CINEMA: La scelta di Barbara

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO  In sala in provincia 
  La scelta di Barbara

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
 In sala in provincia
 La scelta di Barbara

Titolo Originale: BARBARA

Regia: Christian Petzold

Interpreti: Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Rainer Bock, Claudia Geisler, Peter Weiss, Rosa Enskat

Durata: h 1.45

Nazionalità: Germania 2012

Genere: drammatico

Al cinema nel Marzo 2013

Recensore Biagio Giordano

In sala in Provincia

Il film è ambientato nella Germania dell’Est, nell’estate del 1980, nove anni prima della caduta del muro di Berlino.

Barbara (Nina Hoss) una bella dottoressa bionda, un giorno esprime ai suoi superiori il desiderio di abbandonare la Germania dell’Est per recarsi in quella dell’Ovest, democratica e libera. La cosa non è per niente  gradita agli amministratori dell’ospedale tanto che la donna viene trasferita da  Berlino Est a una clinica di una città di periferia.

Il  giovane amante di Barbara, Jörg, benestante, che vive ben integrato dalla parte Ovest della città tiene i contatti con lei e propone un piano di fuga per la donna.

 

Barbara  nel nuovo ambiente di lavoro è riservata e sospettosa,  ha spesso in mente di fuggire, di andarsene  via al più presto magari  via mare in un gommone come qualcuno le sta proponendo. L’idea diventa  un fermo proposito e Barbara mette da parte i soldi per pagare chi organizza, speculando, questo genere di fughe. Le banconote vengono chiuse in un sacchetto impermeabile affinché l’acqua del mare non vi penetri.

 

Nella clinica la dottoressa Barbara svolge il suo lavoro molto bene, e con il cuore aperto,  ascoltando i problemi di chi soffre e lasciandosi sempre più coinvolgere da un gioco empatico con i pazienti di grande valenza sociale che le rilascia notevoli  emozioni.

 

In particolare Barbara si prende a cuore un’adolescente molto depressa di nome Stella (Jana Fritzi Bauer), anche lei desiderosa di fuggire all’ovest. Stella al suo primo tentativo di fuga, via terra, fallirà l’obiettivo lacerandosi una gamba sul filo spinato.

 

Il primario del reparto, André (Ronald Zehrfeld), rimane colpito dalla bellezza di Barbara, amplificata dai suoi modi di fare sicuri, legati a una personalità che appare indipendente, un po’ fuori le righe, insolita per la periferia. La donna attrae perché viene da una metropoli e dalle conversazioni dà l’idea di possedere idee chiare e più aperte sulla vita.

André cerca di aprire con lei, con molta prudenza, un varco comunicativo  sperando di approdare a una fruttuosa amicizia. Dapprima Barbara si mostra indifferente alle attenzioni del primario  per poi in seguito  aprirsi sempre di più a lui  tanto da sentir nascere  alcuni dolci sentimenti.

 

La  donna è tenuta sotto controllo dalla Stasi (la polizia politica di stato) che le fa spesso visita, all’improvviso, entrando di forza nella sua  casa fatiscente, assegnatele  frettolosamente dalle autorità governative, e obbligandola, senza alcun scrupolo, a sottoporsi a una perquisizione totale  del corpo.

Riuscirà Barbara a mantenere i suoi propositi di fuga nonostante il coinvolgimento emotivo e sentimentale sempre più forte nei confronti di Stella e André?
Christian Petzold è noto per il film drammatico Jerichow  (2008) pellicola promossa dalla critica ma non molto apprezzata dal  pubblico forse a causa di  modi di raccontare  non proprio  legati alle tradizioni tedesche più brillanti sul genere drammatico (Herzog ad esempio).

Con il film La scelta di Barbara il regista tedesco cancella ogni riserva sulle sue qualità imponendosi all’attenzione della critica  per sensibilità narrativa, capacità di drammatizzazione  superlativa  resa verosimile, credibile, grazie  al  costante  e preciso legame che sa mantenere con il reale.

Con questo film Christian Petzold prende meritatamente l’Orso d’argento a Berlino.

Nonostante i colori  vivaci e la luce intensa con cui vengono rappresentate le varie scene di vita della Germania dell’Est, che sono molto lontane dai toni, di solito semiscuri, con cui eravamo abituati a vederle nelle pellicole  precedenti sull’Est, il film non può fare a meno  di mostrare una Germania dell’Est (del 1980) molto diversa dall’occidente: povera, con abitazioni fatiscenti, negozi senza varietà di assortimento delle merci, poche automobili  quasi tutte spartane prive di confort, assenza  nelle scene di ogni libera attività culturale ed artistica, gente tendenzialmente poco allegra meditativa e seriosa, aspetti che rendono la vivacità dei colori con cui si sono girate le scene in disarmonia con lo spirito reale di quella vita sociale.

Questo film non sembra comunque voler dare, attraverso la descrizione dell’evidente mancanza di libertà dei paesi dell’Est di allora, un giudizio completamente negativo su quelle società. I personaggi creati dal regista  Petzold si muovono infatti con grande umanità e seppur resi opachi da un contesto sociale non consumistico, super controllato dalle burocrazie di stato, appaiono capaci di esprimere maggior sentimenti di solidarietà e fratellanza di quanti forse in condizioni simili sarebbero in grado di esprimere i cittadini occidentali, ormai assuefatti al consumismo estremo inteso come status simbolo ( indicante un merito individualistico).

Un film semplice che sembra però voler riaprire una meditazione più complessa sulle esperienze comuniste dell’Est, giudicate dall’occidente toppo frettolosamente estremamente negative. Di fronte alla devastazione territoriale e paesaggistica dell’Occidente, al prevalere di democrazie fittizie dove i voti in forme diverse si comprano lasciando via libera a interessi particolareggiati ed egoistici che danneggiano i cittadini onesti e lo Stato, le forme di Democrazia popolare-ideologica dell’Est non hanno certo sfigurato. Esse mettevano al primo posto l’interesse generale anche se forzato, burocratizzato, e oggi si ritrovano un territorio molto meno devastato con risorse naturali, insperate fino a qualche tempo fa, tali da far concorrenza, pur con forme nuove di economia e di organizzazione sociale, all’occidente.

Il film sembra  voler porre, seppur solo metaforicamente, la questione della relatività della mancanza di libertà nel sociale comunista, mettendo  a confronto quest’ultimo con la  libertà dell’Occidente, che a distanza di anni appare sempre più condizionata da ristretti gruppi economici oligarchici, tanto da  ridursi ormai alla semplice, ininfluente politicamente, libertà di parola.

BIAGIO GORDANO

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.