Politica nazionale

I personaggi? Ieri ruolo istituzionale, oggi protagonisti dell’economia pubblica o privata
QUESTIONE POLITICA E QUESTIONE MORALE
NUOVI INTRECCI CHE NON POSSIAMO TACERE
Storie di scandali: dal rubare per il partito, al rubare per il singolo politico, allo stato occulto

I personaggi? Ieri ruolo istituzionale, oggi protagonisti dell’economia pubblica o privata
QUESTIONE POLITICA E QUESTIONE MORALE
NUOVI INTRECCI CHE NON POSSIAMO TACERE
Storie di scandali: dal rubare per il partito, al rubare per il singolo politico, allo stato occulto 
 

In passato ci è capitato di analizzare, in molteplici occasioni, il collegamento – costante nel tempo- tra questione politica e questione morale, cercando di segnalare gli elementi di cambiamento che, via, via si presentavano nel dimostrarsi di questo negativo fenomeno che ha informato larghe parti della vita del sistema politico italiano.

In principio, almeno dall’affermarsi del primo centrosinistra agli albori degli anni’60, i punti di principali da osservare erano due: quello del cosiddetto “stato duale”, dell’intreccio, cioè, tra poteri dello stato compresi quelli militari oggi apparentemente usciti del tutto di scena, istituzioni e poteri occulti (pensiamo al “caso Solo”, o al “Golpe Borghese” e successivamente alle deviazioni della massoneria, con il fenomeno P2 certificato dal lavoro della Commissione Anselmi e le deviazioni dei servizi in ordine alla “strategia della tensione”); quello delle “tangenti” innescate, in grande stile, da due operazioni concernenti la questione energetica ( l’ENI di Mattei e la nazionalizzazione dell’energia elettrica, al riguardo della quale si innestarono, come conseguenza ovviamente limitata a questo campo di indagine, operazioni rivolte prevalentemente all’industria chimica tali da causare una logica di scambio tra potere politico e potere economico tale da far fallire l’intero comparto: pensiamo ai casi Cefis e Rovelli, poi Gardini, ecc.).

Ovviamente erano anche i tempi del finanziamento ai partiti attraverso canali esteri legati alla logica dei grandi blocchi internazionali.

Successivamente il quadro dello scambio tra economia e politica si è allargato anche a livello e locale, allo scopo di costruire veri e propri sistemi di potere: pensiamo ai casi Biffi Gentili, a Torino e Teardo, in Liguria, che se analizzati opportunamente a tempo debito avrebbero consentito, probabilmente, di scoperchiare “Tangentopoli” con quindici anni di anticipo.

Tangentopoli”, ovviamente rappresenta il culmine del meccanismo del “rubare per il partito”, cui si era cercato di ovviare con il finanziamento pubblico (1974, promotore Ugo La Malfa, occasione: il primo scandalo dei petroli, tirato fuori da Brusco, Almerighi e Sansa genovesi “pretori d’assalto”).

Lo stringersi del consociativismo, l’ingresso in campo della necessità di ricorrere ai grandi mezzi di comunicazione di massa (poniamo ancora una volta in rilievo il ruolo avuto dall’ingresso della televisione privata all’interno di questo meccanismo e del relativo affermarsi della pubblicità in quell’ambito, come maggior fonte di guadagno e di possibilità d’uso per il riciclaggio) rappresentarono le cause principali dell’estrinsecarsi di un fenomeno alla fine rivelatosi del tutto insopportabile.

Il rimedio a quello stato di cose si è rivelato peggiore del male: la crescita del tasso di personalizzazione della politica, lo sfrangiamento dei partiti, il fenomeno della globalizzazione crescente in economia (andiamo di corsa, anche se si tratta di fenomeni che meriterebbero ben altri livelli di analisi) hanno portato la logica di scambio tra politica ed economia a livelli di esasperazione mai raggiunti (si vedano, a questo proposito, le statistiche internazionali, in particolare quelle di Trasparency International) e nel clima da “basso impero” affermatosi strada facendo, hanno trasformato il meccanismo della tangente da “rubare per il partito”a “rubare per il singolo politico”; in un Paese dove il contrasto alla criminalità organizzata, nel Sud, si è via, via affievolito, fino a far sì che intere zone siano appannaggio delle malavita, ovviamente capace di accostarsi alla politica, eleggere propri deputati, sindaci, consiglieri comunali, regionali e provinciali come si legge dalle cronache di tutti i giorni (ecco un altro aspetto dello “stato duale” che non è preso, a nostro giudizio, nella giusta considerazione.

Mentre l’altro livello dello “stato occulto” quello del rapporto tra politico e poteri riservati è andato avanti con grande forza: dagli attentati del ’92 in avanti. Quello che conta di più è il peso che il livello del rapporto tra istituzioni, potere politico, economia ha avuto nel momento della “grande crisi” determinando assetti, logiche di intervento, dinamiche di impresa, scegliendo collocazioni, esternalizzazioni, scelte determinanti a livello di modello di sviluppo).

Adesso ci troviamo già in un terzo stadio, ancora più difficile da affrontare, e recentemente posto all’attenzione grazie a studi accurati ed esemplari: ne ha parlato, recentemente, sulle colonne del “Manifesto”, il professor Alberto Vannucci ed è alle sue analisi che facciamo riferimento, cercando anche di allargare un poco il tiro e di vedere anche il livello locale del fenomeno ( si tentò di far questo, ripetiamo, quindici anni in precedenza a Tangentopoli: chi si misurò con il problema fu ritenuto, più o meno un visionario che si stava occupando di una “macchia nera su di un vestito bianco”).

La nuova forma nell’intreccio tra questione morale e questione politica, che lo rende più insidioso, meno visibile e più difficilmente affrontabile risiede nell’insediamento stabile, a tutti i livelli, del “conflitto di interessi”.

Naturalmente abbiamo tutti di fronte il gigantesco esempio di conflitto di interessi che risiede a Palazzo Chigi e che rappresenta, davvero, “la madre di tutte le battaglie” a questo proposito, al riguardo del quale rimane sospeso sempre l’interrogativo del mancato affrontamento (azzarderemmo un’ipotesi: non è che sui canali Mediaset, alla fine, c’è sempre stato posto per tutti e rinunciare a tribune del genere, o alla possibilità di sbocchi per il proprio “generone” circostante fatto di clientele di diverso livello, non sia poi così semplice?).

In ogni caso appare evidente come all’ombra della trave di Palazzo Chigi siano sorte qua e là pagliuzze di una certa consistenza: tanto da consentirci di affermare come si sia di fronte ad una nuova fase di questo eterno fenomeno.

Tentiamo, allora, una interpretazione possibile, anche se parziale, di questo nuovo sviluppo del tema, partendo dall’allargamento dei termini nelle incompatibilità, a tutti i livelli.

Fino a qualche anno fa la possibilità di candidarsi era limitata dalla legge in una certa dimensione: adesso è praticamente saltato tutto, e sono possibili situazioni del tutto impensabili.

Ministri che fanno l’assessore, Sindaci che fanno i deputati, Consiglieri Regionali che occupano seggi in Parlamento per mesi prima di sciogliere il nodo dell’opzione; ma è nel rapporto tra pubblico e privato che si notano i fenomeni di maggior peso, in particolare rispetto alle presenze nei consigli di Amministrazione creati dal regime privatistico assunto dalle ex-municipalizzate e soggetti limitrofi.

Inoltre sembrano molto vaghe le indicazioni di professionalità richieste per ricoprire incarichi pubblici, di nomina ministeriale ad esempio su indicazione regionale, e sono sempre più frequenti i casi di evidente “familismo amorale”(per dirla con Banfield).

Nella sostanza ravvisiamo quattro aspetti : quello del rapporto tra politico e istituzionale (abbiamo casi a nostro giudizio di incompatibilità oggettiva, anche ad alto livello sul piano nazionale); quello del rapporto tra istituzionale e settore pubblico dell’economia ( eletti nelle istituzioni che siedono in consigli d’amministrazione di svariato tipo, in particolare di quelli -appunto – dell’ex-settore pubblico, oppure del sistema bancario a controllo e finalità pubblica); quello del rapporto tra istituzionale e settore privato dell’economia (anche qui si tratta di consigli d’amministrazione); quello del rapporto tra settore economico pubblico e settore economico privato (questi casi sono molto numerosi, in particolare in sede locale.

Osserviamo la realtà che abbiamo geograficamente più vicina, quella della Liguria, e ci pare che alcuni casi siano del tutto macroscopici, per di più in certi frangenti interpretati da personaggi passati senza soluzione di continuità da ruoli istituzionali, a ruoli nell’economia pubblica e in quella privata).

Concludiamo, per comprenderci al meglio, con le parole del professor Vannucci che prendiamo a prestito perché ci pare che inquadrino al meglio il nuovo fenomeno che chiederemmo a chi ne è capace di analizzare e denunciare al meglio: “ …Il conflitto d’interessi diventa una corruzione che si smaterializza, e risulta impalpabile. Perché nelle decisioni prese in conflitto d’interesse non c’è più uno scambio visibile tra corrotto e corruttore, non ci sono più tangenti che passano di tasca in tasca. E’ come se corrotto e corruttore coincidessero nella medesima persona, dunque non è necessario alcun passaggio di denaro tra i due..”.

Salta all’occhio, ovviamente, il rapporto tra decisioni governative e bilancio Mediaset ( pensiamo alla vicenda Mondadori); ma il fenomeno, come quello della personalizzazione della politica cui è strettamente legato è assai esteso e riguarda decisioni di Sindaci, Presidenti, Consigli d’amministrazione in tutti gli angoli del Bel Paese (o di quello che fu il Bel Paese).

Savona, novembre 2010                                                               Franco Astengo

 

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