LA CORRUZIONE SECONDO PAPA FRANCESCO

LA CORRUZIONE
SECONDO PAPA FRANCESCO

LA CORRUZIONE SECONDO PAPA FRANCESCO

Una nota di presentazione della biografia di Jorge Mario Bergoglio – intitolata Papa Francesco, La vita e le sfide, di Saverio Gaeta, San Paolo Edizioni, 2013 – segnala  che “Ora la Chiesa e il mondo intero guardano a questo uomo ‘venuto dalla fine del mondo’ con speranza e curiosità. Questa biografia è il testo aggiornato e affidabile che tutti aspettavano.
Gaeta ripercorre con un linguaggio semplice e coinvolgente le tappe della vita di Bergoglio fino al momento dell’annuncio Habemus Papam e ai primi, fortissimi gesti simbolici” (dal sito: www.libreriadelsanto.it), e fin qui non c’è niente di strano: è il lancio pubblicitario di un libro sul nuovo papa scritto dal vaticanista di Famiglia Cristiana; strana, a me pare, è la seguente postilla: “Il volume presenta inoltre una sintesi delle principali sfide che il Papa si troverà ad affrontare: dagli scandali, alla riforma della Curia, alla questione morale, alla nuova evangelizzazione”. Perché strana? Perché un accreditato e autorevole giornalista cattolico  da un lato ammette, senza più mezzi termini o velate allusioni, il fallimento dei due ultimi pontificati (dal momento che gli scandali, l’annosa questione della riforma della Curia, la spinosa persistenza di una questione morale che riguarda le stesse gerarchie ecclesistiche, l’avvio di una nuova evangelizzazione  da tempo annunciata ma non ancora attuata rimangono tuttora sfide aperte da affrontare) e dall’altro  non tacendo le aspettative del mondo intero, non solo  del “popolo di Dio”, è come se indicasse la linea programmatica politica e pastorale  a questo Papa latinoamericano, di umili origini, lontano dai veleni e dalle lotte intestine vaticane, che ha scelto, e non per caso, di chiamarsi Francesco. Insomma, ora tutti – o quasi -, secondo il vaticanista di Famiglia Cristiana,   si attendono – a mio avviso un po’ miracolisticamente – da Papa Francesco il risanamento della Chiesa, a cominciare da quello della Curia romana. D’altronde è stato lui stesso a sottolineare la necessità che la Chiesa “riapra i sentieri della speranza”, sentieri che, evidentemente, sono ancora in parte ostruiti dalle macerie provocate dagli scandali sessuali e finanziari che hanno “deturpato” (parola del Papa emerito Benedetto XVI) il volto della Chiesa; tanto che  nell’omelia della Domenica delle Palme ha ammonito, come già fece il suo predeccessore dimissionario, contro la “sporcizia” del peccato che si annida anche nella casa del Signore. Tuttavia Papa Francesco ha esortato i giovani a non rassegnarsi mai al male e a “non farsi rubare la speranza”, perché Gesù “prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, e lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore”. E poi ha aggiunto: “Guardiamoci intorno: quante ferite il male infligge all’umanità!
Guerre, violenze, conflitti economici che colpiscono chi è più debole, sete di denaro, di potere, corruzione, divisioni, crimini contro la vita umana e contro il creato! E i nostri peccati personali: le mancanze di amore e di rispetto verso Dio, verso il prossimo e verso l’intera creazione”.
Finalmente – si dirà – parole chiare, inequivocabili e appassionate vengono dalla cattedra di Pietro, tutte in difesa degli ultimi e dei poveri; non che gli altri papi predicassero cose diverse, ma qui si sente un afflato, un’urgenza e quasi una febbre di carità che ricorda quella del  Papa “buono” Giovanni XXIII e, per quel poco che è gli è stato possibile, di Giovanni Paolo I, chiamato prematuramente a sé dal Padre celeste, in circostanze mai del tutto chiarite,  prima che potesse iniziare il suo programma di revisione e chiarificazione  sulla provenienza dei conti  dello IOR, l’Istituto per le Opere Religiose (almeno nominalmente) – allora  presieduto
dall’arcivescovo  faccendiere Paul Marcinkus – e prima che potesse portare a termine l’indagine conoscitiva avviata sull’iscrizione di alti prelati della Curia di allora come il cardinale Jean Marie Villot, Segretario di Stato, il cardinale Agostino Casaroli, responsabile della politica estera vaticana, il cardinale Ugo Poletti, vicario generale di Roma (che autorizzò la sepoltura di Enrico De Pedis, membro della banda della Magliana, nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare), alla massoneria e sul loro ruolo in affari poco trasparenti tra Vaticano,  grandi banche, criminalità organizzata  e servizi segreti deviati. Nella sua omelia delle Palme il nuovo Papa elenca vari peccati o vizi distinguendo tra quelli che hanno, per così dire, una maggiiore portata sociale e collettiva (ingiustizie, prepotenze, violenze, sete di danaro e di potere, crimini contro la vita e contro il creato) , e quelli che definisce “personali” (mancanza di amore e di rispetto verso Dio e  verso il prossimo, a cui aggiunge  la mancanza di amore e di rispetto verso l’intera creazione), ma non tralascia di menzionare la piaga della corruzione sistemica, istituzionale e politica, non sempre stigmatizzata dai pulpiti al pari di altre tipologie di male o di peccato. Che cosa intende Papa Francesco quando parla di corruzione? E’ in libreria dal 25 marzo il libro Guarire dalla corruzione (EMI, Bologna, 2013) una raccolta di meditazioni che l’arcivescovo Jorge Maria Bergoglio fece per la diocesi di Buenos Aires nel 2005 sul tema, appunto, della corruzione, di questa peste che ha infettato la politica, l’economia, la società e di cui, purtroppo, come ci attestano le cronache quotidiane, nemmeno la Chiesa è immune.  Ma qual è l’origine, il seme, la  radice della corruzione? Lo spiega Gesù ai discepoli: “Non affannatevi ad accumulare tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano, dove i ladri sfondano e rubano. Accumulate tesori in cielo, dove tignola e ruggine non consumano né i ladri sfondano e rubano. Infatti dove è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6, 19-21). Ecco: la prima radice della corruzione è il cuore umano che si attacca a quello che crede essere il suo tesoro: il danaro, il potere, il successo ad ogni costo. E’ dunque nel cuore umano che si annida il germe della corruzione, che, più che un peccato, è l’origine di tutti i peccati, ed è per questo che, secondo Papa Francesco, la corruzione, a differenza del peccato, non può essere perdonata; di qui la perentoria affermazione: “Peccatore sì, corrotto no!”.  E’ vero che, se per il catechismo della Chiesa cattolica non c’è peccato che non possa non essere perdonato – eccezion fatta per il peccato di bestemmia contro lo Spirito Santo (cfr.  Marco 3, 28-29) – tuttavia per la corruzione non c’è perdono   perché “alla radice di qualunque atteggiamento corrotto c’è una stanchezza della trascendenza: di fronte al Dio che non si stanca di perdonare, il corrotto si erge come autosufficiente nell’espressione della sua salvezza: si stanca di chiedere perdono” (ammesso e non concesso, verrebbe da aggiungere, che una volta l’abbia chiesto). Il corrotto non si sogna nemmeno di chiedere perdono perché ritiene di non aver niente da farsi perdonare: che male c’è nel comportarsi come tutti (o quasi) si comportano non appena possono avvalersi di un qualche privilegio o approfittare di una posizione di forza e di potere per commettere soprusi e ingiustizie? Che male c’è nel corrompere con il proprio danaro e con il miraggio di una carriera facile giovinette e giovanotti ambiziosi abbagliati dalla ricchezza e dalla fama, non importa come acquistata? Sulla base del “che male c’è”. quindi, il corrotto non prova nessun rimorso, e non vede di che cosa dovrebbe pentirsi; anzi, proverebbe rimorso e pentimento se non avesse approfittato delle occasioni favorevoli a lui offerte per soddisfare i propri desideri e le proprie ambizioni. “Ne consegue che difficilmente il corrotto può uscire da questo stato interiore di anestesia morale”. Non c’è dunque possibilità di salvezza per lui (e qui, da noi, tutti pensano a una determinata persona, o meglio, a un personaggio che da vent’anni occupa la scena mediatica e politica)? Secondo l’allievo di Sant’Ignazio di Loyola, il gesuita Jorge Maria Bergoglio divenuto Papa: “generalmente il Signore lo salva attraverso prove che gli arrivano da situazioni che non può evitare (malattie, perdita di ricchezze, di persone care, eccetera) e sono queste che spaccano l’ossatura corrotta e permettono l’accesso della grazia. Adesso potrà essere curato”. Dalla corruzione si può guarire, quindi, soltanto con l’amara medicina del dolore; ma è proprio la medicina che corrotti e corruttori aborriscono. Non rimane che  sperare  nelle disgrazie mandate da nostro Signore…
 
FULVIO SGUERSO
 
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