO”
TRA FEDERALISMO DEMANIALE & FEDERALISMO DEMENZIALE
MENTRE SONO FASULLI I BILANCI DI PROVINCE E DEI COMUNI

Le brevi note che seguiranno in questo testo contengono una ipotesi di proposta e di iniziativa politica su di un tema che abbiamo definito, riassuntivamente, di “ritorno agli Enti Locali” considerati fattore democratico di decentramento dello Stato.

 Scriviamo mentre, attorno a noi, ci sono tutti i segnali di un vero e proprio “disfacimento” dell’identità statuale del nostro Paese, di secessione strisciante, di degrado culturale e morale di larghi settori della classe politica al centro come in periferia, di una pratica politica ”estenuata” ed “estenuante”come dimostrano bene i dibattiti che si ascoltano nelle sedi dei più importanti soggetti politici (pensiamo, in  questo fine settimana all’Assemblea Nazionale del PD e al convegno dell’UCD).

I punti sui quali prestare maggiormente l’attenzione, almeno a nostro avviso, sono i seguenti:

1) Un contrasto secco alle ipotesi di federalismo così come queste stanno venendo

avanti: un federalismo ormai definito “spezzatino”, la cui crisi deriva dall’aver accondisceso, a suo tempo, a istanze teoricamente molto pericolose come quelle avanzate all’inizio degli anni ’90 dalla Lega Nord e a cui si cercò di rispondere, frettolosamente e imprudentemente, con la revisione del titolo V della Costituzione nel 2001.

 L’esempio più eclatante di questo stato di cose è stato fornito in questi giorni dalla legge sul cosiddetto “federalismo demaniale” (giustamente Alfonso Gianni lo ha definito “federalismo demenziale”): un provvedimento su misura per la speculazione “bric a brac”, con i bocconi più ghiotti riservati ai soliti noti (pensiamo ai beni del Ministero della Difesa, anche se sembra fallita l’idea della “Difesa s.p.a.”).

 Accanto alla riflessione complessiva sul tema del federalismo va aperto anche un dibattito aperto e sincero sul bilancio”politico” delle Regioni a partire dal momento in cui si è modificata la legge elettorale nel senso del personalismo, e le Regioni hanno assunto una funzione eminentemente di spesa e di nomina in luogo di quella legislativa: un bilancio da sviluppare sia sul piano economico, laddove la spesa si è letteralmente impennata in particolare nel campo della sanità (che con trasporti e scuola appare essere la parte più sofferente nel rapporto concreto tra sistema politico che dovrebbe garantire servizi e i cittadini che dovrebbero usufruirne), sia sul piano politico laddove l’elezione diretta del Presidente ha contribuito a costruire veri e propri “blocchi di potere” separati all’interno dei soggetti politici, costruendo un meccanismo che vorremmo definire infernale di intreccio tra “partitocrazia” e “impropria personalizzazione” (con un discorso aperto anche sui costi, totalmente fuori mercato, del nuovo ceto politico regionale).

2) Un esame concreto e realistico dei bilanci di Comuni e Province: in molti casi (la maggioranza?) riteniamo che questi bilanci si possano ben definire “fasulli”, per almeno due motivi: sono conteggiate, come poste attive, vendite di beni mai effettuate ed egualmente questi bilanci sono rigonfi di SWAP ( o “derivati”, o “titoli tossici”), che sono, e saranno, causa di rilevantissimi dissesti (tra l’altro sarebbe opportuno che gli amministratori in carica nei primi anni 2000 che avevano ceduto al richiamo della “cassa facile”, e ci sono casi clamorosi, fossero chiamati a rispondere “in solido”. Sul tema dei bilanci ci pemettiamo inoltre di formulare una domanda: che fine hanno fatto, nel corso di questi anni, le esperienze di “bilancio partecipato” e di “bilancio sociale”? Senza soffermarci sul tema del “patto di stabilità” fin qui inteso come punto di vero e proprio “strangolamento” del sistema.

3) Il ruolo degli Enti Locali all’interno del quadro democratico del Paese, in un momento in cui la crisi economica richiama alla realtà dello “Stato-Nazione” e, contestualmente, in Italia sono comparse le proposte di modifica della Costituzione in senso presidenzialista.

 Il primo punto, sotto questo aspetto, da verificare con grande attenzione è quello del rapporto tra consessi elettivi ed esecutivi, ormai sbilanciato fortemente a favore di questi ultimi in parallelo con lo svuotamento di ruolo del Parlamento Nazionale. Il recupero di ruolo dei consessi elettivi deve rappresentare un obiettivo fondamentale nel tentativo di ripristinare un concreto meccanismo democratico nel funzionamento delle nostre istituzioni.

 Egualmente ci si dovrà soffermare sul tema del decentramento nelle Città: abolite le circoscrizioni nelle città “medie” ( il punto su cui questo provvedimento è stato preso è stato quello dell’eccesso di spesa per il personale politico, e sicuramente vi sono stati degli eccessi sotto questo punto di vista), è indispensabile avere una idea “organica” di partecipazione democratica che ci permettiamo di vedere nel ritorno ai “consigli di quartiere”, democraticamente eletti al di fuori delle liste di partito e sulla base di una idea “partecipazionistica” e “volontaria” dell’impegno politico e sociale. Sarà soltanto attraverso organismi di questo tipo, concretamente organizzati sul territorio, che si potrà seriamente parlare di processi reali di “democrazia deliberativa” , non appoggiati su fumisterie di vario tipo.

Andrebbero aperti altri capitoli: da quello del rapporto tra politica e amministrazione, incautamente basato su modelli mia sperimentati nel nostro Paese; a quello delle necessità di tornare ad assessori espressione del Consiglio Comunale o Provinciale o Regionale e non semplici “impiegati” di Sindaci e Presidenti (“impiegati”, beninteso, venuti fuori da durissime contrattazioni partitiche), ma lo faremo in altre occasioni, così come si dovrà ritornare su ruolo e funzioni di “dirigenti” impropriamente in possesso di funzioni di potere, esercitate in una dimensione non democratica, funzioni pagate anch’esse assolutamente “fuori mercato” con una incidenza esorbitante sul complesso dei costi del personale.

Non senza ricordare altre cose: sul piano teorico, mai come in questo momento il nostro Paese è stato soffocato da una partitocrazia (nel senso “classico”, quello indicato da Maranini fin dagli anni’50) così “pesante” al centro come in periferia (l’operato della Lega Nord, per intenderci è di classico stampo partitocratico). Riteniamo, infine, che i punti malamente indicati in questo nostro frettoloso lavoro dovrebbero essere collegati direttamente con i punti programmatici più importanti che le forze politiche sono chiamate a presentare agli elettori: dalla lotta alla speculazione edilizia, alla battaglia contro la cementificazione, alle questioni dell’ambiente e dei beni comuni (pensiamo a rifiuti, energia, acqua) e alla ricostruzione dal basso di uno Stato Sociale, tendenzialmente egualitario e universalistico.

Savona, 23 Maggio 2010                                                 Franco Astengo

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