La natura non è una ricca cuccagna da depredare

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Tra tutti gli esseri viventi che hanno sviluppato “intelligenza adattativa” per vivere mutando e adattandosi alla natura, noi umani siamo i più malaticci e perdenti.
Usiamo la nostra smisurata “intelligenza creativa” alla rovescia: da disadattati.

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Cambiamo persino la forma del pianeta per adattarlo a noi, campioni di mutazioni conservative gattopardiane.
Invece di mutare e adattare il nostro stile di vita a l’habitat per conservarlo e conservarci in buona salute, cambiamo e stravolgiamo la natura di cui siamo ospiti, per obbligarla a saziare i nostri insaziabili bisogni di sapere e avere per poter “sopraffare”.
E come “grandioso” risultato finale, la devastazione ambientale e il regresso socio, politico, economico si tagliano a fette.
Questa anomala tendenza umana a studiare i cambiamenti adattativi degli altri esseri viventi, per conservare immutato il nostro stile di vita e i nostri privilegi demenziali e suicidi, indusse l’impareggiabile Tomasi di Lampedusa a svelare la formula magica dei cambiamenti conservativi dei potenti farabutti e impotenti: cambiano tutto perché tutto resti com’è.
Spendiamo una barca di miliardi per fingere di difenderci dai virus e dai batteri campioni di mutazioni fulminanti, talmente assassine da arrischiare il futuro dell’umanità.
Ma le nostre “mutazioni” non vanno oltre, (vedi Italia), i banchi di scuola a rotelle, le case col “cappotto”, le auto a batteria e i cervelli (per ora solo robotizzati) domani con microchip di intelligenza artificiale, per evitare (lungi sia) che la conoscenza sviluppi negli umani vera intelligenza naturale: coscienza e capacità critiche, e induca i popoli sovrani a selezionare meglio i propri rappresentanti culturali e politici perché il futuro dell’umanità non finisca in mano a potenti con grande portafoglio, ma piccolo cervello.

E chi avesse trovato pessimista la mia analisi sui cambiamenti gattopardiani dei potenti a danno degli ultimi, passi a “l’ottimismo” giuridico di Piero Calamandrei:

“La legge è uguale per tutti” è una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocar la uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l’aiuto di quella ricchezza che egli non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria.”
Franco Luceri da il rebus della cultura

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