Le albe dall’alto della Val Bormida

Le albe dall’alto della Val Bormida

Le albe dall’alto della Val Bormida

Il mio lavoro si svolge in due parti. Nella prima collaboro con un panettiere per la preparazione del pane e delle focacce. Nella seconda, carico il furgone e mi metto per strada, per raggiungere i piccoli negozi sparsi nei paesini delle colline savonesi (e anche uno alessandrino).

Mi è sempre piaciuto vedere l’alba. Non c’è panorama, naturale, urbano o industriale, che la luce del primo sole non riesca a rendere inatteso, diverso, stupefacente. Il tramonto, tutto sommato, è un evento frequente a cui assistere. Volendo, basta uscir di casa al momento giusto, e te lo là, il “bellone” che saluta tutti e s’inabissa.


Ma l’alba è un’altra cosa. Si avverte e si sente persino con le nuvole basse. Persino con la nebbia. Certo: così è tutta un’altra cosa. La luce diffusa non disegna ombre, non colora, se non di grigio, opere umane, rocce, boschi.

Molto bella è l’alba sulla tramontana, quando fa così freddo che non si sente neppure il freddo, quando il cielo è stato lungamente lucidato con il sidol da batuffoli di nuvole alte, ormai scomparse. Un cielo che sembra da bere, da dissetarsi, con ancora qualche Lucifera superstite (Venere?). A ovest il blu scuro forse nero sull’orizzonte. A est il celeste sfondo su colline, e poi una goccia di colorante puro per ogni passo dell’occhio, sfumato fino al blu. Il cielo sgombro, limpido, l’aria tersa e un po’ di vento ancora. La scarsa umidità della tramontana ti consente di guardare quel che hai intorno con occhi nuovi: tutto è tirato a lucido, tutto è luminoso come se qualcuno t’avesse tolto un velo dagli occhi che non sapevi di avere.

Mentre il freddo della notte profonda porta il silenzio più crudo e duro, l’alba è annunciata dai primi merli, dagli usignoli. Sembrano indaffarati e operosi, forse litigiosi per via di qualche raro vermicello da condividere. Ma il buio è ancora intenso per occhi umani.


Le albe più memorabili sono quelle che seguono i grandi temporali. Ancora le nuvole dense e grigie ingombrano tutta la volta, ma il sole trova un piccolo varco, tra l’orizzonte e la bambagia. Soprattutto nella primavera è presto potente e sembra proprio avere la volontà di scacciare, sforacchiare e disperdere quella cupola di nuvole in cento bioccoli esanimi, spazzati dal vento in quota. Ma sull’orizzonte, a ovest, restano nutrite mandrie di nuvole a galoppare, criniere sfilacciate al vento. Il sole le illumina ormai chiaramente, e loro si sbrigano a sfuggirlo, disperatamente in ritardo. Mentre si sollevano, o fuggono, lasciano la vista sgombra sulle chiostre innevate delle Alpi, finalmente tinte di un rosa ciclamino, lucido, vicinissimo: una inattesa e meravigliosa enrosadira.

Ad assistere a certi spettacoli si resta esterrefatti, ogni volta. E si che di albe se ne son viste, al cinema, dal vero, e persino evocate da grandi narratori. Non posso fare a meno, ogni volta, di pensare al gran lombardo, all’Ingegnere autore di splendide circonvoluzioni verbali: “Era l’alba, e più. Le vette dell’Algido, dei Carseolani e dei Velini inopinatamente presenti grigie. Magìa repentina il Soratte, come una rocca di piombo, di cenere. […] il rivivere del cielo si palesava lontanamente in sottili strisce di porpora e più remoti ed affocati punti e splendori, di solfo giallo, di vermiglione: strane lacche: nobili riverberi, come da un crogiuolo del profondo. […] flottiglie di nubi orizzontali tutte arricciolate di cirri, con falsi-fiocchi di zafferano, s’avventavano l’una dopo l’altra a battaglia […] Roma gli apparì distesa come in una mappa o in un plastico: fumava appena, a porta San Paolo: […] La cupola di madreperla: cupole, torri: oscure macchie de’ pineti. Altrove cinerina, altrove tutta rosa e bianca, veli da cresima: uno zucchero in una haute pâte, in un mattutino di Scialoia”. [Quer pasticciaccio… C.E. Gadda]

E mentre uno si gode lo spettacolo e pensa ad alte questioni filosofiche e letterarie, ecco palesarsi nella memoria l’oscura figura del negoziante e delle fila delle signore con le sporte, che da te aspettano il pane e la focaccia. Altro che alba! Via di corsa, che se vuoi l’alba te la vai a vedere in tivvù o al cine.

Alessandro Marenco

 

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