Intellettualandia: L’Estetologo
Benvenuti a Intellettualandia
La rubrica settimanale che esplora, con spirito caustico e sorriso sarcastico, il magico mondo degli intellettuali.
Ogni domenica apriamo le porte di questo strano luna park del pensiero per presentarvi una figura simbolica del nostro tempo: non mancheranno filosofi assorti, politologi infallibili (a posteriori), sociologi multitasking, storici ossessionati dal passato e ogni altro esemplare della specie intellectus sapiens, quella che parla difficile per non farsi capire.
Non si offenda nessuno (o almeno si offenda con stile): Intellettualandia non vuole demolire, ma semplicemente smontare e osservare — con la lente del buon umorismo — i tic, i vezzi e le pose di chi si prende sempre molto sul serio. Questa settimana:
L’Estetologo
L’Estetologo è una creatura mitologica partorita dai corsi universitari di discipline “a metà tra filosofia e architettura” (come ama dire lui), con il vezzo di trasformare ogni tavolino da bar in un simposio sul Bello Assoluto.

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Si distingue facilmente: siede con la schiena perfettamente dritta, il mento lievemente sollevato, l’occhio umido di commozione per la bellezza di un sottobicchiere o per la “raffinata inconsistenza” di un cappuccino servito in tazza vintage.
La sua specialità è l’aggettivo “pertinente ma inaccessibile”: se un comune mortale dice “questo quadro è bello”, l’Estetologo risponde con un sospiro e sussurra “Più che bello, è un’epifania di tensione ontologica”.
Ama dichiarare di essere apolitico, ma solo per poter giudicare l’estetica delle manifestazioni altrui: il corteo ambientalista? “Visivamente dozzinale”. Lo striscione dei lavoratori licenziati? “Una palese mancanza di senso cromatico”.
Nelle conversazioni, l’Estetologo si nutre di tre sostanze principali:
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Superbia indolore – Non sente alcun imbarazzo a dire che nessuno ha mai compreso Kandinskij come lui.
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Citazioni centrifugate – Benjamin, Barthes, Adorno, buttati lì come coriandoli.
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Una fede cieca nella superiorità del concetto sulla materia – eccetto, beninteso, quando si parla dei suoi cachet.
Quando entra in libreria, si aggira tra i reparti come un rabdomante del Sublime: sfiora le copertine con l’indice, chiude gli occhi, mormora “sì, è qui che dimora il senso ultimo del vuoto”. Poi però compra solo cataloghi di mostre, preferibilmente fuori catalogo e con titoli in francese.
L’Estetologo teme solo una cosa: il silenzio privo di riverenza. Se nessuno lo ascolta, si accartoccia come un origami bagnato.
Ma non commettete l’errore di compatirlo: nel suo habitat naturale – una conferenza semivuota o una diretta Instagram con quattro spettatori assortiti – è felice. E come tutti i predicatori del Bello Inattingibile, si sente in missione per salvarci dal nostro rozzo senso comune.