La tecnica collaudata di deviare l’attenzione

L’invasione continua senza freni, i prezzi salgono, paghiamo i costi di una guerra che non ci riguarda e in cui siamo stati coinvolti per decreto e la politica si azzuffa sui balneari

Non dico alla maggioranza ma alla quasi totalità degli italiani del problema dei balneari non gliene importa nulla. È vero che in una società degna di questo nome ci si fa carico anche delle questioni che non ci toccano direttamente e ogni cittadino dovrebbe sentirsi coinvolto tutte le volte che si tratta di decidere ciò che è giusto ed equo ma questo è un caso un po’ complicato in cui l’appello a principi astratti non funziona e nel quale si mescolano diritti acquisiti, legittime aspettative, privilegi e contrastanti interessi collettivi. Resta il fatto che il cittadino-elettore medio che non abita sul mare, non sa cosa sia una vacanza e il tempo libero lo passa in casa o ai giardini pubblici, ammesso che legga i giornali o segua i notiziari televisivi, non riesce a capacitarsi delle fibrillazioni nella maggioranza e del rischio di cadere che ha corso il governo (in realtà, purtroppo, solo per finta) sulle concessioni  contestate da Bruxelles. Poi si informa, studia tutta la faccenda e dovrebbe concludere che quella in cui vive è proprio una democrazia  con tutti i crismi se ci sono partiti che si battono per tutelare una minoranza irrisoria di elettori. Ma qualcosa non torna.

Sono arrivati illegalmente, senza passaporto, senza un visto d’ingresso, senza un lavoro milioni di stranieri e ne sono stati respinti e rispediti a casa loro meno di uno su mille mentre quotidianamente  ne arrivano di nuovi a centinaia; una parte – piccola – ha fruito di canali privilegiati per inserirsi nel mondo del lavoro, una parte ha incrementato le file della micro e della grande criminalità, soprattutto nei settori del traffico di stupefacenti e della prostituzione e una parte, la maggiore, viene semplicemente mantenuta e alloggiata coi soldi dei contribuenti.  Ora, questo è un problema, ed è un problema che il cittadino-elettore medio avverte come un suo problema, perché se ha figli deve pagare di tasca sua l’asilo nido o la scuola materna privati perché quelli pubblici monopolizzati dai figli degli immigrati-clandestini  che hanno più diritti dei suoi; se è fortunato e il comune o lo Stato hanno un posto anche per lui il costo della mensa gli viene raddoppiato per pagare anche quella del clandestino-immigrato- invasore.

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Se ha bisogno di cure mediche si deve mettere in coda e quando arriva il suo turno deve pagare anche per l’incapiente straniero, accolto a braccia aperte senza che nessuno abbia chiesto il suo parere. E se aspetta un alloggio popolare perché non si può permettere un mutuo o un affitto sul mercato, è bene che si attrezzi per dormire in macchina. Insomma l’italiano medio ha un problema: è oberato di tasse per sostenere lo stato sociale ma per lui lo stato sociale non esiste. E il governo, i partiti – quelli dell’ammucchiata e quello della finta opposizione – non sembrano toccati dal suo problema, non li riguarda, tant’è che il  governo custodisce gelosamente il costo dell’accoglienza: è un segreto di Stato, rimosso dal bilancio e dai conti dell’Inps.  Però ci sono anche italiani che, a torto o ragione, percepiscono il reddito di cittadinanza. Bene, contro di loro si scatenano tutti i partiti e su di loro è puntato l’occhio del governo: sono fannulloni, ragazzi che preferiscono il divano di casa al timbro del cartellino, non si trovano più bagnini, camerieri, commessi, e i cantieri reggono il boom dell’edilizia drogata dai bonus grazie a slavi e albanesi.   Una frecciatina a qualche rumeno che riceve per posta il reddito (ma quanti saranno mai?) e silenzio di tomba sugli stranieri che lo percepiscono per arrotondare i loro guadagni illeciti ma tutti, dalla Lega a Forza Italia, dal Pd a Italia Viva fino alla Meloni, tutti addosso  ai nullafacenti italiani. Perché il reddito di cittadinanza ha fatto una capriola: se non sei italiano è sacrosanto ma il cittadino italiano proprio in quanto tale è un caso sospetto e la politica deve provvedere.

Il povero umarell di casa nostra comincia a non capirci più nulla: i politici discutono sui balneari e lui non  sa nemmeno cosa siano; le bollette rincarano, i generi di prima necessità  cominciano a levitare, il governo invece di affrontare in modo strutturale  il rapporto fra spesa corrente  e  pressione fiscale e lo squilibrio fra salari e costo della vita se la cava con una graziosa elargizione di duecento euro  (peggio della cesta alimentare durante l’impero romano, che almeno era vissuta come un diritto non come un osso gettato ai cani) e nessuno nei partiti o nei sindacati ha fiatato. E tanto basterebbe ma c’è qualcosa di ben più grave. L’umarell ricorda bene le manifestazioni, gli scioperi, i boicottaggi nei porti quando appena appena soffiavano brezze di guerra lontano dai nostri lidi. E ricordava bene anche i moniti dei  capi di Stato contro l’eccesso di decretazione e i tentativi di aggirare il confronto parlamentare. Ora un modesto funzionario di banca gonfiato come una mongolfiera piazzato a palazzo Chigi dalla euroburocrazia su mandato americano, uno che nessuno ha mai eletto nemmeno in un consiglio d’istituto o in un’assemblea di condominio, assolutamente digiuno di politica o di diplomazia, senza  il minimo legame col territorio e del tutto ignaro delle condizioni della società italiana, si è fatto rilasciare carta bianca dall’ammucchiata  che va da Letta alla Meloni  e a forza di decreti, col compiaciuto avallo di Mattarella, ha portato l’Italia in guerra. Piazze vuote e silenziose, qualche bandiera arcobaleno dal significato ambivalente,  Cgil che guarda altrove e l’unico che si mostra esterrefatto è il papa argentino.

Sarebbe già grave e intollerabile se  la cobelligeranza  italiana fosse la conseguenza di un commune sentire, di  un’emozione collettiva  irrazionale quanto si vuole ma di cui la politica  non potrebbe fare a meno di  rendersi interprete ma non è così: l’opinione pubblica italiana, qualunque sia il giudizio che ciascuno dà sulla vicenda ucraina, è assolutamente, inequivocabilmente  contraria a qualunque tipo di coinvolgimento nella guerra e sarebbe bastato  che una  qualunque forza politica o sindacale avesse chiamato alla mobilitazione per riempire le piazze e far cadere Draghi come un fuscello. Invece nulla; il popolo italiano  ha delegato anche psicologicamente alle organizzazioni sindacali e partitiche la sua capacità di reagire;  non riesce ad esprimere dal suo interno una guida, ha bisogno di stimoli esterni e di un capo. Stupore, mugugni, rassegnazione: tutto qui. Aver  portato l’Italia alla cobelligeranza in una guerra che non ci riguarda e di cui un addomesticato sistema di informazione fa di tutto per nascondere  i veri motivi sarebbe  estremamente grave e intollerabile anche se fosse e indolore e si limitasse a violare sacrosante norme etiche prima che politiche e costituzionali. Ma non è così. Grazie a  Draghi e al patron americano le condizioni dell’economia italiana, già duramente provata non tanto dalla pandemia quanto dalle dissennate misure  per  fronteggiarla, sono  precipitate colpendo soprattutto i settori che più direttamente incidono sulla società: per  l’incoscienza di partiti avvitati su se stessi e che hanno smarrito completamente il senso della loro funzione  l’Italia ha perso irrimediabilmente uno dei suoi principali partner commerciali e l’ultimo residuo canale di turismo di lusso e dovrà ringraziare la Francia o la Germania se la presidente della commissione europea, col convinto sostegno di Draghi, non riuscirà nell’intento di chiudere le forniture di petrolio e di gas dalla Russia, che per il nostro Paese significherebbe non l’austerità, la circolazione a targhe alterne o  qualche grado di caldo in più d’estate e in meno d’inverno ma il collasso di tutte le attività produttive e una catastrofe sociale.

E l’umarell smarrito si chiede: cui prodest? a chi giova?  La risposta è semplice e terribile. Tolti i casi individuali che si contano sulle dita di una mano, questa sporca vicenda  non giova a nessuno, nemmeno a quei potentati industriali come Leonardo che nell’immediato ci stanno guadagnando perché tutta la società italiana se  il governo continuerà a fare il reggicoda di Biden e a prendere sul serio il suo fantoccio ucraino (e il tardivo contatto telefonico di Draghi con Putin è servito solo a darcene un’ulteriore dimostrazione)  finirà per sprofondare  a vantaggio degli “amici” europei.

Tutto questo mentre per i rappresentanti del popolo, da Letta alla Meloni, i nodi da sciogliere sono i balneari e il reddito di cittadinanza (quello destinato ai cittadini italiani, of course).

Pierfranco Lisorini

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