La tesi di Davide Pesce

La tesi di Davide Pesce presentata all’esame orale da giornalista professionista superato venerdì 16 marzo 2012

DON GALLO CONTRO TIRRENO POWER:
 LA SALUTE COME LA RESISTENZA
“I NUOVI PARTIGIANI COMBATTONO IL CARBONE”

 La tesi di Davide Pesce presentata all’esame orale da giornalista professionista superato venerdì 16 marzo 2012

 “Volete sapere chi sono i nuovi partigiani a Savona? Sono quelli che si battono contro la centrale a carbone di Vado Ligure!”

La frase senza ambiguità, pronunciata da don Andrea Gallo, proprio in una città medaglia d’oro per la Resistenza ha scatenato polemiche e reazioni a catena.

Dall’immigrati clandestini, alle prostitute, perché un “prete comunista” come si definisce lui stesso, adesso scende in campo in modo così polemicamente violento su un tema delicato e controverso che tiene banco nella vita dei savonesi da almeno 40 anni?

 In Italia sono attive 13 centrali a carbone sparse in 8 regioni e ben 3 di queste 13 sono in Liguria: una a La Spezia, una a Genova (che fra cinque anni verrà dismessa) ed una nel Savonese a Vado, più potente di quelle di Genova e La Spezia messe assieme ed in assoluto l’impianto più potente di tutto il Nord-Italia, unico nel suo genere, poiché è costruito in pieno centro abitato, una vera e propria centrale in città.

La proprietà della centrale è di Tirreno Power che oggi è uno dei principali produttori di energia elettrica del Paese ed è presente sul territorio nazionale con le centrali termoelettriche di Civitavecchia e di Napoli.

La particolarità è che a Civitavecchia sono in funzione due gruppi di produzione, alimentati a metano

della potenza totale di 1.200 megawatt, terminati nel 2005 dopo la trasformazione delle precedenti unità alimentate ad olio combustibile mentre a Napoli una nuova unità a metano, della potenza di 400 megawatt, sostituisce i tre vecchi gruppi a olio combustibile.

Le centrali di Napoli e Civitavecchia economicamente non sono in perdita, tutt’altro, ed il carbone è totalmente assente.

Semplicemente produrre energia col carbone anche se è molto più inquinante, costa di meno e quindi comporta maggiori profitti, di qui la predilezione dei produttori per il carbone.

Tirreno Power, addirittura, ha cercato anche altrove di costruire impianti a carbone, ma ha trovato sulla propria strada politici locali che hanno innalzato barricate, sostenuti da popolazione e ambientalisti.

A Vado Ligure, accanto ad un moderno impianto a metano da 800 megawatt, entrato in funzione nel 2007, sono attive due unità a carbone, ciascuna da 330 megawatt, per un totale di 660 megawatt, che sono un vero e proprio esempio di archeologia industriale: i due gruppi sono in servizio dal lontano 1971. Hanno cioè “festeggiato” i 40 anni ed hanno ancora pochi anni di vita davanti perchè stanno letteralmente cadendo a pezzi, inquinano moltissimo e da almeno cinque anni funzionano senza l’obbligatoria AIA (Autorizzazione Ambientale Integrata), la cui concessione è vincolata obbligatoriamente all’impiego delle BAT (migliori tecnologie disponibili), attuabili solo con il totale rifacimento dei gruppi esistenti.

Tirreno Power ha però collegato la ristrutturazione dei gruppi esistenti alla costruzione di un nuovo gruppo a carbone da 460 mw, che si andrebbe ad unire ai 660 mw esistenti, per un totale di 1.120 mw.

Unitiperlasalute un comitato di cittadini, coadiuvato da un team di avvocati e avvalendosi di perizie giurate e studi scientifici, ha presentato alla Procura della Repubblica di Savona un esposto con valore di denuncia.

Alcuni dati oggettivi che emergono sono davvero stupefacenti: la centrale produce ogni anno ben il quintuplo del fabbisogno energetico dell’intera provincia di Savona ed ogni giorno sono bruciate, secondo l’ingegner Prelati della Tirreno Power, ben 5.000 tonnellate di carbone, per un totale di 1.825.000 tonnellate di carbone all’anno.

Il processo combustivo del carbone riversa nell’ambiente, per un raggio di oltre 50 km, cospicue quantità di agenti inquinanti, che, favoriti dai venti, frequenti in Liguria, ricadono in acqua, nell’aria e nel suolo.

Una centrale a carbone emette sostanze ad attività cancerogena per l’uomo in quantità enorme: arsenico, cromo, mercurio, cobalto, radon (presente nelle ceneri del carbone e considerato la seconda causa di morte del cancro al polmone dopo il fumo), benzene, diossine, polveri sottili. Sostanze che sono le principali responsabili di neoplasie, infarti, ictus, emorragie cerebrali.

Ma non è tutto. Diciamo è solo una parte. Il problema sono le polveri sottili, le cosiddette pm 2,5 (quelle sotto i 2,5 micron); si tratta di polveri frutto della combustione del carbone che non riescono ad essere abbattute da nessun filtro, neppure da quelli di ultima generazione e che veleggiano nell’atmosfera a distanze anche superiori ai 50 km. Sono polveri più pericolose di quelle grossolane, poiché passano indisturbate la barriera

emato-polmonare, col risultato così di provocare ancora maggiori casi di malattie trombotiche (infarti ed ictus), nonché tumorali.

Non sono quindi le macropolveri sollevate per il vento dai depositi di carbone (che non sono neppure oggi, dopo 40 anni di attività, coperti) il maggior pericolo per la salute dei cittadini, semmai lo sono per i poggioli e i davanzali, con relativa biancheria stesa, come succedeva anni fa quando i filtri delle ciminiere liberavano il particolato più grossolano (PTS). Ora invece i filtri lasciano passare le polveri più sottili possibili, le quali, a differenza delle loro antenate, non vanno a cozzare contro le difese delle nostre vie respiratorie e i filtri degli alveoli polmonari, ma, penetrano in essi per andare a minare all’interno, “sottilmente”, subdolamente la salute dell’organismo.

Il progetto della comunità europea Externe ha dimostrato che il costo di produzione di elettricità dal carbone e dall’olio combustibile raddoppierebbe se fossero conteggiati i costi esterni, come i danni all’ambiente, la mortalità e soprattutto la morbilità (il rapporto tra il numero di giornate di assenza dal lavoro per malattia e il numero di giornate lavorative previste), corrispondenti a circa 140 milioni di euro ogni anno, gravanti quasi interamente sulla comunità del Savonese e della Val Bormida.

Il risparmio attuato rispetto alla produzione col metano risulta vanificato da questo studio; il problema è che i danni dell’inquinamento non ricadono su chi produce energia elettrica, ma sull’intera collettività.

A pagare sono sempre i cittadini: in Provincia di Savona, fra il 1988 ed il 2004, la mortalità dell’intera provincia è risultata significativamente più elevata rispetto alla media regionale in entrambi i sessi, con un eccesso di circa 3.000 decessi

 

 Non dobbiamo stupirci quindi se don Gallo, salesiano, prete degli ultimi, dei perdenti, quelli che convivono quotidianamente con la sofferenza, ispirato dalla predicazione di don Milani, a quasi 84 anni, dall’angiporto di Genova sia andato a Savona per tuonare contro chi avvelena per profitto la gente indifesa. Industriali e politici legati al carrozzone dell’occupazione a tutti i costi anche a dispetto della salute, non hanno gradito ed hanno replicato di sofismi. Don Gallo è andato avanti di randello, ma il carbone, scortato da politici zelanti, anche.

 

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