Pietà l’è morta fra attentati e terrorismo di Stato

Pietà, umanità, liberalità sono parole e concetti romani, travisati e deformati nell’Europa cristiana e faticosamente recuperati nella nostra cultura. Sono un patrimonio di quella stessa Roma  che puniva il parricida in modo efferato e crocifiggeva il servo che aveva ucciso il padrone:  entrambi  considerati fuori dal perimetro della società e una minaccia alle sue stesse basi.  Come tali non erano  loro applicabili criteri e valori propri della società  civile, quelli  che impongono di rispecchiarsi nell’altro e di ritrovarvi la comune umanità, di rispettare la natura e soffrire anche per un albero indebitamente abbattuto, di tutelare la fauna che popola il pianeta e di adoperarsi per una non sempre facile convivenza,  di evitare inutili sofferenze agli stessi animali di cui ci nutriamo. Nessuna empatia con chi in quei criteri  e valori non si riconosce.

Paolo Mieli.     https://www.liberoquotidiano.it/

Un principio che sfugge  a tanta parte manipolata dell’opinione pubblica né ai suoi  interessati manipolatori, come, tanto per fare un esempio, Mieli, l’ex direttore del Corriere, che pure è  forse la migliore penna che possa vantare il giornalismo italiano. Mieli che si dichiara indignato per il trattamento riservato ai quattro terroristi di Mosca prontamente catturati da quella che a detta dei media occidentali è la più scalcinata organizzazione per la sicurezza nazionale. Doppiamente indignato Mieli perché i nostri media non  trasmettono la medesima indignazione e nei social si fa il tifo per i torturatori. È lo stesso Mieli che all’indomani del 7 ottobre aveva dichiarato sconsolato che il lutto e la solidarietà  per le vittime, trattandosi  di ebrei,  sarebbero durati lo spazio di un mattino. E non aveva torto: Hamas si è accreditato come soggetto politico con cui trattare e contrattare mentre le piazze di tutto l’Occidente si sono sollevate contro Israele confondendo vittime e carnefici. Si è colpevolmente dimenticato che gli autori del massacro  hanno infierito senza pietà su vittime innocenti  e che Israele non ha, come dicono ipocritamente i suoi falsi amici, diritto alla propria difesa ma alla vendetta.

Gaza         https://www.ilfattoquotidiano.it

Che purtroppo il governo israeliano non ha saputo mettere in atto con  l’immediatezza e la decisione necessarie cercando poi di coprire la propria inadeguatezza sulla pelle della popolazione di Gaza e facendo di tutto per allargare il conflitto: incapace di distruggere Hamas ha violato la sovranità degli Stati limitrofi ed è arrivato al punto di lanciare un missile contro l’ambasciata iraniana a Damasco.  Ora chiunque abbia la mente sgombra  e veda le cose in modo spregiudicato  non può non riconoscere che il crimine di Hamas non deve essere in alcun modo  giustificato nemmeno mettendo in conto il contesto di sopraffazione, marginalità, precarietà in cui il popolo palestinese è condannato a vivere. Ma il diritto alla vendetta di Israele non ha nulla a che vedere con la violazione del diritto internazionale e col ricorso al terrorismo: cose che possono generare il sospetto atroce che il massacro del 7 ottobre sia il pretesto per costringere l’Iran, l’Irak e la Siria ad una reazione che il governo Usa probabilmente aspetta con ansia per mettere a ferro e fuoco il medio oriente e scompaginare il sistema di alleanze che fanno capo a Russia e Cina. E questo sospetto rende evidente il fil rouge che unisce il conflitto russo-ucraino con quello israelo-palestinese.

I 4 terroristi della strage in Russia        https://www.open.online/

Peggio di Hamas sono i quattro  spietati figuri che hanno mitragliato gli inermi spettatori del teatro moscovita andandoli a scovare anche sotto i sedili;  sfuggono  ad ogni possibilità di comprensione, è impossibile categorizzarli, non sono neppure bestie, perché le bestie agiscono per come sono programmate ad agire, per necessità, per la propria sopravvivenza. Il teatro moscovita non era un campo di battaglia, dove gli uomini sono ridotti a bersagli e guai vedere nel nemico il proprio simile. Questi sono come bambini che danno fuoco a un formicaio e si divertono a sentire friggere le formiche e se sono incapaci di distinguere le persone dagli insetti sono estranei al consorzio umano e non si venga a parlare di tribunali, avvocati e codice penale, tutte cose interne alla comunità umana dalla quale si sono esclusi.. E se è vero che solo un sadico può  legittimare la tortura  per estorcere confessioni  questo non vale  quando non ci sono esseri umani  ma macchine assassine ed è perfettamente legittimo ottenerne con ogni mezzo la rivelazione di tutto quello che sanno per poter risalire  ai loro mandanti e manovratori.  E non si venga a dire che i governo ucraino è al di sopra di ogni sospetto.   Alla  Tv nazionale  il consigliere  di Zelensky  Mikailo Podolyak  è uscito con questa affermazione involontariamente umoristica:  “Non siamo uno stato criminale, a differenza della Russia, e sicuramente non uno stato terrorista”. Gli scolastici dicevano: “excusatio non petita accusatio manifesta” e la formula si attaglia perfettamente  all’Ucraina, al cui cospetto il Cile di Pinochet diventa un modello di democrazia liberale.

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Sembra che lo scopo principale dell’informazione sia quello di far passare per normale ciò che normale non è, come l’omicidio mirato al quale ci hanno abituati gli americani – come se uccidendo il capo l’organizzazione dovesse  crollare – e che è diventato una specialità ucraina, prima e dopo l’inizio dell’operazione russa. Gli ucraini hanno copiato la ricetta ma vi hanno aggiunto una variante: negare e incolpare il nemico, assecondati dai governi e dalla stampa occidentali. Giusto un anno quando fu assassinato Tatarsky i media italiani si fecero subito in quattro per evitare l’impatto psicologico che sull’opinione pubblica avrebbe avuto la nuda notizia: “i servizi ucraini hanno portato a termine un attentato dinamitardo in un bar di San Pietroburgo per eliminare un giornalista russo che aveva combattuto con i separatisti del Donbass”. La velina di regime imponeva che si alzasse un po’ di polverone, che si ricordasse che il blogger russo aveva criticato l’operato dei vertici militari russi suggerendo così che i colpevoli dovessero essere cercati in quella direzione. Niente di nuovo: il 20 agosto del 2022 era saltata per aria la figlia del filosofo Dugin e mancò poco che i nostri opinionisti ventilassero l’ipotesi che si fosse suicidata. In entrambi i casi la matrice ucraina era evidente ma non si poteva dire.  Il settembre del 22 il gasdotto nord stream viene sabotato e si interrompe la fornitura di gas  dalla Russia facendone schizzare il prezzo alle stelle. Il governo ucraino prontamente accusa i russi del misfatto e i  media europei parlano di un giallo insolubile. Ci sono voluti gli americani – la stampa americana, ovviamente, non il governo – per produrre le prove che inchiodano l’Ucraina.  Il primo attentato ucraino al ponte di Kerch causò la morte di due coniugi che si dirigevano in Crimea per una vacanza con la figlia quattordicenne.  Una notizia scomoda perché contrastante con la narrazione ufficiale di una nazione aggredita che si stava difendendo disperatamente: i nostri docili opinion maker si prestano allora a fare da cassa di risonanza della propaganda ucraina: “non siamo stati noi, è Putin che ci vuole mettere in cattiva luce”. E anche allora fu la stampa americana a incolpare i servizi segreti ucraini. I nostri media invece si sono specializzati nella reticenza e nei sottintesi: viene bombardata l’area della maggiore centrale nucleare ucraina controllata dai russi e si dà a intendere che siano i russi a spararsi sui piedi; crollano sotto i colpi di mortaio scuole e ospedali nel Donbass ma non si dice che accade all’interno delle repubbliche separatiste filorusse. Poi a rompere le uova nel paniere ci pensa il generale ucraino: “Ufficialmente, non lo ammetteremo ma posso offrire alcuni dettagli”. Parole del generale Vasyl Malyuk del Servizio di Sicurezza ucraino Sbu, che rivela una campagna di omicidi ai danni  di cittadini ucraini che collaboravano con il Cremlino nei territori occupati dai russi.“Troppi ucraini collaborano con Russia”, dice il generale, “moltissimi li abbiamo trovati ed uccisi, anche in Russia” . E tra i bersagli cita proprio Vladlen Tatarsky e  Aleksandr Dugin, salvatosi per lo scambio d’auto con la figlia.

Israele e l’Ucraina:  due realtà  diverse se non addirittura opposte ma che stanno rivelando insospettabili affinità: strumenti entrambe della politica estera americana che gioca con la minaccia della terza guerra mondiale e ugualmente impegnate a guadagnarsi  quel titolo di Stato canaglia e terrorista che negli ultimi decenni l’Occidente ha distribuito con disinvoltura a dritta e manca.

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