LA CASA DEL BOSCO
LA CASA DEL BOSCO:
un progetto turistico/naturalistico che utilizza la suggestione come strumento comunicativo
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LA CASA DEL BOSCO: un progetto turistico/naturalistico che utilizza la suggestione come strumento comunicativo di Luigi Lirosi e Nat Russo
Foto di minatori. La posizione e l’accessibilità dell’ex caserma della forestale della Foresta demaniale di Cadibona, ne determinano i possibili usi futuri. Le difficoltà di accesso ne diminuiscono la fruibilità, ma in compenso ne aumentano il fascino. Ne rendono difficoltoso un utilizzo turistico, ne esaltano la vocazione naturalistica. La sua collocazione nel bosco è una silenziosa, ma assordante, citazione delnemus saonensis. Tenuto conte delle caratteristiche individuate, si propone che l’ex caserma della forestale in un futuro, relativamente prossimo, venga riutilizzata comeCasa del bosco. Motore pulsante del progetto dovrebbe essere un centro didattico finalizzato ariforestare le menti dei ragazzi della provincia di Savona, che, a dispetto delle secolari, se non millenarie, cicliche spoliazioni, epermanentedepauperamento del manto forestale, è ancora la provincia più boscata d’Italia. Il progetto si articola in sezioni: 1. storico documentaria 2. sperimentale 3. operativa 4. ludica 5. residenziale comprensiva di foresteria ricettivo – turistica bar – spaccio 1. La sezione storico – documentaria (che impegnerà in modo permanente una stanza) raccoglierà la documentazione cartografica, libraria, fotografica e video, nonché i necessari supporti tecnologici, al fine di ricordare il nemus saonensis e di documentare di quanto si sta facendo per recuperare il grande bosco storico, a cominciare dalla più longeva, per quanto ridotta in qualità ed estensione, proprietà pubblica esistente in Italia: la foresta demaniale di Cadibona che, in quanto erede del nemus saonensis, è unaproprietà pubblica millenaria. Il bosco nella sua complessità ed unità vitale in quanto: 1. organismo che si modifica nel tempo – a prescindere dal parassita umano – per l’evoluzione climatica 2. il rapporto tra l’evoluzione tecnica ed il bosco 3. il Nemus saonensis tra storia e politica: la guerra tra il castagno ed il pino. 4. le truppe mercenarie, le grandi famiglie genovesi ed i contadini asserviti 5. il Nemus saonensis, la Madonna della Misericordia e la Corsica 6. valore economico del Nemus saonensis 7. il potere sul Nemus 8. storia del concetto, limiti e possibilità della proprietà 9. storia della proprietà sul Nemus Inoltre dovrà documentare in modo scientifico tutte le presenze arboree esistenti, le essenze legnose e tutte le possibili trasformazioni: 1. legno 2. torba 3. lignite ( miniera ) 4. carbone di legna ( ferriere ) 5. carbon fossile ( funivie ) 6. legno fossile Situazione energetica e storico – industriale della provincia in rapporto alla sua morfologia. Le particolari emergenze delNemus saonensis: l’Antracotherium magnume la miniera di lignite. Attenzione particolari per le linee di trasporto eccedenti la dimensione territoriale: ferrovie, strade e canali. 2. La sezione sperimentalesi prefigge di presentare le problematiche di un bosco, comprendere l’itinerario necessario per rinaturalizzare il Nemus saonensis, sperimentare la possibilità di recupero e reintroduzione delle essenze storiche e la velocizzazione dei cicli naturali. Cogliere e valorizzare le relazioni tra il recupero del bosco e della varietà delle essenze arboree, il recuperare del bosco dalle conseguenze di un degrado derivante da un abbandono di un bosco a suo tempo deviato da un intervento umano condizionato da finalità a-naturali, oggi insidiato da piante parassite ed infestanti. Seguire con trepidazione il ritorno delle essenze, dei fiori e dei frutti storici, con la conseguente ripopolazione della fauna storica. 3. La sezione operativafungerà da supporto a pratiche di rinaturalizzazione, con pratiche di ingegneria ambientale, i rii ed i sentieri, che comunque dovranno escludere i veicoli a motore, se non debitamente autorizzati, e/o paganti un biglietto di ingresso. La creazione di un vivaio, con annesso giardino di fiori ed arbusti tipici del sottobosco. Nelle attività didattiche della sezione operativa dovrà essere inclusa l’educazione alla gestione dei rifiuti, in particolare di quelli prodotti dai gitanti, e dei fuochi. 4. La sezione ludicaè costituita dalla raccolta e conservazione dei risultati e degli strumenti allestiti per tradurre in pratica le attività individuate nei precedenti punti, allorché si rivolgono alle scolaresche o alle associazioni giovanili. Pensando invece agli adulti è costituita dalla raccolta e conservazione dei risultati e degli strumenti allestiti per tradurre in pratica le attività salutistiche e ricreative che avranno nella “ casa del bosco “ un posto tappa e di ristoro. Con le dovute precauzioni si può pensare ad una foresteria per gli alunni ed i ragazzi associati. Si può persino pensare, con un’attenzione ancora maggiore verso attività economiche che prescindano dagli interessi naturalistici, ad una attività ricettiva legata al turismo naturalistico. Posto tappa e ristoro per gli escursionisti dell’Alta via, per gli escursionisti a piedi ed a cavallo, per le bici da montagna, e per tutti i nomadi amanti della natura. 5. Attività residenziale Tenuto conto dell’importanza storica e naturalistica del Nemus saonensis, si ospiteranno gli scolari, con i loro insegnanti, anche per più giorni. L’accoglienza implica un impegno gravoso, ma permetterà anche un modesto introito motivato dalla fornitura di servizi. Tale attività difficilmente produrrà un reddito sufficiente, per cui si può attuare solo su prenotazione, coordinandolo con il rifugio – ostello dell’Alta via il Cadifugio di Cadibona, che dovrebbe assicurare il personale, curare i controlli e coordinare l’accoglienza. LA MINIERA DI CADIBONA
Libera rielaborazione sintetica da fonti storiche bibliografiche e sitografiche Una strana scoperta… Scoperta casualmente nel 1786 da un cacciatore che mostrò il pezzo di lignite nel quale era inciampato ad un ufficiale svizzero al servizio della Repubblica di Genova, la miniera di Cadibona attirò fin dal principio l’attenzione del regime napoleonico che vedeva nell’estrazione del carbone la chiave di volta per i progetti di sviluppo industriale concepiti dallo statista Chabrol de Volvic.
La miniera agli albori Il trasporto Le misure della galleria I ruoli in miniera Le difficoltà della vita in miniera Bastava entrare in galleria per essere resi irriconoscibili, l’umidità e la temperatura in miniera erano tali che si lavorava in mezze maniche anche d’inverno e nonostante ciò si continuava a sudare. La società non passava alcun indumento, ad eccezione di un paio di stivali a consumo a chi operava nella galleria Sant’Andrea, dalla quale usciva un vero e proprio fiume d’acqua. II problema delle calzature era molto serio, in quanto non se ne trovavano: anche se a Cadibona in molti sapevano farle, mancava la materia prima, il cuoio. Quasi sempre tale difficoltà si risolveva con gli zoccoli, il cui fondo in legno si reperiva sul mercato o si costruiva, mentre la tomaia veniva rimediata da un paio di scarponi con la suola irrecuperabile. Questi risultavano le calzature migliori in quanto tenevano il piede caldo e asciutto. Le condizioni lavorative peggiori erano riservate agli “esonerati”, ovvero coloro che avevano ottenuto l’esonero nei primi mesi del ’42, i quali per molto tempo non usufruirono dei riposi settimanali, concessi solo in seguito grazie ad un intervento dell’Ispettorato del Lavoro. Dopo pochi giorni i minatori furono tutti convocati sul piazzale. I dirigenti della miniera chiesero se chi aveva avuto il coraggio di rivolgersi all‘Ispettorato ne avesse altrettanto in quel momento di farsi avanti. Nessuno avanzò, ma il monito era stato chiaro. Quella era la guerra dei lavoratori, il motto ‘Credere, obbedire e combattere’ doveva valere anche se esonerati. L’alternativa veniva detta loro chiaramente: era la Russia. La fine dell’attività in miniera Al termine della guerra, a causa della scarsa redditività , la ricerca e con essa l’attività della miniera giunse al termine. La miniera si avviava così ad una rapida chiusura e, sebbene molti in quel periodo avessero trovato una diversa occupazione, numerose erano ancora le famiglie che contavano su quello stipendio fino ad allora garantito. Nei primi mesi del 1946 l’attività della miniera venne interrotta aumentando il numero dei disoccupati. Tuttavia fino al 1952 continuò una gestione operaia sotto forma di cooperativa con scarsi risultati. |