NON AVETE CAPITO: E’ PUTIN CHE SI DIFENDE DALL’ATTACCO UCRAINO E NON VICEVERSA

Questa, gratta gratta, è la tesi, più o meno in buona fede, dei filorussi in generale e di quelli italiani in particolare, alcuni dei quali ho menzionato nel mio articolo di domenica scorsa su questa stessa rivista online intitolato “Quando la fiction supera la realtà” [VEDI]. E il paradosso è che, se le truppe mercenarie ingaggiate da Putin mandate in soccorso dei giovani e inesperti, oltre che poco motivati, militari russi di leva, continuano ad arretrare, abbandonando le postazioni conquistate finora, la tesi dei filorussi  rischia di  venire confermata sul campo di battaglia. Mentre scrivo, il porto di Mariupol resiste all’assedio dei mercenari ceceni o siriani che siano e più la ridotta dei difensori ucraini resiste, più vacilla la strategia di Putin. Intanto la guerra mediatica parallela tra filorussi e filoucraini continua senza esclusione di colpi anche da noi.

Il porto di Mariupol

Gli uni (i filorussi) imputano agli altri (i filoucraini, ma sarebbe forse più corretto definirli filooccidentali) di essersi intruppati nel cosiddetto pensiero unico dominante e di considerare il presidente russo, come scrive Francesco Borgonovo – noto pasdaran prima dei no vax, no mask e no pass e ora, guarda caso, dei filorussi italici – nientemeno che  “l’incarnazione più feroce e visibile del Male  sulla Terra, un prisma di malignità demoniaca. Di fronte a tanto orrore, le mezze misure e le riflessioni non sono più concesse: o lo si odia o si è dalla sua parte. Come ha scritto ieri Massimo Recalcati (su La Stampa, parentesi mia) citando (probabilmente a sproposito, parentesi di Borgonovo) Pier Paolo Pasolini, le ‘anime belle del cazzo’ devono rendersi conto che non è il momento delle sottigliezze e della ricerca della verità. Bisogna , in sostanza, sacrificare ogni lucidità alla lotta contro il mostro di Mosca”. ( La Verità dell’11 aprile 2022).

Ecco, questo brano esemplifica come meglio non si potrebbe l’atteggiamento “lucido” ed “equanime” dei cosiddetti “giustificazionisti” filo Putin liberamente scriventi  e frequentanti i salotti televisivi più seguiti, pur lamentandosi di essere discriminati dai “giornaloni” e dai media “di regime” (e si inalberano pure quando qualcuno fa loro presente che se, a parti invertite, osassero criticare la politica dell’autocrate russo in Russia, di loro si sarebbero già perse le tracce), atteggiamento nemmeno, come si potrebbe immaginare, ristretto a quei pochi e impavidi bastiancontrari  immancabili nel dibattito pubblico (e nelle discussioni al bar sotto casa) e, in fondo, benemeriti sotto il profilo della libertà di pensiero e di opinione (oltre che dell’audience televisiva),  forse meno sotto il profilo dell’etica professionale, ma assai diffuso nell’opinione pubblica soprattutto italiana, tanto da rappresentare un fenomeno psicosociale degno di essere esaminato con gli strumenti, appunto, della sociologia e della psicologia delle masse, che hanno cominciato a studiare il fenomeno rappresentato dai cosiddetti “putitaliani”: “Un popolo di santi, poeti, navigatori e…’putitaliani’. Ovvero il nuovo tipo antropologico dei fan e simpatizzanti del dittatore di Mosca che, con questi numeri spropositati, costituisce un unicum nel panorama occidentale.

Non c’è, difatti, nessun altro Paese europeo nel quale le sirene propagandistiche putiniane abbiano trovato un esercito così numeroso di orecchie pronte a ripetere le ‘ragioni’ dell’aggressore. Oppure ad addurre tutta una serie di strumentali chiamata di correità dell’Occidente e di irricevibili ‘giustificazioni’ dell’operato del Cremlino (che continua senza sosta a macchiarsi di crimini di guerra). Si tratta, pur parafrasando Lenin (pure lui espulsi dal pantheon putiniano del ‘Russky  Mir) – del giustificazionismo malattia senile del populismo. Ed è precisamente l’Italia  laboratorio populista di spicco in seno all’Unione europea – insieme alla capillarità della rete filo Putin e ai molteplici business made (patria) in Russia (visibili od occulti) sul territorio nazionale – a spiegare questa singolarità. Un ex Belpaese pieno di putiliani, insomma di populismo, con il culto dell’uomo forte, l’attrazione per la volontà di potenza e il fastidio nei confronti delle libertà e dei diritti rappresenta il brodo di cultura perfetto delle simpatie per gli autocrati. E nel lungo inverno pandemico del nostro scontento, abbiamo visto la spinta populista in difficoltà riciclarsi sotto forma di antivaccinismo e ostilità verso le regole sanitarie. Adesso è arrivata la ‘quadratura del cerchio’, la sintesi definitiva tra no-Pass e putinismo, come nella manifestazione di sabato scorso del gruppo Modena libera, con un paio di partecipanti che esibivano il simbolo della ‘Z’. Così tutto si tiene nell’isterico catalogo delle poche e confusissime (oltre che spesso in malafede idee dell’arcipelago no vax, dove nei mesi passati si è usurpata la stella gialla dei deportati e ora qualcuno ostenta la ‘nuova svastica’ del militarismo russo che sta perpetrando l’eccidio degli ucraini” (Massimiliano Panarari, La Stampa del 6 / 04 / 2022).

Edith Bruck

Giusta argomentazione, ma solo agli occhi di un filoucraino, cioè di un filo Occidente. Ora provo ad  assumere il punto di vista  di un putitaliano che abbia appena finito di leggere questo brano, ai suoi occhi, penso, irricevibile. Perché irricevibile? Intanto per quella fastidiosa aria di superiorità nei confronti di chi non si lascia imbonire dalla martellante  propaganda dei media di regime obbedienti agli interessi degli Stati uniti ma, ragionando con la propria testa, cerca di capire i motivi che hanno determinato Vladimir Putin a porre in atto l’operazione militare speciale che noi vediamo soltanto attraverso le fonti ucraine, le quali, essendo parte in causa, ci lasciano vedere solo quello che fa comodo a Zelensky e alla Nato. Poi bisognerebbe rispettare, una volta tanto, la verità dei fatti: le ostilità contro la Russia sono cominciate ben prima del 24 febbraio 2022, precisamente nel 2014,  quando gli ucraini del Donbass hanno cominciato la loro pulizia etnica contro la popolazione filorussa che abitava in quella regione; quindi Putin ha pazientato e sopportato fin troppo prima di correre in aiuto dei cittadini russofoni che reclamavano la loro indipendenza dall’Ucraina. In terzo, ma anche in primo, luogo, la Russia aveva o non aveva il sacrosanto diritto di difendersi dal pericolo di  una  invasione della Nato sul suo territorio? Solo per gli ucraini vale il diritto all’autodifesa? In terzo luogo, è vero o non è vero che gli ucraini aspiravano e aspirano tuttora a entrare nell’Unione europea, portando così la corrotta e declinante liberaldemocrazia occidentale e lo Stato di Diritto a lambire i confini della santa madre Russia? Se non bastano queste motivazioni a giustificare un’operazione militare speciale a difesa dei propri confini e della propria Patria, ditemi voi che cos’altro ci vuole per capire le ragioni di Putin!

Vito Mancuso

Sennonché, putiliani o non putiliani, sta di fatto che questa nuova  orrenda guerra civile europea sembra non lasciare spazio alle ragioni di chi  non se la sente di mettersi, come si dice, l’elmetto, e di combattere (mediaticamente, sia chiaro!) con gli ucraini contro i russi o con i russi contro gli ucraini, in considerazione del fatto che sia gli uni che gli altri non sono esenti dalle responsabilità  che hanno portato a questa nuova  guerra civile europea. Già, ma ci sono delle situazioni in cui non si può non prendere posizione, e la guerra è una di queste. Alla domanda “Ma alcuni sostengono che armare i resistenti in Ucraina significa aumentare e prolungare morte e sofferenza” postagli della giornalista di Repubblica Antonella Guerrera, lo scrittore spagnolo Javier Cercas così risponde: “La guerra è una cosa orrenda. Ma hai solo due opzioni: o ti difendi o ti uccidono. Per gli ucraini o diventano schiavi o restano liberi. La politica del non intervento in una guerra spesso ti pone dalla parte del più forte, dell’aggressore, del boia”. Ed è esattamente per questo che la scrittrice ebrea Edith Bruck e la senatrice a vita e anch’essa scrittrice  Liliana Segre, entrambe sopravvissute alla Shoah, non riescono a concepire come si possa rimanere equidistanti di fronte all’orrore che vediamo ogni giorno sui nostri schemi televisivi. Ed è esattamente per questo che il teologo Vito Macuso ci ricorda che “Tommaso Moro e Tommaso Campanella, che pagarono di persona la fedeltà ai loro ideali, non ritennero di poter abolire le armi e gli eserciti neppure immaginando la società ideale. Essi ci insegnano ancora oggi che la spesa per migliorare la nostra difesa non è una ‘pazzia’ ma una dolorosa nonché doverosa necessità” (La Stampa, 28 / 03 /2022). Ma per i putiniali non c’è argomento che tenga di fronte all’evidenza delle mistificazioni messe in atto dagli Usa e della Nato a uso della stampa e della televisione italiana ed europea. Si veda, a riprova, l’articolo “La cartina di tornasole. Amerika uber alles”, di Pierfranco Lisorini su “Trucioli savonesi” del 10 aprile 2022. Leggere per credere.
Fulvio Sguerso

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