Le finte piste ciclabili

Savona, la città delle finte piste ciclabili
Tutto si ferma alle poche centinaia di metri di marciapiede in corso Ricci e in via Nizza. Una pista da Vado ad Albissola snellirebbe il traffico, migliora la mobilità e riduce il problema delle polveri sottili

Savona, la città delle finte piste ciclabili
Tutto si ferma alle poche centinaia di metri di marciapiede in corso Ricci e in via Nizza. Una pista da Vado ad Albissola snellirebbe il traffico, migliora la mobilità e riduce il problema delle polveri sottili
 

Si scopre nelle statistiche che Savona non è agli ultimi posti nella graduatoria delle città in Italia dotate di piste ciclabili. E’ una sorpresa. Ha una posizione di media-bassa classifica. Ciò significa che bastano quelle poche centinaia di metri di marciapiede di Corso Ricci e di quel tratto di Via Nizza prima di Zinola (a Savona non c’è altro) per non essere negli ultimi posti.

Ne consegue che in Italia la ‘cultura della bicicletta’ in città è veramente di pochi comuni. La stragrande maggioranza dei comuni si accontenta di interventi cosmetici buoni per le statistiche ma incapaci di incidere realmente sulla organizzazione della mobilità.

Oggi, con la pesante crisi dei trasporti che si vive, si ha invece bisogno di integrare tra loro seriamente le diverse opzioni (pubblico-privato) e i diversi mezzi (treno, autobus, automobile, ciclo e ciclomotore).

Le città europee si stanno attrezzando in questa direzione. Sociologi e urbanisti hanno più volte indicato nella bicicletta una potente risorsa del futuro del traffico: tutelare oggi il ruolo del ciclista non è una concessione romantica o nostalgica a qualche velleitario sognatore (un panda da proteggere), ma è un modo per ridurre in modo significativo la densità del traffico e quindi favorire di fatto il suo snellimento. La bicicletta è un mezzo del presente e del futuro, non è un dinosauro sopravvissuto.

Questo dicono gli studiosi. Noi, in quasi tutta l’Italia, tanto per cambiare, siamo alla retroguardia, fermi, provinciali: si combattono le polveri sottili con alcune domeniche senza auto (è come curare il cancro con l’aspirina, è stato autorevolmente scritto), ma se il traffico automobilistico si riducesse stabilmente del 10% (parte a favore del trasporto pubblico, parte a favore del trasporto su bicicletta) si innesterebbe un positivo circolo virtuoso (mezzi pubblici più in orario, strade più libere e scorrevoli, minor propensione a intasare i centri delle città e via di seguito).

Il triste è che ormai queste indicazioni e tutta la letteratura scientifica collegata sono note ed accettate, ma da noi servono solo come materia per dibattiti o per qualche vaga promessa elettorale.

L’esperienza diretta di un povero ciclista savonese non può che confermare queste diagnosi; è sempre più facile incontrare cittadini che dicono di non sentirsela più di affrontare le insidie del traffico e che quindi pensano di rinunciare all’uso della bicicletta; altri sostengono che nel momento in cui si ripristinassero sufficienti condizioni di sicurezza, sarebbero felici di usare la bicicletta o di riprenderla. In sintesi: succede il contrario di quello che sarebbe auspicabile.

Molte chiacchiere, convegni, qualche lacrima di coccodrillo quando un ciclista viene travolto, ma poi largo ai Suv e le biciclette in cantina. Il dilagare dei Suv rende le nostre strade (apparentemente) piccole, anguste e inadeguate: sono questi enormi mezzi, spesso guidati senza cautela e buonsenso, ad essere inadatti ed ingiustificati sulle nostre strade.

Che triste spettacolo vie e piazze intasate da poche persone ognuna delle quali (ovviamente in media una per automobile) occupa circa 10 metri quadrati, inquina come un camion, violenta le nostre orecchie, ma si sente protetta e sicura contro gli altri all’interno del suo carro armato.

Un’inversione di tendenza è possibile se prevale una cultura diversa nei cittadini e negli amministratori: si ha bisogno esattamente del contrario di ciò che sta succedendo.

Il ciclista a volte cerca di tutelarsi (spesso teme ed ha paura) e per sopravvivere si sposta sui marciapiedi, anche a rischio di creare disagio; spesso, però, queste scelte, dettate dalla necessità, indicano delle possibili soluzioni.

Ad esempio, non sarebbe utilissima una corsia protetta per i ciclisti da Porto Vado ad Albissola? Una grande saldatura fra gli estremi del comprensorio savonese frequentabile e percorribile tutto l’anno, da tutti, senza fatica.

Occorre, prima che sia troppo tardi, progettare una mobilità sociale integrata e rompere la propensione individualistica che si trasforma da libertà in schiavitù; invece di limitarsi a sognare ciò che fanno all’estero, provare finalmente a realizzare qualcosa.

Per finire, è bene, in ogni caso, che i ciclisti facciano la promessa di non andare in coppia affiancati; se non altro per togliere un alibi di comodo ai loro “avversari” a quattro ruote.

Sergio Tortarolo  

(Ex sindaco di Savona)

 

(Da AuserSavonaNotizie)

 

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