La corte dei miracoli del divo Amadeus: un sipario calato

Il 74º Festival di Sanremo si è concluso, lasciando dietro di sé un’eco di note e polemiche. Come ogni anno, l’attenzione era rivolta non solo alla musica, ma anche al grande conduttore, Amadeus, il mattatore incontrastato della kermesse.

Dietro le luci e le paillettes, però, si celava un’industria culturale complessa, con le sue logiche e le sue criticità. Amadeus, abile stratega, si è confermato un vero e proprio satrapo del jet set, un paladino di questa industria che ha saputo giocare con la “Dialettica dell’Illuminismo”.

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Il suo cerchio magico di collaboratori ha orchestrato uno spettacolo in cui carriere sono state create e distrutte con la stessa facilità con cui si cambia canale. In una danza macabra, artisti e destino si sono intrecciati, plasmando successi e insuccessi a piacimento.

Le parole di Amadeus, che ringraziava la musica e i cantanti in gara, celavano una sottile cortesia verso i protagonisti del suo circo mediatico. Dietro la facciata di gratitudine, si nascondeva la cruda realtà: un sistema che sfruttava il talento per arricchirsi, indifferente al valore effettivo di chi si esibiva sul palco.

Nonostante il successo e gli applausi, un’ombra si allungava sullo spettacolo: l’ombra di un’industria autoreferenziale, imprigionata in un circolo vizioso dove il successo di ieri diventava l’obbligo di oggi e la dimenticanza di domani.

Amadeus, con il suo cinismo spavaldo, ha lasciato aperta la porta a un’eventuale uscita di scena, quasi come un atto di generosità verso la Rai e il pubblico. Ma dietro la bonomia si celava forse la consapevolezza che il vero vincitore sarebbe stato sempre lui, il cui nome brillava nell’immaginario collettivo come il maestro del cerimoniale.

Mentre si discuteva di musica e di emozioni, c’è chi si interrogava sulla possibilità di rompere questo cerchio magico, di mettere fine alla corte dei miracoli di cui Amadeus era il sovrano indiscusso. Forse era giunto il momento di riscoprire la vera essenza della musica, liberandola dalle catene dell’industria culturale e restituendola al suo pubblico, quello che la amava senza condizioni.

In un mondo dominato da share e audience, era forse il momento di riscoprire il valore autentico della musica, al di là dei giochi di potere e delle strategie di marketing. Solo così Sanremo avrebbe potuto tornare ad essere una festa della musica e dell’arte, libera da condizionamenti e interessi commerciali.
Il sipario è calato sulla 74ª edizione, ma la sfida per il futuro di Sanremo è già iniziata. La musica vera attende di essere liberata.

Antonio Rossello       CENTRO XXV APRILE

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