INFERNO CLIMATICO E LUDDISMO MEDIATICO

“L’umanità è davanti a una scelta – ha detto Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, davanti ai leader riuniti a Sharm el-Sheikh – cooperare o morire. Si tratta di un Patto di solidarietà o di un Patto di suicidio collettivo. Il mondo è su un’autostrada verso l’inferno climatico con il piede sull’acceleratore e l’unico modo per porre fine a tutta questa sofferenza è scegliere di collaborare “ (La Stampa dell’8 / 11 / 2022).

A riprova la mappatura dello stato di salute del pianeta fornita  dall’Organizzazione meteorologica mondiale lascia pochi dubbi in proposito: riguardo al riscaldamento globale, gli ultimi anni sono stati i più caldi di sempre a causa della concentrazione di gas; riguardo ai mari, l’innalzamento delle acque marine è raddoppiato dal 1993 ad oggi; riguardo ai ghiacciai, nel 2022 è stato battuto ogni record di scioglimento dei ghiacciai alpini; riguardo alla siccità, piogge sotto la media in Africa per il periodo più lungo in 40 anni; riguardo alle malattie, ondate di calore ed epidemie minacciano la salute di tutti; in Italia, questo è stato l’anno più rovente della sua storia: 6 miliardi di danni all’agricoltura (fonte: La Stampa del 7 / 11 / 2022).

A fronte di questo quadro (mi chiedo tra parentesi con quale coraggio alcuni opinionisti, e non dei minori – mi riferisco al bizzoso e caratteriale Vittorio Feltri, al pagliaccesco Mario Giordano, all’ubiquo e irascibile Pietro Senaldi, al mellifluo Nicola Porro, al bronzeo Maurizio Belpietro et similia, tutti scandalizzati per l’accoglienza riservata, tempo fa, da Papa Francesco a Greta Thumberg!)  abbiamo più che mai bisogno  che alle parole e ai buoni propositi seguano i fatti, perché, come scrive Carlo Petrini.

 Il 6 novembre 2022 sempre  su La Stampa: “Oggi inizia a Sharm el-Sheikh in Egitto la Cop27. Dopo 6 anni la conferenza mondiale sul clima torna sul suolo africano: continente che storicamente ha contribuito a meno del 4% delle emissioni globali, ma che perde tra il 5 e il 15% del Pil proprio a causa del loro aumento. Forse l’unica nota interessante di questa Cop è la presenza del neopresidente brasiliano Lula, a testimonianza del suo impegno per mettere in salvo l’amazzonia dalla scempio portato avanti dal suo predecessore Bolsonaro. Per il resto le Cop sono un film già visto: per dieci giorni i leader mondiali si incontrano e discutono le azioni per mitigare e adattarsi al cambio climatico (i due filoni di soluzioni principali a nostra disposizione) e poi prontamente ritornano ciascuno nel proprio paese dimenticandosi quasi totalmente degli impegni presi”.

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Ed è questo il motivo per cui Greta  ormai diserta questi eventi “usati dal potere per creare occasioni di greenwashing”  e ha passato il megafono ad altri. A quali altri? Per esempio agli attivisti di “Ultima Generazione” saliti agli onori della cronaca grazie alle loro performance non violente ma di grande risonanza mediatica come gli scioperi della fame, i colpi di vernice rossa al Ministero della Transizione Ecologica,  i blocchi delle autostrade – soprattutto del Grande Raccordo Anulare di Roma e, novità, che ii sappia, nell’ambito della disobbedienza civile, i sit-in all’interno dei musei e, passo ulteriore che ricorda le azioni distruttive dei luddisti inglesi del 1811 contro le macchine, viste come causa dei bassi salari e della disoccupazione crescente, gesti violenti non contro macchine ma contro opere d’arte, allo scopo di attirare l’attenzione dei media circa i pericoli incombenti sull’umanità a causa del cambiamento climatico, ed ecco quindi il lancio di zuppa di pomodoro contro “I Girasoli” di Van Gogh, alla National Gallery di Londra, da parte di due attiviste del gruppo ecologista analogo a quello italiano di Ultima Generazione,  “Just stop oil”.

Bjork Ruggeri

Per non essere da meno, l’attivista pavese di Ultima Generazione Bjork Ruggeri, tra l’atro studiosa di Storia dell’Arte, ha guidato un commando di quattro ecoluddiste all’interno del museo di Palazzo Bonaparte a Roma dove è, credo,  ancora in corso una mostra di opere di  Vincent Van Gogh provenienti dal Kroller-Muller Museum di Otterlo, tra le quali “Il seminatore” (olio su tela del 1888), che è stato preso di mira e imbrattato con il lancio di una zuppa di verdura.  Ora  la domanda che sorge spontanea è: che cosa c’entra Van Gogh con il cambiamento climatico e con le emissioni di gas serra e la riapertura delle centrali a carbone? Proprio per capire le motivazioni di quel gesto vandalico e quell’offesa postuma nei confronti del grande artista olandese, l’attivista imbrattatatrice del “Seminatore” è stata intervistata da Grazia Longo su La Stampa: “Non la preoccupa l’iscrizione nel registro degli indagati? “No” Non è pentita, dunque? “No. Lo rifarei. So che non sono azioni da compiere a cuor leggero, ma l’essere indagata non è nulla rispetto al bene del pianeta. Bisogna pur rischiare nella vita e la disobbedienza civile è doverosa quando si lotta per la tutela dell’ambiente”  Ma ha capito che se dovessero mai decidere di mandarla a processo potrebbe rischiare una condanna  fino a 5 anni di prigione? “Lo so, ma non posso farci niente. Certamente non sarei felice di finire in carcere perché lo ritengo un posto terribile, ma ho agito in quel modo perché credo in quello che faccio” Certo fa un po’ effetto vedere quello che un’appassionata di Storia dell’Arte come lei ha fatto a un capolavoro di Van Gogh. ”Mi rendo conto anche io che possa apparire strano, ma lo scopo  della nostra iniziativa era quella di scuotere l’opinione e il governo italiano. E sulla scorta del movimento ecologista inglese Just stop Oil e l’omologo tedesco  di Ultima Generazione, riteniamo che l’arte sia un veicolo importante per far passare il messaggio che creare rabbia per un gesto innocuo come il nostro è decisamente meno importante rispetto alle emergenze ambientali” Perché lo definisce innocuo? “Perché il quadro era protetto da un vetro sigillato e quindi non avremmo mai potuto rovinarlo”. Il gesto simbolico però è forte e vi siete anche attaccate al muro con la colla. “Serviva dare un colpo al sistema per far riflettere sulla battaglia che noi portiamo avanti”. Intanto però ve la prendete con le opere d’arte. “L’arte non è solo rappresentata da oggetti concreti.

L’ arte, come dicevo, è un veicolo di messaggi. Inoltre se si continuerà a danneggiare il pianeta ci saranno ben altre priorità rispetto alla cultura che verrà quindi inevitabilmente danneggiata”. Perché avete scelto proprio “Il seminatore”? “Per il significativo rapporto tra il contadino e il campo. Il barattolo di minestra che abbiamo lanciato era piccolo, stava dentro un marsupio”. Fino a oggi, gli sfregiatori di opere d’arte erano persone decisamente disturbate, a volte artisti mancati o falliti pieni di rabbia per quelle opere del tutto al di sopra delle loro capacità; ma in questo caso non si tratta di soggetti psichiatrici ma di giovani o giovanissimi persuasi di agire par il bene comune a fronte della crisi ambientale e di un futuro che si annuncia catastrofico; ecco che cos’hanno dichiarato nel documento intitolato “Chi siamo”: ”Siamo l’Ultima Generazione che può fare qualcosa per determinare il futuro dell’umanità. Possiamo determinarlo in meglio, facendo azioni di disobbedienza civile nonviolente, oppure danneggiarlo irreparabilmente, non agendo e collaborando con chi (come il nostro governo), investendo in combustibili fossili, sta condannando a morte centinaia di migliaia di persona”. Il fine dunque è lodevole e meritorio, ma le loro strategie comunicative non sono solo sbagliate ma del tutto controproducenti: non è ammissibile bloccare il Grande Raccordo Anulare per “sensibilizzare” gli utenti della stra senza curarsi delle necessità o delle urgenze di questi ultimi, ambulanze comprese. Quanto all’uso strumentale delle opere d’arte, usate impropriamente  come oggetti imbrattabili a scopo propagandistico per la causa ecologista, non ci sono attenuanti di sorta: non è con i vandalismi che si possa “scuotere” l’opinione pubblica, tantomeno i governi. Inoltre, imbrattatele, cercate piuttosto di ammirare, se non di amare, i “Girasoli” o “Il seminatore” di Van Gogh: questi quadri sono stati dipinti con passione e ispirazione  perché ci parlassero della vita e dell’arte del grande pittore anche a  più di un secolo dalla sua tragica morte, non certo per essere coperti da una zuppa di verdura a favore delle telecamere di tutto il mondo.

Fulvio Sguerso

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2 thoughts on “INFERNO CLIMATICO E LUDDISMO MEDIATICO”

  1. Sai bene come l’ambiente sia al vertice delle mie priorità, sin da quando, nel lontano 1969, grazie soprattutto al “Corrierone”, guidato da Giulia Maria Crespi, il problema ecologico venne prepotentemente alla ribalta. Adesso, passati di moda i giornali e rovesciata ogni informazione sugli schermi TV, del PC o dei cellulari, saldamente in mano allo stesso gruppo di interessi che ci ha portato in questa situazione e ha la chiara intenzione di non recedere (dietro la maschera “green”) dalla rotta verso il disastro, cos’altro resta da fare a quanti sono venuti al mondo ben prima di noi? Greta ha gettato la spugna, dopo essere stata non solo inascoltata, ma derisa da quanti la sapevano lunga in tema ambientale e proponevano rimedi tecnologici a mali creati proprio dalla inarrestabile avanzata delle macchine al posto degli umani. Altri giovani esplorano diverse forme di protesta, come quella di imbrattare opere d’arte. Gesto deprecabile, certo, ma foriero di atti ben più violenti cui chi ha più da perdere ricorrerà in futuro, mentre i guidatori verso l’abisso procederanno imperturbabili, in un delittuoso cupio dissolvi: dopo di noi il diluvio.
    Inciso: ho provato un profondo senso di sollievo quando Bolsonaro è finalmente caduto (ma per un soffio di voti…). Vedremo cosa un governo quasi pari ad un’agguerritissima opposizione riuscirà a fare nella difesa del martoriato territorio amazzonico. Ma sarà comunque la goccia nel mare rispetto a quanto i Paesi “avanzati” continueranno a fare a livello globale, proclamando ai 4 venti di non volerlo fare.

    1. Il nostro amico e maestro Giorgio Girard ci spiegherebbe che se vogliamo per davvero salvare il pianeta e, con il pianeta, noi stessi, bisognerebbe cambiare paradigma, cioè passare dallo sviluppo indefinito di beni di consumo superflui a un reale progresso che tenda a valorizzare beni immateriali ma necessari alla vita di tutti e di ciascuno come l’aiuto reciproco, cioè la solidarietà basata sulla conoscenza di che cosa è veramente utile per ridurre l’inquinamento dell’aria, delle acque marine e, una volta, dolci e, in prospettiva, dei frutti della terra e del mare. E contemporaneamente puntare con decisione sulle rinnovabili e rivedere completamente il sistema dei trasporti su gomma delle merci sostituendoli con quelli ferroviari e, ove possibile, via fiumi e via mare. Certo ci vuole tempo, ma se tutti fossimo persuasi che non c’è più tempo, allora forse gli inevitabili sacrifici e i drastici ridimensionamenti dei nostri consumi (e non parliamo nemmeno degli sprechi che gridano vendetta al cospetto di Dio) forse cominceremmo a cambiare rotta. Non suggerisco niente di nuovo o di originale, sono cose note, ma allora perché non si procede speditamente su questa strada virtuosa? Perché non riduciamo ai minimi il traffico cittadini e e le auto private? Ci vuole tanto? Evidentemente sì. Evidentemente vale più il profitto della salute di ciascuno e del pianeta. Auguri!

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