Lo chef Giuseppe Ricchebuono e le sue ricette di vita

Lo chef Giuseppe Ricchebuono
e le sue ricette di vita

Intervista a tutto campo al cuoco pluripremiato: la sua passione, i suoi segreti in cucina e pure le critiche alle istituzioni”

 

Lo chef Giuseppe Ricchebuono
e le sue ricette di vita
Intervista a tutto campo al cuoco pluripremiato: la sua passione,
i suoi segreti in cucina e pure le critiche alle istituzioni”

Raggiungere riconoscimenti importanti senza dimenticare da dove si arriva. Quando la genuinità di una persona si sposa alla perfezione con la bontà degli ingredienti della propria terra. Così si può descrivere Giuseppe Ricchebuono, vadese doc e attuale chef executive del Ristorante “Il Vescovado di Noli” che dal 2002 può vantare la Stella Michelin. Un cuoco “globetrotter” dalle mille esperienze in campo internazionale che non dimentica, però, le origini di cui è fiero. Classe 1965, partito da Sant’Ermete con il ristorante “La Fornace di Barbablù” ed arrivato sull’olimpo della cucina nazionale con numerosi premi tra cui il recente “Chef 2014” nella Guida ai Ristoranti d’Italia 2014 de Il Sole 24 Ore. La ricetta vincente? È il giusto mix tra materie prime fresche ed eccellenti con un ritorno alla semplicità e genuinità e una piena valorizzazione dei prodotti della propria terra che Ricchebbuono cerca, rispetta e esalta con maniacale perseveranza. E non a caso in ogni suo piatto è sempre presente un riferimento alla tradizione della cucina ligure. Passato e presente si fondono in un mix vincente in cui a farla da padroni sono gusto e sapore. Ma c’è anche spazio per una punta di amaro: le istituzioni -secondo lo chef vadese- non hanno ancora capito l’importanza della gastronomia nel comparto economico e turistico della nostra regione. Per la ciliegina sulla torta manca così quel giusto tassello capace di portare valore alla cucina italiana riconosciuta nel mondo come un’eccellenza indiscussa.


Come si descriverebbe come cuoco?

“Penso di essere una persona semplice e genuina, gli stessi valori che cerco di trasmettere alla mia cucina. Mi ritengo un cuoco tradizionalista e per certi versi molto casalingo e attento a valorizzare ciò che il nostro territorio offre magari rivisitando il tutto in chiave moderna e creativa”.

Lei è partito a fare il cuoco all’età di 27 anni, non così giovane come si potrebbe immaginare. Cosa consiglia, invece, a chi esce dagli istituti alberghieri?

“Sicuramente per raggiungere il proprio sogno è necessario non arrendersi mai e soprattutto non fermarsi alle prime esperienze non limitandosi solo all’Italia. Viaggiare può fornire nuovi spunti e permettere di arricchire, anche in cucina, il proprio bagaglio di saperi e tecniche”.

Cosa non può mai mancare nella sua cucina e quale è il suo piatto preferito?

“I prodotti di stagione non devono mai mancare perché spesso fanno la differenza nel risultato finale. In più non deve mai venire meno la creatività e il fatto di sperimentare forme nuove, anche sbagliando. Inoltre non solo amo cucinare ma anche mangiare: tra carne e pesce scelgo la carne, magari di agnello”.

Chi è il savonese che inviterebbe volentieri a cena?

“Fabio Fazio che tra le altre cose ho già avuto l’onore di poter ospitare. Non solo è un ottimo professionista nel campo del giornalismo ma anche una persona molto sensibile ai dettagli e ai particolari, aspetto che in cucina può regalare molte soddisfazioni”


Ristorante il Vescovado a Noli

Se Savona fosse un piatto che piatto sarebbe?

“Un piatto molto povero ma gustoso: magari a base di pesce azzurro. Genuinità non è solo sinonimo di prezzi alti ma spesso anche di semplice esaltazione di ciò che si ha a disposizione. E poi in Liguria siamo fortunati: i prodotti di qualità non mancano. Olive, carciofi e legumi sono solo una piccola dimostrazione di un territorio che ha una ricchezza non sempre così sfruttata”.

Di chi è la colpa di questa mancata valorizzazione di ciò che si ha a disposizione sotto casa?

“Non ho dubbi: delle istituzioni sia a livello centrale sia locale che spesso sottovalutano il nostro lavoro e non lo vedono come una reale opportunità di sviluppo e crescita economica. Altri Paesi con una tradizione non così consolidata come la nostra sono, però, molto più bravi a credere in se stessi e a promuovere la loro cultura. In Italia non volgiamo renderci conto della ricchezza che abbiamo a disposizione a due passi da casa, a volte occorrerebbe usare un po’ più la zucca, non solo in cucina”. 

Andrea Ghiazza

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