L’OCCIDENTE NON E’ UN PAS DE DEUX

Come è evidente a tutti, la guerra in corso (speriamo ancora per poco) tra Russia e Ucraina è anche una guerra ideologica tra regimi autocratici o teocratici e regimi liberaldemocratici; in altri termini, nella situazione attuale, tra l’ambizioso ma, come stiamo vedendo anche i questi giorni, incauto Vladimir Putin e l’intero Occidente, schieratosi  a difesa della resistenza ucraina.

Ma in guerra a combattere non ci sono soltanto gli schieramenti sul campo di battaglia, ci sono anche gli schieramenti delle rispettive propagande che incrociano le loro armi retoriche sui media cercando di persuadere l’opinione pubblica, gli uni delle buone ragioni dell’Occidente, gli altri del pensiero alternativo di Putin e dei suoi ideologi o mentori “ortodossi”. Vorrei fermare ora l’attenzione sui propagandisti filorussi occidentali il cui cavallo di battaglia, è il caso di dire, (preso di peso dalla propaganda del Cremlino), è la mancanza di valori ideali, morali e, ormai, anche religiosi della tanto sbandierata “civiltà occidentale”, solo al vil danaro intesa e alla supremazia geopolitica mondiale, costi quello che costi; a fronte della grande tradizione valoriale della Santa Madre Russia, patria di geni letterari assoluti come Puskin, Gogol, Dostoevskij, Tolstoj, Gorkij e Pasternak (per tacer degli altri, meno noti o ignorati dai sedicenti innamorati della letteratura russa). Un esempio di propaganda antioccidentale in Occidente lo troviamo, senza andar troppo lontano, proprio su questa stessa rivista online, nel lungo articolo di una firma, che ormai possiamo definire storica, di “Trucioli savonesi”, idest l’emerito professore livornese di filosofia Pierfranco Lisorini, intitolato (citando Lenin non ho capito perché) “Un passo avanti e due indietro: torna la Civiltà occidentale”.

Si tratta di un violento pamphlet che può essere considerato come un vero e proprio manifesto antioccidentale e anticristiano-cattolico; e si trattasse almeno di un manifesto credibile, pur nell’intento polemico, tanto sul piano storico quanto su quello ideologico,  ma quale credibilità può avere un testo  infarcito di affermazioni apodittiche e gratuite come la seguente: “Una civiltà incivile (quella occidentale) abbarbicata alle proprie origini, immobile per sua natura ma paradossalmente corroborata dall’altra più autentica civiltà, non dottrinaria – o, se si vuole, non ideologica – ma pragmatica, fondata sulla ragione e non su presunti valori, quella classica, greca e romana che si era sforzata di distruggere ma come un fiume carsico aveva continuato a scorrere sotto di sé”?

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Mi par di capire che il prof. Lisorini sarebbe favorevole alla sostituzione di una religione neopagana a quella cristiana, ormai decrepita e completamente secolarizzata; forse val la pena ricordargli che questa è un’idea già sostenuta dalla propaganda nazionalsocialista, sennonché ho il fondato sospetto  che questo riferimento storico non dispiaccia più di tanto all’emerito professore livornese di filosofia. Ma esaminiamo un po’ più da vicino la questione delle origini o delle “radici” della civiltà europea e quindi occidentale: come si fa a non ricordare in primo luogo un testo il cui incipit è un inno all’universalismo cristiano che dominava tutto il nostro continente dall’Alto al Basso Medioevo fino alla Riforma protestante? “Erano tempi belli, splendidi, quando l’Europa era un paese cristiano, quando un’unica cristianità abitava questa parte del mondo plasmato in modo umano, un unico grande interesse comune univa le più lontane province di questo ampio regno spirituale.
Senza grandi beni terreni un unico capo supremo guidava e univa le grandi forze politiche. Una corporazione numerosa, cui ognuno poteva accedere, dipendeva direttamente da lui, rispondeva ai suoi cenni e si impegnava con assiduità per consolidare il suo benefico potere. Ogni membro di codesta società veniva onorato dappertutto e se la gente ricorreva a lui per un conforto o un aiuto, per una protezione o un consiglio…anch’egli trovava presso i più potenti protezione rispetto e ascolto, e tutti si prendevano cura di questi uomini eletti, dotati di poteri straordinari, come e fossero figli del cielo…” (Novalis, Cristianità o Europa , 1799).  Al di là dell’evidente idealizzazione della Respublica Christiana che traspare dal testo del romantico Novalis, è un fatto che viaggiando per l’Europa (o anche senza muoversi dalla propria città o paese) è impossibile non imbattersi in qualche simbolo o traccia della presenza antica o attuale del cristianesimo in questa parte di mondo: croci, chiese, cappellette, campanili, statue di santi, abbazie,  cattedrali, opere d’arte sacra, edicole votive, la toponomastica stessa delle vie, delle piazze, dei paesi che spesso hanno nomi di santi o di significato cristiano. D’altra parte sappiamo che la storia del cristianesimo, malgrado il Vangelo, è stata anche una storia di guerre, di processi e di condanne al rogo di eretici o liberi pensatori, a cominciare dalla libera pensatrice grecoellenistica Ipazia.

Che faremo dunque? Bruceremo il Nuovo Testamento? Torneremo agli dei falsi e bugiardi? Manderemo al macero  la Civitas Dei di Agostino d’Ippona e la stessa Divina commedia ? Demoliremo le cattedrali di Amiens, di Chartres, di Colonia, di Orvieto, di Siena? Raderemo al suolo la Basilica di San Pietro e il colonnato del Bernini? E di San Francesco e di Santa Teresa d’Avila e di San Filippo Neri che cosa ne faremo? E del Giudizio universale della Sistina e della Messo di Requiem di Verdi e della Passione secondo Matteo di J. S. Bach, e del film capolavoro di Pier Paolo Pasolini: Il Vangelo secondo Matteo  che cosa ne sarà? Li cancelliamo anche dalla nostra memoria?  Riguardo alla    vexata quaestio delle origini cristiane, o meglio, giudaico- cristiane, della civiltà occidentale, parole chiare e definitive, a ma pare,  le ha scritte Umberto Eco in una “Bustina” su l’Espresso del 04/04/2007: “A parte il fatto che Gesù non era vikingo, non si può dimenticare il ruolo che ha avuto la Bibbia nello sviluppo della civiltà europea (a proposito, ho recentemente aderito a una petizione perché la Bibbia venga studiata nelle scuole; non si tratta di un fatto religioso, è che non si vede perché dei giovani debbano conoscere  Catullo e non Geremia, Priamo e non Salomone). Tuttavia proprio il fatto che a scuola si studino Priamo e Catullo ci ricorda che l’Europa nasce su radici che non sono soltanto giudaico-cristiane. A parte la storia dell’arte (che per il prof. Lisorini, sia detto tra parentesi, non esiste) o la funzione dell’immaginario mitologico in tutta la poesia europea, senza Platone e Aristotele non ci sarebbe stata neppure la teologia cristiana, non c’è bisogno di ricordare la presenza del diritto romano nelle istituzioni europee, e il latino che si vorrebbe reintrodurre nella messa l’hanno inventato i pagani ed è diventato cristiano solo per diritto ereditario. Ma forse queste cose si dimenticano perché le radici cristiane hanno una lobby potentissima che le sostiene, mentre quelle greco-romane interessano solo qualche professore di liceo”. Fine della trasmissione: questo significa dire pane al pane e vino al vino.

Novalis, Uberto Eco, Abraham Lincoln e Walt Whitman

 Va anche detto che il  discorso di Umberto Eco riguarda soprattutto le radici della civiltà europea mentre quelle americane richiederebbero un supplemento d’indagine su come si sono formate e popolate all’inizio le tredici colonie d’oltreoceano del Regno Unito,  una cosa però non può essere sottaciuta: prima della Grande Rivoluzione del 1789 in Francia c’è stata quella americana del 1765–1783, bellamente ignorata dal prof. Lisorini; e dire che gli storici concordano nel ritenere quella rivoluzione e la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776, i prodromi di quella francese e della Dichiarazione dell’uomo e del cittadino emanata a Versailles dall’Assemblea Nazionale rivoluzionaria il 26 agosto 1789, dalla quale deriveranno tutte le successive costituzioni repubblicane europee, compresa la nostra del 1948. E come si fa a non ricordare una figura come quella di Abraham Lincoln e della sua eroica battaglia per l’abolizione della schiavitù e il suo storico discorso di Gettysburg del 19 novembre 1863, nel pieno della guerra civile, per una vera democrazia emancipatrice di tutto il popolo senza più distinzioni di censo o di provenienza? Anche su questo il prof. Lisorini tace (evidentemente non ha mai letto la poesia di Walt Whitman “O capitano, mio capitano”), e anzi insiste nel negare che esista una civiltà occidentale: “Semplicemente e brutalmente (ah, ma allora se ne rende conto egli stesso del suo “dolce stil novo”!): non esiste una ‘civiltà occidentale’; esiste una tradizione cristiano-barbarica variamente declinata, contraddittoria, per certi versi più aperta o meno invasiva nel mondo cattolico, per altri nel mondo protestante, con incrostazioni superstiziose difficili da eliminare da una parte e dall’altra e presenti anche fra i non credenti, perché il laicismo occidentale è spesso inquinato da altre forme di ottuso ideologismo. Detto questo non c’è un campo in cui l’occidente possa dare legittimamente lezioni agli altri popoli della terra…”. Difficile immaginare una requisitoria antioccidentale più generalizzata e al tempo stesso più generica di questa: non viene citato un autore, uno storico, un filosofo, un politico, un opinionista, uno scrittore, un artista (ah, dimenticavo: per il prof. Lisorini l’arte non esiste), un teologo, uno scienziato occidentale, niente: tutto l’Occidente sprofonda nel suo vuoto valoriale e non si salva nessuno. Naturalmente eccezion fatta per il prof. Pierfranco Lisorini.

Fulvio Sguerso

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