Non al modo di Procuste

Come voleva la Legge di Mosè, anche Gesù al pari di ogni bambino maschio, dopo 40 giorni dalla nascita venne portato al Tempio dove avverrà la sua “Presentazione” a Jahweh e si compirà la purificazione di Maria.

Infatti secondo Esodo 13,2, il figlio primogenito apparteneva a Jahveh, e perciò dopo averglielo presentato e offerto, bisognava riscattarlo con una oblazione, e bisognava inoltre ( Levitico 12, 1-4 ) che la madre si purificasse, poiché partorire un maschio implicava un’impurità di 40 giorni. Era l’effusione di sangue legata al parto a richiedere, secondo le prescrizioni della Torah, la purificazione.

Ma a questo punto sorge una domanda: se Maria era vergine ( ricordiamo che secondo la formula cattolica stabilita dal Concilio lateranense del 649, lo è prima, durante e dopo la nascita di Gesù ) e dunque non può esservi stata effusione di sangue, da che cosa doveva purificarsi?

Naturalmente l’incongruenza non è sfuggita agli esegeti, che ne hanno dato diverse spiegazioni. Chi sostenendo che Maria lo ha fatto per obbedire alla tradizione del suo popolo; chi perché noi fossimo liberati dal timore della legge, cioè dalla osservanza della medesima, alla quale si ottemperava solo per paura; chi, come papa Pio X nel suo Catechismo, “per darci esempio di umiltà e di obbedienza alla legge di Dio” .

Insomma, si trattava di non lasciare una falla molto pericolosa per la fede cattolica, con l’inevitabile rischio di far venir meno la logica di molti dogmi, e prima di tutto ovviamente di quello relativo alla verginità di una donna della quale al capitolo 1, 35, l’evangelista Luca scrive, riferendo le parole dell’angelo Gabriele: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”. Una donna che pertanto doveva essere vergine e, secondo la terminologia biblica, non aver conosciuto uomo.

A questo scottante problema si è cercato di dare una spiegazione purchessia. L’importante era evitare effetti-domino che avrebbero inevitabilmente messo in crisi l’intero corpus teologico. Non si disponeva però di un appiglio certo al quale aggrapparsi. Forse è per questo che papa Pio X inserisce la sua interpretazione nel cosiddetto Catechismo Maggiore, mirando a darle così un crisma di verità.

Con grande onestà intellettuale papa Ratzinger evita invece, senza lanciarsi in settaggi di nessuna oggettività e riscontro, di plasmare l’episodio sul credo cattolico ( nonostante egli sia stato il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede! ). Non si perita, cioè, di comportarsi come il bandito Procuste si comportava con i viandanti rapiti, ossia adattandoli con violenza alla dimensione del suo letto: tagliava loro le gambe se troppo alti, o incrementava la loro statura stirandoli se troppo bassi. Anzi, ammette che una risposta convincente non  è stata ancora trovata dall’esegesi moderna, sebbene una via d’uscita esista, e stia nel totale abbandono all’idea di come niente sia impossibile a Dio.

Cosa però, quest’ultima, che al di là dell’onestà intellettuale, se soggettivamente può risolvere tutto, oggettivamente non risolve nulla.

Fulvio Baldoino

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