MONETA-TASSE-AMBIENTE

Oggi cercherò di fare qualche “ragionamento ad alta voce” sui complessi rapporti che intercorrono tra queste tre voci. Rapporti che il grande pubblico non coglie, esposto com’è alle notizie dei grandi media, e frastornato dal fiume di affermazioni che arrivano dal web, più o meno fondate. Qui non indosserò la veste del docente, poiché non ho una laurea in Economia, ma mi affiderò alla logica più elementare, partendo da dati ufficiali, evitando così i sospetti di “complottismo”.

Come si vede, i Governi sono alla pari degli altri debitori, privati. Eppure, la contabilità di uno Stato dovrebbe essere radicalmente diversa da quella di famiglie e imprese. Queste ultime devono prima guadagnare (o indebitarsi) e poi spendere; al contrario dello Stato, che prima spende e poi incassa, tassando. [VEDI]

Comincerò con la mole del debito pubblico e privato mondiale, che viaggia sui $ 300 trilioni, ossia 300.000 miliardi di dollari, [VEDI] circa 3 volte e mezzo il PIL mondiale. Come dire che tutti i redditi di tutti i cittadini del mondo dovrebbero tornare ai creditori per almeno 3 anni e mezzo. Nel frattempo, saremmo tutti alla fame. Ovvio che questa soluzione sia puramente teorica, perché impraticabile. Poniamoci allora qualche domanda, da “non addetti ai lavori”.
Quando la banca ci concede un mutuo o un finanziamento, è ormai assodato, e riconosciuto dalle banche stesse, che non lo fa svolgendo il compito che le è concesso per Statuto, facendo da intermediario tra correntisti e mutuatari, bensì creandoli dal nulla, ex nihilo. Oltre i 9/10 del denaro circolante nasce in questo modo, peraltro non riconosciuto dalla legge, ma solo dalla consuetudine, radicatasi senza fanfare, “sottobanco”; mentre il restante è composto da banconote (private, della BCE) e monete metalliche (pubbliche, dello Stato): uniche valute legali.

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Ciò detto, è chiaro che, se i mutui contratti dovessero venir resi a breve, il mutuatario diverrebbe ipso facto insolvente. Per questo motivo la restituzione dei prestiti bancari viene spalmata sugli anni, ma gravata di interessi. Questa prassi, basata sulla fiducia della banca verso il cliente, ha via via soppiantato il precedente sistema diretto tra fornitore di beni e servizi e l’acquirente mediante l’emissione di tratte o cambiali.
Quando un mutuatario chiede un mutuo per l’acquisto di un bene, come un’automobile o una casa, si priva subito di quei soldi, che cominceranno a circolare, con un corrispondente aumento del Pil, ossia della produzione di ricchezza. In seguito, ripagherà quel debito nel corso degli anni, togliendoli dal circuito degli interscambi commerciali. Tale prelievo è però compensato, a livello aggregato, da nuovi prestiti, che si susseguono anno dopo anno, oscillando tra volumi maggiori o minori a seconda che ci sia crescita o decrescita della produzione di beni e servizi.
Man mano che i debitori ripagano le banche, quei soldi escono dal circuito commerciale ed entrano nel patrimonio bancario. Con tale procedura, la banca accumulerebbe, anno dopo anno, un’enorme massa di soldi, sui quali dovrebbe pagare le tasse, in misura tale che verrebbe meno la necessità di tassare cittadini e imprese. Questo sarebbe un evidente paradosso; e infatti le banche affermano di “nullificare”, insomma di distruggere i soldi che vengono loro resi. Qualcuno avanza seri dubbi che in effetti le banche siano proprio così ligie a questa versione, cedendo magari alla tentazione di distruggerne solo una parte e convogliare il rimanente verso altri lidi. Ma questa è un’illazione da “complottisti”, mentre ho detto di volermi qui attenere alle enunciazioni ufficiali.
Avanzo tuttavia un’obbiezione: se il mutuo, per esempio di una casa, non viene onorato e la banca la pignora, diventandone proprietaria a tutti gli effetti, quel bene non è più “nullificabile”, poiché è il bene fisico scaturito dall’originaria emissione di moneta dal nulla.
Una premessa: nella contabilità bancaria, il denaro prestato, pur essendo nato dal nulla, non viene computato come reddito, pur essendolo a tutti gli effetti; e quando i soldi prestati rientrano in cassa, vengono compensati fiscalmente con quelli prestati e non sono quindi tassati. La cosa sarebbe corretta se in effetti i soldi resi venissero distrutti, anche se, come già detto, ci sono leciti dubbi che ciò avvenga in toto. Nell’esempio da me appena citato, però, la casa pignorata è frutto di denaro creato ex nihilo e quindi andrebbe tassata. Ma così non è. Quindi tutti i pignoramenti bancari sono (illegalmente) esentasse. Se mi sbagliassi, sono aperto a documentate contestazioni. Contestualmente, i soldi non resi rimangono nel circuito, accrescendo la massa monetaria (M3), senza una corrispondente produzione di ricchezza, in quanto la casa è entrata in possesso della banca, la quale potrebbe rivenderla accendendo un nuovo mutuo e aggiungendo quindi nuova moneta a quella già in circolo, creando un corrispondente effetto inflativo.

Come è evidente dal grafico, negli ultimi due anni, causa Covid e guerra in Ucraina, c’è stato un massiccio debordamento dal consueto budget dello Stato, con un abnorme incremento del debito. Inoltre, le nuove emissioni sono gravate da interessi ben lontani dallo 0, degli anni fino al 2019, con ripercussioni negative sulle scadenze nei prossimi anni [VEDI], nonché sugli interessi pagati dai privati sui mutui, sottraendo così ricchezza a favore delle banche

Passiamo adesso al debito pubblico. Nel sistema vigente, lo Stato ha abdicato alla sua funzione primaria di emissione monetaria, facendo fronte alla proprie esigenze di spesa accendendo prestiti sui mercati finanziari tramite l’emissione di obbligazioni, con un interesse inversamente proporzionale alle aspettative della sua solvibilità: BOT, CCT et sim. A differenza dei prestiti a privati, quelli fatti ad uno Stato non vengono mai in pratica ripagati, in quando ad ogni scadenza il debito viene ripagato con nuove equipollenti emissioni obbligazionarie. Il debito pubblico italiano si è venuto formando a causa degli interessi accumulati negli anni e/o di spese eccessive, coperte con ulteriori emissioni obbligazionarie. [VEDI]
Di qui sorge una domanda, più che legittima: se lo Stato diventa debitore in questo sistema monetario, e sarebbe invece “virtuoso”, se non ci fossero interessi, per quale motivo non stampa la propria moneta, senza chiedere prestiti a terzi, ossia ai famigerati “mercati”? Restando nell’attuale situazione, ogni Stato (non solo quello italiano) è esposto ai ricatti di coloro ai quali si rivolge per ottenere prestiti, in particolare le grandi banche internazionali. Si ha quindi un riflesso politico, nel senso che lo Stato non è più libero di decidere, non solo in campo economico, ma neppure in tanti altri campi, come quando ad esempio deve scegliere quali posizioni prendere, avallare o contrastare a livello internazionale. Che senso ha che uno Stato riceva una pagella dalle società di rating, che sono parte integrante dell’attuale sistema monetario, con ciò determinando i tassi di interesse che esso deve pagare per ottenere un prestito e mettendolo in condizioni di sudditanza nei confronti dei suoi grandi creditori?

Come si vede, anche i padroni della finanza e quindi del mondo, gli USA, quanto a debito pubblico, volano in alto: $ 31,4 trilioni. Contro i € 2,67 trilioni dell’Italia [VEDI]. Gli USA si sono dati in passato un “tetto” del debito, invalicabile. [VEDI] In questi giorni è in atto un serrato scontro tra repubblicani e democratici per fare, come già in passato, un rialzo del tetto. Da notare che in Italia nessun tetto al debito pubblico è mai stato fissato

Secondo gli attuali criteri, la politica ha ceduto lo scettro alla finanza; e potrebbe riacquistarlo solo decidendo di instaurare la propria sovranità monetaria. Allora, perché non lo fa, neanche ora che il governo è in mano alle destre, che solo in anni recenti hanno agitato il problema, sia pure in termini fuorvianti: euro sì o no?
Da quanto sopra, spero di aver reso chiaro che non è questo il punto, bensì la proprietà privata della moneta invece che di emissione statale.

Sarebbe bello vivere senza più tasse. Purtroppo, sono ineliminabili del tutto in qualsivoglia sistema monetario, a causa della loro funzione calmierante sulle spinte inflazionistiche che divamperebbero in loro assenza. Oltre ovviamente a finanziare parte delle spese dello Stato. Per eliminare le tasse bisognerebbe eliminare lo Stato…

C’è un articolo di qualche anno fa del Sole-24 Ore [VEDI] che titola “La cruda realtà della sovranità monetaria. Oltre le illusioni e le utopie”. L’articolo ha spunti di interesse, sia per la conferma della distruzione del denaro restituito alle banche, sia per l’affermazione che le tasse non possono sparire del tutto se fosse lo Stato a stampare moneta. Infatti, la nuova moneta, se emessa per pagare le opere pubbliche e i servizi di pubblica utilità, è servita per creare nuova ricchezza, e fa le veci delle corrispondenti tasse, che quindi vengono risparmiate. Diverso il discorso quando tale moneta serve ad es. per il funzionamento della macchina burocratica pubblica, per il mantenimento di immigrati clandestini nullafacenti, riparare disastri naturali o bonificare territori inquinati da società poi fallite, ecc. In casi simili, di cui ho solo fornito qualche esempio, i soldi spesi dovrebbero tornare all’erario mediante il prelievo fiscale. Ma, in ambedue i casi, virtuoso il primo e gravoso il secondo, con una importante differenza rispetto al sistema attuale: che non ci sarebbero più interessi, che erodono il monte monetario (M3). E, guarda caso, sono proprio gli interessi che negli anni sono stati preponderanti nel determinare il crescere dell’attuale debito pubblico (a fine 2022 pari a € 2.762 miliardi). Si tenga presente che sono proprio gli interessi che determinano l’erosione costante della moneta a disposizione di famiglie e imprese, in quanto sono “moneta extra”, improduttiva, una “tassa” in più, ad esclusivo vantaggio dei creditori, perlopiù banche.
Sia la resa dei prestiti alle banche che il pagamento delle tasse servono anche per togliere dalla circolazione un esubero di soldi che genererebbero un’inflazione galoppante. Quindi, se non vogliamo proprio far nostra l’espressione di Padoa Schioppa che “le tasse sono bellissime”, bisogna riconoscere che esse hanno la funzione di rimettere di anno in anno in circolo la moneta emessa senza corrispondente creazione di ricchezza, annullandone l’effetto inflativo; nonché di reprimere le spese nocive alla salute umana e dell’ambiente, come as es. il tabacco e la plastica monouso.   
In caso contrario, si verificherebbe un crescente esubero di soldi nelle tasche dei cittadini e delle imprese, con relativo boom economico, esattamente come negli anni della ricostruzione post-bellica.

Due dei tanti scheletri tossici lasciati dalla Montedison dagli anni ’60, a testimonianza che un certo sviluppo ha potuto avvenire grazie al disprezzo dell’ambiente. Hanno incrementato il Pil all’epoca rilasciando e sotterrando veleni; e l’assurdo è che lo incrementerebbero ancora oggi qualora venissero bonificati! In alto lo stabilimento di Bussi (Abruzzo) [VEDI]. In basso quello di Crotone [VEDI] Entrambi sono purtroppo la punta dell’iceberg del costo pagato dall’Italia per il boom   

Chi pagherebbe il prezzo di tutto questo novello sviluppo, vuoi per i prestiti eventualmente non ripagati alle banche, vuoi per l’emissione di moneta pubblica improduttiva, senza suo rientro all’erario? Abbiamo il suaccennato precedente, dagli anni ’60 in poi, e quindi la facile risposta: l’ambiente. L’effervescenza costruttiva, con collaterale crescita del Pil, sarà pure vista come un successo dal punto di vista economico, ma come una iattura sotto quello ambientale. Siamo così arrivati all’epilogo di questa filiera, da cui risulterebbe che le tasse possono persino rivelarsi amiche dell’ambiente, naturalmente se sono abbastanza eque da permettere sobri consumi, penalizzare gli sperperi e ridurre le emissioni inquinanti. Le odierne tasse sono ben lontane da questi obiettivi. E sono visti come zavorra gli adempimenti richiesti per ridurre l’impatto ecologico, ossia la “tassa naturale”, etichettata come “diseconomia esterna”; questo video può dare un’idea sul greenwashing delle imprese che si auto-assegnano la medaglia verde senza averne alcun titolo [VEDI]; mentre la recente disposizione UE, incoronante le auto elettriche [VEDI] è vista da molti come una caduta dalla padella nella brace.

Postscriptum: Domenica 19 p. v. alle ore 17, nella Saletta dei Padri Benedettini a Finalpia, terrò una conferenza con lo stesso titolo del presente articolo. Tutti sono invitatiMarco Giacinto Pellifroni   19 febbraio 2023

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