Israele da vittima a carnefice. Dove niente è come appare

L’attentato terroristico è sempre spregevole. Ciò non toglie tuttavia che in determinati contesti possa essere se non approvato quantomeno capito. Il gesto di uno squilibrato è per natura sua incomprensibile ma l’intenzione di seminare il terrore nella popolazione di uno Stato nemico  impossibile da affrontare direttamente per la sproporzione delle forze o quella di far vacillare l’ordine costituito  da parte di una minoranza che non è in grado di misurarsi sul terreno della legalità  sono, come le guerre, evenienze  umanamente e moralmente da condannare ma che non a caso si ripetono e godono di una loro razionalità

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Stragi fra sciiti e sunniti, il palestinese che si fa saltare per aria in una strada di Tel Aviv, l’attentato a una chiesa cristiana: fatti aberranti, disgustosi quanto si vuole ma comprensibili se ci si mete nei panni degli attentatori e per un momento si  prova a condividere la causa per la quale uccidono e affrontano essi stessi la morte.  Può urtare la sensibilità delle anime belle ma i rapporti fra singoli individui sono più improntati alla diffidenza e all’odio che non all’amore e basta poco per condividere  l’odio e dislocarlo contro il nemico. E basta poco per considerare l’altro non per quello che è, lo specchio di se stessi, ma come un oggetto o un bersaglio.

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I palestinesi di Hamas con la strage del 7 ottobre hanno però passato il segno, così come fu passato il segno l’11 settembre del 2001.  Ed è comprensibile la voglia di vendetta così come pare del tutto legittimo l’obbiettivo di annientare l’organizzazione responsabile del crimine. Ma il governo israeliano non è stato capace di conseguire tempestivamente quell’obbiettivo (o forse non era la sua priorità). Ora, a distanza di un anno, continuo a chiedermi che cosa ha spinto Hamas a superare il segno, ad andare clamorosamente oltre le dimensioni e lo scenario di un attentato. Perché l’ha fatto?  Mi rifiuto di credere che i suoi capi non si rendessero conto che sarebbe stata la popolazione tutta della Palestina a subirne le conseguenze, non solo in termini di vite umane ma di ulteriore perdita di territorio e di quel po’ di residua sovranità che le è stata concessa. Non solo: ci voleva poco a capire che la Palestina avrebbe perso l’appoggio dell’opinione pubblica occidentale e di quella parte del mondo arabo che più o meno tiepidamente l’aveva sostenuta. E per gli stessi motivi mi rifiuto di credere che l’Iran, l’Iraq, per non dire della Siria o del Libano, avessero istigato o addirittura promosso qualcosa che si sarebbe ritorto contro loro stessi, dando un pretesto a chi ha tutto l’interesse a destabilizzare l’area.

Dubbi e perplessità che il tragico sviluppo delle operazioni militari americane,- pardon, volevo scrivere israeliane -, inevitabilmente provocano. All’indomani della strage iniziarono le provocazioni all’Iran con gli americani che si affrettarono a inviare la loro portaerei e stampa e diplomazia occidentali palesemente deluse per la freddezza e il controllo dell’ayatollah Khamenei e del suo governo. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Le continue violazioni della sovranità del Libano, della Siria e dello stesso Iran, colpito fino al cuore di Teheran, non sono bastate a scatenare una reazione che non fosse semplicemente verbale e simbolica e questo ha finito per far saltare i nervi a qualcuno che ora si impegna a tirare la corda finché non si spezza. In tutto ciò è vergognoso il comportamento dei media italiani che fanno passare l’Iran aggredito per l’aggressore e legittimano l’invasione e i bombardamenti indiscriminati sul Libano.

Se mi riesce difficile capire l’attacco politicamente suicida del 7 ottobre meno ancora mi risulta comprensibile l’atteggiamento di Zelensky e del governo ucraino. È evidente per chiunque non sia accecato da pregiudizi che per quanto sostegno militare l’Ucraina possa ricevere dalla Nato e dagli Usa non esiste nemmeno una remota possibilità non dico che la creatura di Lenin prevalga militarmente sulla federazione russa ma che possa uscire dal conflitto con un soddisfacente compromesso. Più armi riceve più si prolunga la guerra e più malconcia ne esce l’Ucraina, ammesso che ne esca. E anche in questo caso mi chiedo: è una pulsione suicidaria che contagia l’ex comico, il suo entourage e almeno una parte del suo popolo o ci sono altre motivazioni e altre finalità che giustificano la falcidie di intere generazioni?

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L’unica cosa che mi sembra accertata è il progressivo avvicinarsi politico e anche geografico dei due conflitti con l’atteggiamento sornione degli Usa in apparente contrasto con la sanguinaria determinazione di Netanyahu e l’incoscienza guerrafondaia di inglesi e polacchi (i paesi baltici che in tre non raggiungono il numero di abitanti di Parigi sono realtà irrisorie). Non ci si lasci ingannare dalla falsa moderazione americana. Gli americani – s’intende il governo e il sistema di potere americano .- non si sono limitati a tirare il sasso per poi nascondere la mano ma continuano a reggere i fili della politica mondiale. Zelensky chiede di poter colpire in territorio russo con armi occidentali e gli americani fingono di trattenerlo per la giacca ma sono proprio loro che lo spingono a farlo. Fingono di volerlo fermare ma di essere costretti ad accontentarlo dall’alleato europeo; e se rimproverano a Israele un eccesso di reazione e si mostrano costernati per le 40.000 vittime di Gaza e le sortite all’interno dei confini altrui è solo un gioco delle parti: sono loro che hanno pianificato la devastazione della striscia, l’invasione del Libano e la sfrontata violazione della sovranità dell’Iran; e non lo hanno fatto per capriccio ma per inferire un colpo mortale al Brics. D’altro canto Israele fa quello che è nella sua natura fare: espandersi per sopravvivere così come i palestinesi fanno quello che la loro sopravvivenza li spinge a fare. Un maledetto rompicapo conseguenza dell’idiozia perpetrata nel dagli inglesi e ratificata dall’Onu nel 1948 con la farneticante giustificazione di risarcire gli ebrei per la Shoah: un crimine europeo fatto pagare agli arabi!

Se le vicende umane fossero guidate dalla ragione niente avrebbe impedito agli ebrei desiderosi di percorrere a ritroso la diaspora di tornare nella Terra Promessa, la terra dei loro antenati. Di tornarvi rinfoltendo le colonie dei loro correligionari che da secoli convivevano col miscuglio di etnie arabizzate che chiamiamo palestinesi. E va ricordato che a aizzarli gli uni contro gli altri sono stati gli europei, inglesi da un lato e tedeschi dall’altro, con i musulmani integrati nell’Asse e la brigata ebraica a fianco degli alleati durante la seconda guerra mondiale.

Ma la gran parte degli ebrei erano perfettamente integrati nelle rispettive nazioni e molti di loro costituivano il fior fiore della borghesia produttiva e dell’intellettualità. Non solo: col progressivo venir meno del potere ecclesiastico contribuivano in modo determinante alla laicizzazione della società occidentale sulle orme di Spinoza, di Marx, di Freud, di Einstein, tutti di famiglia ebraica e tutti assolutamente liberi da condizionamenti religiosi.

L’Europa – col supporto formale  dell’Onu -ha fatto balenare la possibilità che si costituisse uno Stato palestinese e non ha fatto nulla per la sua realizzazione, come nulla hanno fatto gli Stati arabi. In compenso la creazione dello Stato di Israele, creato su base religiosa e quindi simmetrico rispetto agli Stati islamici, era destinato ad essere motivo di tensione per tutto il medio oriente. Mi è già capitato di citare me stesso su questi Trucioli: più di quaranta anni fa nel liceo in cui insegnavo avevo come allievo un giovane saharawi che alla fine di una lezione mi si avvicinò chiedendomi come sarebbe finito il conflitto arabo-israeliano. Gli risposi; “Non finirà”.  Sapevo che non tutti i problemi hanno una soluzione e ritenevo che quello fosse un problema insolubile. La penso ancora così, con l’aggravante che ora di questo focolaio perenne come il fuoco di Vesta si approfittano gli americani per incendiare tutta l’area e provocare una conflagrazione planetaria. Non vedo quando e come possano essere fermati; ma se non si fermano l’umanità è spacciata.

P.s.

A proposito di problemi risolvibili o no, quello islamico è un problema grave almeno quanto la plutocrazia americana. La fede religiosa trasferita sul piano sociale è infatti un insormontabile impedimento alla convivenza fra i popoli e inquina le istituzioni. nazionali. In Occidente ha bloccato e stravolto il corso della civiltà e ci sono voluti secoli per ricondurla nell’ambito del privato facendo rispettare ai cristiani la lezione di Agostino: “In interiore homine habitat Veritas” Il mondo arabo e arabizzato può e deve portare a termine un percorso simile senza che la laicizzazione ne sgretoli la compattezza sociale.

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