La scelta di Lucifero

Si potrebbe dire molto sulla disinvoltura con cui si è giunti ad affermare che Lucifero è stato creato da Dio, e che se poi si è trasformato in Satana è colpa sua, di Lucifero, perché Dio lo ha dotato di libero arbitrio e lui il libero arbitrio lo ha usato male, scegliendo di mettersi contro il suo creatore. Anzi, si potrebbe dire ( nel senso di obiettare ), moltissimo.
Tuttavia sorvoliamo su questo, perché comporterebbe discorsi lunghi, triti e ritriti e tuttavia non risolti perché si arenano sulla attendibilità dei testi non canonici e sul tipo di lettura ( allegorica, morale, letterale etc. ) che viene fatta di quelli canonici.

Discorso diverso, nel senso di meno battuto e dibattuto, quello che si potrebbe aprire con una questione la quale pur essendo cruciale, causa una impostazione apparentemente naif non pare abbia mai suscitato troppo interesse o al massimo sia stata solo tangenzialmente toccata.

Lucifero, in quanto angelo più vicino a Dio, era a conoscenza delle caratteristiche divine. Pertanto sapendolo unico, buono, perfetto e onnipotente, come credeva di sfidarlo e vincerlo, lui che potentissimo lo era ma onnipotente no?
Aveva voglia di ingaggiare una battaglia persa? E poi per cosa?
Serviamoci del periodo ipotetico dell’impossibilità al fine di figurarci che la battaglia nei cieli contro l’Onnipotente l’abbia vinta Lucifero. Che ne avrebbe tratto di vantaggioso? Niente! Solo il  danno e la dannazione destinati a chi è divenuto irriducibilmente e inemendabilmente malvagio. Perché se al malvagio la malvagità facesse bene nel senso di renderlo felice di una felicità reale e completa, cioè non di quella, per esempio, del sadico il cui godimento è invece segno di una profonda insoddisfazione, e non fosse altresì inquinata da nessun rimorso svolgendosi in una temperie esclusivamente diabolica e senza confronti con nessun’altra, farebbe bene diavolo o delinquente terrestre che vivesse una simile realtà, a godersela e a volerla reiterare.
Farebbe bene a fare quello che per noi è il male.

A questo punto c’è una cosa essenziale da chiarire cercando di rispondere correttamente alla seguente domanda: il diavolo in quanto figura dello spirito del male, è malvagio in senso assoluto, cioè verso tutti lui compreso, o è malvagio in senso relativo, cioè verso tutti lui escluso? 
Nel primo caso non avrebbe potuto evitare di farsi male.
Nel secondo caso, se cioè si risparmia e fa del bene ( non morale, ovviamente, ma eudemonico ) a se stesso, bisogna convenire che la sua totale perversione di avvoltolarsi nel suo errore e nella sua colpa, lascia spazio a ciò che lo fa star bene, per quanto umanamente e divinamente sia esecrabile, per cui ha tutta la convenienza a continuare, per così dire, sulla sua cattiva strada.

Più brevemente e banalmente in una esplicitazione che potrebbe essere scambiata per ingenua ma che invece ha quantomeno il merito di esigere una coerenza deduttiva: per quale motivo Lucifero non dovrebbe fare il male se traviare e accaparrare all’inferno gli uomini lo fa contento, veramente contento? Non bisognerebbe allora affermare che tra gli uomini malvagi e il diavolo che è il massimo della malvagità, le pene dell’inferno le patiscono solo i primi, mentre il secondo che in proporzione dovrebbe soffrire enormemente di più, gode per essere riuscito a far soffrire gli altri ( e oltretutto, come entità spirituale eterna, ne gode in eterno )?
Lucifero, insomma, starebbe nell’inferno ma ci starebbe bene.

Se il male di cui ha scelto di essere figura è un male in tutto, per tutto e per tutti, e quindi anche per sé, come mai non ha scelto di evitarlo evitando di ribellarsi al Bene?
Scegliere il male per avere il potere su un mondo che farà inevitabilmente, e in primis a lui, male, che guadagno gli porta?
L’intelligentissimo Lucifero ha sbagliato i calcoli pensando di poter essere più felice facendosi del male piuttosto che del bene?
Sa da sempre che il suo dominio sugli inferi e sulle anime di chi riuscirà a traviare non gli darà mai la felicità che avrebbe avuto restando alla corte di Dio; sa che tutto l’oro, i servi, l’autonomia di darsi ( o non darsi ) regole, i possedimenti e le anime perdute di questo e dell’altro mondo non potranno mai compensare il godimento di obbedire Dio. Eppure ancora nelle vesti del serafino risplendente e beato, sceglie di combattere Dio, di perdere e di essere scagliato nel fuoco. 
Sarebbe questa la logica?
Non è che nel racconto che è stato fatto passare come risolutivo c’è qualcosa che non regge?

Riassumendo all’ingrosso: Satana è contento o scontento del male che fa?
Se è contento, allora Dio in realtà non è riuscito a punirlo.
Se è scontento, allora perché ha seraficamente scelto di farlo sapendo a cosa certamente andava incontro?

Fulvio Baldoino

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