La settimana in pillole

Cervelli in fuga: biglietto di sola andata
Il rientro degli expat crolla del 55%. Colpa del nuovo regime fiscale che ha reso sconveniente tornare. L’Italia resta perfetta per partire, molto meno per ritornare.
Prendere o lasciare
Ostaggi e prigionieri trattati come numeri da mercatino. Netanyahu, Trump e Hamas giocano al rialzo: la posta è la vita umana.
Colpito (quasi) il treno della pace
500 missili su Leopoli, una famiglia sterminata. Per un soffio salvo il convoglio dei pacifisti italiani. La pace, qui, viaggia solo sui binari del terrore.
La spinta di Trump: pace con manuale d’istruzioni
A Sharm el-Sheikh trattano chiusi in stanze separate, come in un reality dell’orrore. Netanyahu ripete ai suoi: “Non uscite dal binario Trump”. Hamas risponde con la lista della spesa dei prigionieri. Nel mezzo, Donald Trump che rassicura: «Avremo presto un accordo». Più che negoziati sembrano i tutorial Ikea: c’è già la mappa, i bulloni contati, e se non segui il manuale… niente pace.
Droni russi: la paura vola più veloce della logica
Quattro italiani su dieci temono un attacco di droni russi. Forse perché ormai il bombardamento più efficace lo fa l’informazione: titoli apocalittici, dichiarazioni sparate sui social e nessuno che spieghi davvero cosa sta accadendo. Zelensky twitta, i giornali amplificano, e l’opinione pubblica si spaventa. Risultato? Mentre aerei invisibili solcano i cieli dell’immaginario, i veri “droni” che ci colpiscono ogni giorno sono quelli della propaganda.
Calabria: Occhiuto vince, Tridico resta senza reddito (politico)
Roberto Occhiuto si riconferma col 60%, Tridico affonda sotto di 18 punti. Meloni canta vittoria: «È il buongoverno». In realtà è il solito menù calabrese: clientelismo condito con qualche avviso di garanzia. Al centrosinistra non è bastato nemmeno l’ex Inps: il reddito di cittadinanza non paga più, soprattutto alle urne.
Italia, nazione da talk show: quando l’audience vale più delle idee
Il Paese si divide su tutto, dai migranti al meteo, e la dialettica lascia il posto al “mi urli sopra, dunque esisto”.
I talk show sono diventati la nuova arena: più che dibattiti, risse con microfono incorporato. L’importante non è avere un’idea, ma conquistare un hashtag.
Così la politica si riduce a reality, l’opinionista a wrestler e lo spettatore a pubblico pagante. Nell’era del bullismo mediatico, vince chi fa più rumore, non chi dice qualcosa di sensato.

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Ilaria Salis, salva per un voto: Bruxelles batte Orban ai rigori
Un solo voto di scarto e l’Europarlamento evita di consegnare l’attivista italiana alle patrie galere di Budapest, dove l’attendevano 24 anni per aver “pestato” un neonazista.
La decisione vale più di un processo: è un cartellino rosso sventolato in faccia a Orban e un assist perfetto per alimentare le risse tra i partiti italiani.
La sinistra esulta, il centrodestra si accusa a vicenda, l’Europa difende lo Stato di diritto. E i neonazisti? Sempre pronti a farsi passare per vittime.
Medio Oriente, ora litighiamo pure sul Vangelo
Israele accusa il Vaticano di “minare la pace”, il Papa conferma che Parolin non ha detto sciocchezze, e intanto in Egitto si scrivono nuovi documenti per rilanciare il dialogo tra credenti.
Il fattore religioso del piano Trump, anziché unire, ha acceso la miccia: ebrei contro cristiani, cristiani contro ebrei, con Dio chiamato a fare da mediatore.
Se la pace in Medio Oriente dipende dalle dispute teologiche, conviene prenotare la prossima cena dell’armistizio per l’anno… mai.
Ceto medio in saldo, difesa a prezzo pieno
Taglio Irpef fino a 50 mila euro, rottamazione in nove anni: al ceto medio qualche briciola, alla difesa la deroga Ue. Giorgetti predica prudenza, ma la manovra sembra una coperta corta che lascia scoperti cittadini e welfare, mentre i cannoni restano al caldo.
Lecornu si arrende, Macron pesca un premier dal cappello
In Francia Lecornu molla, Macron promette un nuovo premier “domani”. La Quinta Repubblica ridotta a un talent show: eliminati i concorrenti, resta solo da scoprire chi uscirà dalla busta dell’Eliseo.
Ostaggi e terroristi, il baratto della civiltà
A Sharm el-Sheikh si tratta la pace come al mercato: ostaggi da una parte, terroristi dall’altra, e il Qatar che annuncia l’intesa come fosse un “saldo di stagione”. Gaza brucia, ma il tavolo dei negoziati sembra una bancarella.
Festival di Salute – Curare meglio, con meno
Padova, 8-11 ottobre. Tumore al seno: decine di terapie, vecchie e nuove. L’arte non è moltiplicarle, ma saper scegliere e combinare: perché curare non significa fare di più, ma fare meglio.
Se la diplomazia balbetta e il diritto è impotente
La tregua a Gaza è un sollievo fragile, ma reale. Non è merito dei governi, troppo occupati a calcolare, bensì delle piazze che gridano rabbia e speranza. Restare umani oggi significa ascoltare quelle voci.
Netanyahu si intesterà la vittoria Ma la verità è che ha dovuto cedere
Il copione è pronto: Netanyahu salirà sul palco, si metterà la medaglia al petto e si proclamerà l’artefice dell’ennesima “storica vittoria”. Peccato che, dietro le quinte, la realtà sia meno gloriosa: non un trionfo, ma una resa camuffata da strategia.
E mentre i fuochi d’artificio illuminano Tel Aviv, c’è chi – come lo storico Benny Morris – lancia la provocazione: se un Trump può essere candidato al Nobel per la Pace, allora forse anche Bibi potrà ambire a quello per il “Miglior Prestigiatore Politico”.
Perché l’illusione è perfetta: sembrare vincitore, mentre in realtà hai semplicemente mollato la presa.
La pace secondo Oslo (e Caracas)”
Il Nobel per la pace a María Corina Machado è una splendida notizia: finalmente qualcuno che lotta contro la dittatura e non per farsene un’amica di circostanza.
A Oslo hanno parlato di “transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia”. Tradotto: “per ora è solo un desiderio, ma almeno qualcuno ci prova”.
Nel frattempo Maduro applaude, ma con la mano sinistra — quella destra è impegnata a firmare nuovi mandati di arresto.
E così il Venezuela riceve la pace… via telefono.
Forse, se continua così, il prossimo Nobel lo daranno a chi riuscirà a far votare un popolo senza paura e senza elettricità.
La pace è un bel sogno, purché non disturbi il regime.
Il presidente e i due popoli (più uno)”
Mattarella vola in Estonia e ribadisce: “Due Stati per due popoli”.
Un concetto nobile, pacifico, quasi poetico — peccato che mentre lo dice, in Cisgiordania scavano nuove fondamenta per il “terzo Stato”: quello dei coloni.
La diplomazia italiana continua a insistere sul sogno dei due popoli, ma la realtà ne fabbrica uno e mezzo: uno armato fino ai denti e l’altro con le mani alzate.
Forse, più che in Estonia, bisognerebbe andare in Israele… o almeno accendere la TV senza filtri della Farnesina.
Due Stati, due popoli, un mondo di ipocrisie.
Giorgetti e la coperta corta (mentre Meloni è in campagna)
Vertice a Palazzo Chigi, ma la premier non c’è: è in Toscana, dove la campagna elettorale vale più della campagna economica.Al tavolo resta Giorgetti, guardiano dei conti e custode del salvadanaio nazionale. I sindacati chiedono fondi, lui risponde con la solita frase da manuale del ragioniere zen: «Le risorse sono limitate».
In manovra, giusto due briciole per Irpef e sanità, il resto è rimandato al miracolo del prossimo trimestre.
S&P intanto conferma il rating all’Italia: non peggiora, ma neanche migliora — come uno studente che passa l’anno solo perché “ha dato buona impressione all’orale”.
La manovra del governo? Una coperta corta tirata da Giorgetti, mentre Meloni fa comizi per scaldarsi da sola.