LETTURA DI UN’ IMMAGINE: Case a Lerici Olio su cartone (1863 – 65) Di Vincenzo Cabianca

Case a Lerici Olio su cartone (1863 – 65)  di Vincenzo Cabianca
Galleria Nazionale d’Arte Moderna  – Roma

Questo paesaggio ligure  dipinto dal veronese Vincenzo Cabianca (Verona, 1827 – Roma, 1902) rappresenta come meglio non si potrebbe la “poetica” dei Macchiaioli, cioè del loro verismo trasfigurato in pura visione pittorica, nella quale la realtà si risolve tutta in luce, ombra, colori, forme, figure che sembrano colte, cioè svelate, per la prima volta  da un occhio umano, che, in questo caso, coincide con quello del pittore veneto (ma ben presto, dopo il suo battesimo parigino e romano,  internazionale) Cabianca.

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Le case sono ben disegnate e ben illuminate dalla luce piena del giorno, e tuttavia notiamo qualcosa di strano in queste Case a Lerici? Innanzi tutto che sembrano disabitate, nessuna traccia di presenza umana, anche le poche finestre sono rigorosamente serrate, nel vicolo che si intravede appena nell’ombra, cresce l’erba, come in abbondanza cresce la vegetazione sul muricciolo, anch’esso in ombra, che chiude a sinistra come una quinta lo spazio aperto della marina e del terrapieno deserto, in cui è rimasta una barca solitaria che mette solo tristezza (mi ricorda il pascoliano aratro abbandonato in mezzo alla maggese in “Lavandare”). Si direbbe uno di quei borghi  dell’ entroterra ligure negletto dai suoi abitanti attratti dalla grande città; e poche case sono tutte raggruppate sulla sinistra, un poco più in alto rispetto alla marina che si distende tra i verdi promontori del Golfo, mentre in lontananza biancheggiano le Apuane. Il cielo chiaro è attraversato longitudinalmente da una grandiosa nuvola di un bianco abbagliante che dà luce a tutto il paesaggio. I colori variano dall’ocra chiara a quella scura, dalle sfumature di verde  a quelle del blu marino in cui spicca il minuscolo bianco di una vela.  La visione d’insieme è costruita tramite la variazione della luminosità del terreno, del mare, delle montagne, delle case e dell’oscurità delle zone in ombra, l’artista gioca con i forti contrasti e le  sfumature  tra luce e ombra, che è una caratteristica dello stile dei  Macchiaioli. Lo spunto dell’opera è reale ma il risultato finale è la visione di quel lembo di terra ligure amato da poeti come Shelley e Byron e da pittori come Sernesi e Borrani, non per caso entrambi sodali dell’autore di questo paesaggio,   pensato, ricreato  e riflesso nell’occhio e nell’anima del geniale artista veronese.

Fulvio Sguerso

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