L’invasione non è una bufala

L’invasione non è una bufala

Nella defunta Unione sovietica era sistematicamente applicata la tecnica della disinformatia. Essa non aveva semplicemente  lo scopo di “disinformare” occultando la verità e manipolando le notizie. 

L’invasione non è una bufala

Nella defunta Unione sovietica era sistematicamente applicata la tecnica della disinformatia. Essa non aveva semplicemente  lo scopo di “disinformare” occultando la verità e manipolando le notizie. Entro questi limiti la stessa cosa è praticata in tutti i regimi e, in qualche caso, può essere anche giustificata. Un buon criminologo, per esempio, sa che l’eccessivo risalto dato  a un certo tipo di delitti incoraggia l’emulazione, abbatte freni inibitori, favorisce l’acting out. Ma la disinformatia è qualcosa di più: essa mira a ottundere l’intelligenza, accecarla di fronte all’evidenza dei fatti, far vedere bianco quello che è nero. Con gli stessi trucchi dell’illusionista, essa distrae, confonde, allucina la realtà per imporne una diversa.


Chiaramente è un’operazione rischiosa, perché qualcuno può sempre saltare sul palco e smascherare il trucco: non per niente essa riesce solo quando il palco è blindato, come era nel paradiso comunista. I compagni nostrani, infatti, per non correre il rischio, si limitano ad una cauta disinformazione ma il gioco più sporco, la vera disinformatia, lo fanno fare alle loro truppe cammellate, quelle rozze dei centri sociali, quelle più sofisticate del  giornalismo di nicchia, di qualche blogger ecologista, di qualche pensoso accademico.  L’Italia oggi attraversa la peggiore crisi di tutta la sua storia e rivive senza ancora averne piena consapevolezza i momenti tragici dell’invasione araba della Sicilia e delle scorrerie dei saraceni nel Mezzogiorno, seguiti in tempi più vicini a noi  dalla terribile minaccia turca: quotidianamente sbarcano sulle nostre coste migliaia di musulmani, clandestini legalizzati destinati a rimanere nel nostro paese perché le frontiere del resto dell’Europa sono ormai sigillate e non esiste né un piano né la volontà né la capacità operativa di rispedirli a casa loro.  Nessuno sa se e quando gli sbarchi avranno termine o cosa accadrà quando il sistema sanitario collasserà, quando il peso del mantenimento di centinaia di migliaia di persone  diventerà insopportabile,  quando nelle periferie delle grandi città e nei villaggi sommersi da africani  scoppierà la rabbia popolare. Di fronte a tutto questo, che è una drammatica evidenza, agli italiani, che possono anche girare alla larga dai ghetti degradati, possono cambiare canale quando vengono mostrate le condizioni in cui si trovano stazioni ferroviarie, centri di accoglienza, parchi pubblici delle città diventate di confine, ma non possono non vedere le torme di giovani africani che vagano per le loro strade in bicicletta impegnati con lo smartphone e ad ascoltare musica, si  dice che l’invasione non esiste, che gli africani in giro per le nostre città sono allucinazioni, che è tutta una “bufala”.  Andiamo con ordine seguendo la traccia del blogger verde – pare che i verdi esistano ancora – che imperversa sulla rete sostenendo appunto che l’invasione è una bufala che si regge su dieci falsità e vediamo se sono davvero falsità.


 Il primo argomento della disinformatia è questo: è falso che sia in corso un fenomeno eccezionale. L’immigrazione, dice il blogger, è un fenomeno fisiologico, una costante nella storia del pianeta, e lo sanno bene gli  italiani, popolo di migranti, che dalla fine del diciannovesimo secolo e per buona parte del secolo scorso si sono riversati nelle due Americhe nello stesso modo in cui gli africani chiedono ospitalità a noi.  L’illusionista mescola cose diverse, confonde epoche, dà il medesimo nome a fenomeni lontani anni luce fra di loro. Se fosse in buona fede bisognerebbe prenderlo  per un orecchio, farlo sedere e spiegargli pacatamente come stanno le cose. Il continente americano è stato colonizzato dagli europei. Gli indigeni, al sud come nel centro e nel nord  del nuovo mondo erano troppo pochi, male organizzati e praticamente indifesi per reggere il confronto con alieni venuti da un altro pianeta con armi micidiali. E quando la fisionomia etnica del continente fu completamente stravolta, quando nel nordamerica si consolidò e stabilizzò il governo degli Stati Uniti, l’élite che se ne era impadronito, i White Anglosassons Protestants, pose un freno alle ondate migratorie, iniziò a filtrarle, scoraggiarle, contingentarle, respingerle. Ma i nostri emigranti non andavano a farsi mantenere, volevano solo proseguire la rotta di chi li aveva preceduti verso una terra libera, che se era stata di qualcuno quello non erano certo gli inglesi ma i pellerossa confinati nelle riserve, una terra immensa che aveva sicuramente posto per le loro braccia. Furono umiliati, segregati, i loro nomi volutamente storpiati, sospinti ai margini della società, costretti ai lavori più faticosi e peggio pagati. Ma la loro intelligenza, la loro cocciutaggine, la forza  dell’antica civiltà che scorreva nel loro sangue  finirono per prevalere; sono diventati una delle colonne del sistema americano e nessuno oggi si sognerebbe più di qualificarli come mangiaspaghetti o mafiosi (magari lo fa qualche imbecille nella madre patria che non sa che il più acerrimo nemico della mafia è stato proprio un italiano, Joe Petrosino). Non dico niente dell’emigrazione italiana verso il nord Europa: chi l’accosta a quegli africani in bicicletta lo affiderei volentieri  alle cure di figli e nipoti delle vittime di Marcinelle.

Il secondo argomento è, se possibile, più falso del primo: è assurdo sostenere che l’Italia è invasa perché i migranti sono diretti verso il resto dell’Europa e in Italia sono solo di passaggio. Sicuramente quelli di loro che sono confinati in centri di accoglienza che differiscono dai lager solo per l’assenza di filo spinato non hanno alcun interesse a restarvi, ma i bighelloni tirati a lucido, dotati di maglietta e zainetto, scarpette colorate, cuffie nelle orecchie e cellulare al braccio, forniti di biciclette delle quali è un mistero la provenienza, non hanno nessuna intenzione di muoversi dagli alberghi con piscina e campi di calcetto, wi-fi e televisori satellitari. Ma per tutti, anche per quelli che cercano disperatamente il modo di raggiungere Germania, Francia, Inghilterra, nordeuropa le nostre frontiere sono una trappola: spalancate solo per chi entra: qui arrivano, qui vengono sbarcati non solo dalla nostra ineffabile marina militare ma da navi spagnole, norvegesi, perfino da yachts privati e qui debbono rimanere; l’Italia è diventata un grande centro di accoglienza a tempo indeterminato e dal quale non si può più uscire. Affermare che i “migranti” sono da noi solo di passaggio è una spudorata menzogna.


Il terzo argomento è allucinante o involontariamente comico. Ci vorrebbe convincere che non è vero che gli stranieri stanno privando gli italiani dei loro diritti portando come prova il fatto che le case popolari sono assegnate in misura maggiore agli italiani. Vorrei vedere che fosse il contrario, considerato il rapporto fra popolazione italiana e stranieri! Il punto è che nemmeno una famiglia italiana dovrebbe rimanere senza casa prima che se ne possa assegnare una agli stranieri, tanto meno agli irregolari. Lo Stato, quello italiano come qualsiasi altro, risulta da un patto fra i suoi cittadini non fra gli abitanti del pianeta e il governante che si preoccupa di aiutare indiscriminatamente le “persone in difficoltà”è come uno che fa l’elemosina coi soldi degli altri. Lo straniero, se è regolarmente in Italia, gode dei diritti che gli derivano da accordi internazionali e dal suo particolare status, non gode tout court dei diritti del cittadino italiano, se è un clandestino non gode di nessun diritto, nessuno. Se poi è un profugo, convenzioni internazionali e buon senso impongono che venga ospitato giusto il tempo che dura la sua condizione, cessata la quale bisognerà che torni da dove è venuto.

Il quarto argomento è un esempio da manuale di frittata rigirata o, se si preferisce, di capriola acrobatica. Sarebbe falso che i clandestini costano 35 o 37 – i minori 85 – euro al giorno, sarebbe una bufala complementare alla bufala dell’invasione. Vediamo come stanno le cose. Per anni i compagni hanno dichiarato a dritta e manca che la storia dei 35 o 37 euro al giorno per“migrante” era una balla, un’invenzione dei razzisti, un espediente per scatenare una guerra tra poveri. Sapevano bene, i compagni, che i milioni di famiglie italiane che campano con meno di mille euro al mese non avrebbero gradito, quindi la parola d’ordine era: negare, negare, negare. Poi è scoppiato lo scandalo di mafia capitale, ed è venuto fuori uno che ha candidamente confessato che  la gestione dei clandestini gli rendeva molto più del traffico di droga e allora contrordine: i 35 o 37 euro ci sono sì, ma vengono dall’Europa e non vanno in tasca ai migranti ma a chi si incarica dell’accoglienza. E a questo punto succede qualcosa di sorprendente: quello che per Buzzi e soci era un crimine, un’orribile speculazione, una truffa diventa un’opera di carità, una testimonianza di generosità, un titolo di benemerenza per le associazioni di volontariato, la caritas, l’arci, le cooperative che spuntano come funghi, il sindaco del paesino che così risana il bilancio comunale, gli albergatori che tirano un sospiro di sollievo. E per lo Stato stesso, che è il primo a fare la cresta sui soldi che vengono dall’Europa. Ma se la gestione dei migranti era un crimine quando riguardava Buzzi rimane un crimine anche quando riguarda lo Stato, i volontari, l’arci, la caritas e le cooperative. Un affare gigantesco, ma un affare sporco. E un danno doppio per gli italiani, perché i soldi che vengono dall’Europa sono anche e soprattutto soldi nostri e perché il peso dei clandestini che si ammalano, che partoriscono, che delinquono e finiscono nelle nostre carceri pesa come un macigno sul contribuente italiano, gli toglie quel poco che rimane di welfare, lo costringe a vivere nella paura e nell’insicurezza.  Ma il nostro disinvolto illusionista può replicare: sono comunque soldi che girano, l’economia del sistema se ne avvantaggia; bene, anche quelli di cosa nostra, della ndrangheta e della camorra sono soldi che girano: se ne deve dedurre che la “criminalità organizzata” è una risorsa per l’Italia?


Connesso col precedente è un quinto argomento: ai clandestini, una volta alloggiati, rivestiti, e sfamati a cura di chi li gestisce (con modalità assai diverse ma sempre con ottimo utile per il gestore) arrivano in tasca solo 2 euro e cinquanta al giorno, che sarebbero una miseria, una sciocchezza, meno che nulla. Mi si dica quanti sono i lavoratori italiani che dopo aver pagato luce, acqua, gas, telefono – quando se lo possono permettere – affitto o mutuo, condominio, spese per la mobilità e messo insieme il pranzo con la cena  arrivano in fondo al mese con 75 euro a testa, che, in una famiglia di quattro persone sono 300 euro, di argent de poche. Siamo veramente al delirio.

Poi, ci mancava, il blogger verde tira in ballo la Costituzione. Fra i principi fondamentali, all’articolo 10 si recita: “Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio della repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”.  Ne consegue che tutti quanti vivono in paesi in cui non vige la costituzione italiana o una ad essa sovrapponibile hanno diritto ad essere accolti, e pertanto mantenuti, qui da noi. Così all’ingrosso – fra nordcoreani, cubani,cinesi, pakistani, sauditi e così via  e, perché no, mettiamoci anche l’unione indiana e gli stati africani – sono almeno tre miliardi di persone che, se lo chiedessero, dovremmo accogliere. Ora i casi sono due: o crediamo che i padri costituenti fossero in preda ad ebbrezza alcolica o, com’è più probabile, intendevano riferirsi a casi di singoli individui perseguitati nel loro paese per le loro opinioni, la loro razza,  la loro religione o, possiamo aggiungere implementando il testo costituzionale, le loro tendenze sessuali. Ed è anche legittimo ritenere che i nostri padri costituenti, per quanto incauti e presi dalla retorica, fossero convinti che quei perseguitati avessero con sé abbastanza risorse da non dover gravare sul contribuente italiano.

Per liquidare la paura che i clandestini finiscano per togliere lavoro agli italiani il nostro illusionista ricorre ai dati forniti da Banchitalia: “La crescita della presenza straniera non si è riflessa in minori opportunità occupazionali per gli italiani”, parola di Banca d’Italia. Per forza! Primo perché lavoro non ce n’è e non si può pertanto toglierlo; secondo perché i clandestini vengono mantenuti e non hanno bisogno di lavorare per vivere; terzo perché, come clandestini,  anche se volessero lavorare non potrebbero farlo,  in quanto la loro permanenza in Italia è un fatto ma non è un diritto. Bisogna anche aggiungere che quando lavorano in nero a raccogliere pomodori tolgono effettivamente a uomini e donne del Sud  un’opportunità alla quale non si sono mai sottratti ma che evidentemente è svantaggiosa per i proprietari e il capolarato.

L’illusionista, come ottavo argomento, nega che i clandestini siano musulmani e che, di conseguenza, l’invasione abbia anche questa connotazione religiosa. Ricorre al solito trucco di confondere stranieri residenti, stranieri irregolari illegalmente presenti nel paese e clandestini dei flussi migratori che beneficiano del programma di accoglienza per concludere che i musulmani sono “solo” 1.200.00. Si metta d’accordo con i rappresentanti delle comunità islamiche che forse ne sanno più di lui e delle sue fonti, per i quali i musulmani in Italia sono più di 4 milioni. Ma per lui anche l’argomento della reciprocità fatto proprio da quanti, giustamente, obiettano che, mentre noi badiamo a non offendere la suscettibilità del musulmano ostentando il crocefisso, in molti paesi musulmani può essere molto pericoloso portare con sé il vangelo, è una menzogna perché, afferma, nei paesi musulmani a fronte di una presenza minima di cristiani abbondano le cattedrali. Si faccia dire dal papa argentino, che del resto è anche lui un fan della accoglienza a tutti i costi, quanti cristiani vengono ammazzati ogni anno in quei paesi e forse capirà anche come mai i cristiani da maggioranza che erano quando hanno costruito le loro cattedrali sono diventati una sparuta minoranza.


Con l’autorità di una fonte come Pianeta mamma (!) l’illusionista nega un’altra evidenza: che la presenza in costante aumento di extracomunitari sia un problema per la nostra scuola e arriva a sostenere che le scuole con il maggior numero di immigrati sono le migliori. Infatti è noto che quelle scuole sono concentrate nei quartieri residenziali, che professionisti, industriali e tutto l’establishment locale preme per inserire i propri pargoli nelle classi multietniche e che gli insegnanti fanno a gara per appropriarsene.  La verità è che gli italiani che se lo possono permettere girano alla larga dalla presenza di stranieri, che a condividere forzatamente le aule con loro  sono i poveri e gli abitanti delle aree più degradate delle periferie urbane. Ovviamente si parla di africani, di clandestini, di immigrati irregolari: nessuno sano di mente si sognerebbe di discriminare nelle nostre scuole un bambino o un adolescente perché ha gli occhi a mandorla o la pelle scura. Noi non chiediamo il pedigree agli italiani: questa pratica la lasciamo ai tedeschi di ieri e agli americani di oggi: da noi un cittadino italiano o lo straniero regolarmente presente in Italia sono considerati per quello che valgono non per le loro caratteristiche somatiche. Ma pretendiamo che lo straniero, occhi a mandorla o pelle scura, sia arrivato qui  legalmente, non da invasore.

Per concludere l’illusionista sostiene che il presunto razzismo degli italiani nasca dal populismo, sia una creatura della Lega. Senza stare a disquisire su razzismo e antirazzismo sarà bene chiarire  che il problema non è la razza ma l’invasione, il cui peso, almeno in questa fase, grava soprattutto sulle periferie e spaventa quelli che ne hanno una percezione più immediata, che non sono necessariamente elettori della Lega. Con tutta la carta stampata addomesticata, con tutta la televisione impegnata a nascondere il problema, non si capisce quale potrebbe essere il canale del populismo, da chi sarebbe veicolato. La voce delle cassandre che avvertono del pericolo bisogna andare a cercarla: non ha modo di imporsi da sola. La verità è che il populismo nasce spontaneamente dal popolo stesso, nel rigetto per l’invadenza di quelli che sequestrano i parcheggi, chiedono il pizzo nei ristoranti, pretendono il carrello nei supermercati, presidiano i semafori, un rigetto che si avverte fra la gente comune, nelle strade, nei negozi, nei luoghi di ritrovo e di intrattenimento. E si avverte proprio in quello che era il bacino elettorale della sinistra, sostituito abbondantemente dai nuovi borghesi, dai benestanti, da quei moderati che Berlusconi si picca inutilmente di corteggiare. È semmai vero che a destra il fenomeno viene sì condannato ma con argomenti razionali mentre le reazioni di pelle nascono da sole, sono indipendenti dalle scelte elettorali, non c’è bisogno di mestatori o di un apprendista stregone per scatenarle. Ma capire questo significherebbe riconoscere che il Pd e tutta la sinistra se ne infischiano dei loro tradizionali elettori, se ne infischiano del disagio e  della paura degli italiani, se ne infischiano dell’Italia.

Noterella finale

In Arabia saudita e negli emirati, con un territorio sterminato rispetto alla popolazione residente, è concentrata una ricchezza superiore a quella dei paesi occidentali, che stride con la miseria di tutte le aree limitrofe. E non solo per i siriani o i pakistani ma per tutti gli africani, dai ghanesi agli eritrei,  sarebbe molto più agevole superare il braccio di mare che li separa dalla penisola araba piuttosto che attraversare il deserto e affrontare il mediterraneo. Com’è che i migranti non premono più sulle frontiere dell’Arabia saudita, che in più negli ultimi anni ha tranquillamente espulso milioni di clandestini e immigrati diventati tali per la scadenza dei permessi di soggiorno?

Il regno saudita è ricchissimo e non è soltanto il più fedele alleato degli Stati uniti, è fittamente intrecciato con la grande finanza americana ma è soprattutto il santuario dell’Islam, il custode dell’ortodossia, con un regime teocratico che è il più fedele e intransigente interprete del monoteismo coranico e, c’è da credere, anche del suo proselitismo. Ci si chiede spesso chi finanzia il traffico dei clandestini verso l’Italia. Se fossero, direttamente o indirettamente, i sauditi, essi prenderebbero due piccioni con una fava: allontanerebbero da sé i flussi migratori e assolverebbero al precetto coranico di islamizzare il mondo puntando direttamente sull’Italia e Roma, secondo obiettivo indicato dal Profeta dopo Costantinopoli. 

Pier Franco Lisorini

Pier Franco Lisorini è un docente di filosofia in pensione

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