INDIGNARSI NON BASTA

Preoccupazione nel mondo politico per il partito del “non voto”
INDIGNARSI NON BASTA

 

Preoccupazione nel mondo politico per il partito del “non voto”
INDIGNARSI NON BASTA

Le elezioni amministrative hanno visto una crescita tumultuosa del cosiddetto “Movimento 5 stelle”, che a Parma ha conquistato il Sindaco della Città e in altre parti, ha, comunque, dimostrato di essere in grado di attrarre fette consistenti dell’elettorato che vuole partecipare al voto e non opta per l’astensione.

Il “M 5 S” si è anche nutrito di una parte consistente dei voti della “Lega”. Questo partito (La Lega) nato trent’anni or sono da un nucleo di duri e puri decisi a contrastare l’egemonia e la voracità di “Roma ladrona” (più o meno con le stesse frasi del M 5 S), oggi è diventato la premiata ditta “Bossi, Sons & Partners” scoprendosi così carica di problemi da fare impallidire i peggiori epigoni della prima tangentopoli. Al confronto di quello per cui sono indagati i vari Belsito e soci della Lega, gli inquisiti di Di Pietro sembrano usciti dall’ “ora del dilettante”.

Il Movimento 5 Stelle ha pescato, largamente, nel serbatoio dei cosiddetti indignati. I movimenti degli “indignati”, nel nostro (come in altri Paesi) si caratterizzano, anzitutto, per una protesta radicale e generalizzata, che non porta proposte se non una sola: “No a questo”, “No a quello”. Ed è assai facile raccogliere attorno a questa bandiera sia quelli che sono contro i “termovalorizzatori”, sia quelli che sono contro le “discariche”, come quelli che sono contro “la gronda” a Genova e quelli che sono contro la “TAV” in Valle Susa.

 

Riunirli e metterli insieme, aggiungendo i disperati che hanno perso il lavoro e quelli che hanno perso tutto (anche persone care) a causa di eventi naturali (inondazioni, terremoti) è operazione semplicissima.

 

E’ facile raccoglierli perché ognuno di loro è portatore di motivi di indignazione che hanno matrici comuni, anche se gli obiettivi sono diversi e spesso in contrasto fra loro.

I motivi comuni dell’indignazione trovano le loro ragioni fondanti:

1) nell’insipienza e nella ignavia di intere classi politiche inadeguate nei comportamenti e negli ideali perseguiti;

 

2) nell’immoralità diffusa a tutti i livelli ed in tutti i settori della vita quotidiana, dall’economia lo sport.

 

3) nel malfunzionamento degli apparati dello Stato compresi quelli più delicati quali la Scuola, la Sanità e la Giustizia, in parte per colpe non a loro ascrivibili, ma anche  per ragioni  che appartengono direttamente a loro, alle loro strutture, alle loro capacità di gestire le risorse (non sempre scarse) messe a loro disposizione.

 

4) nella paura del futuro che nasce dal motivato convincimento che, comunque, ben che vada, il domani sarà peggiore di ieri e dell’ altro ieri.

I nostri padri, infatti, ci hanno allevati con la promessa che noi avremmo avuto un futuro migliore di loro e per quelli della mia generazione (e di almeno due generazioni successive) è stato così. Io ho vissuto meglio di mio padre e mio figlio ha avuto più di quello che ho avuto io. Però ai miei nipoti, se ne avrò, non potrò promettere questo perché loro dovranno concorrere a  costruire un patrimonio che c’era  ed è stato della dilapidato

Dopo che ci siamo indignati ed abbiamo espresso la nostra indignazione, dobbiamo avere il coraggio di fare un po’ di chiarezza. Ciascuno di noi dovrebbe prendere apertamente posizione in merito ai problemi contingenti, tenendo conto del fatto che, se si deve creare occupazione, creare un po’ di benessere, ricominciare a guardare al futuro come minore timore, prima di ogni altra cosa occorre un forte rilancio dell’economia.

Rilanciare l’economia significa creare fabbriche che costruiscano “cose” da vendere, creare infrastrutture su cui trasportare velocemente le merci, creare fonti di energia (vere e non teoriche) che consentano di diminuire la dipendenza dal petrolio (che, tra l’altro, non durerà in eterno). Tutto questo significa meno spazio a disposizione, meno comfort, più rumore e maggiore inquinamento. Una fabbrica che produce “cose”, per quanto sia costruita con criteri di altissimo rispetto per l’ambiente, “inquina” perché, quanto meno, consuma energia che bisogna, in qualche modo, creare (o con l’atomo, o con il carbone, o con il gas, o con le pale eoliche, ecc., ecc.). La società industriale come anche la vita quotidiana producono, inoltre, una sempre maggiore quantità di rifiuti che bisogna smaltire ed occorre prevedere di smaltire in loco (non come fanno a Napoli che  li mandano in Olanda perché, in oggi, costa poco): fra qualche anno costerà troppo mandarle altrove e non ce lo potremo più permettere.

Le merci, poi, devono essere trasportate ed il mezzo meno caro e meno inquinante è il treno. Per passare dal trasporto su gomma (più caro e più inquinante) al trasporto su ferro bisogna far viaggiare treni ad alta velocità e, quindi, costruire gallerie ed altre infrastrutture di grande impatto ambientale. Avendo chiari questi concetti, andiamo pure, tutti insieme, alle manifestazioni degli indignati per dire che è ora di fare pulizia per riacquistare moralità e dignità di comportamenti; impegno che deve essere preso anche da ciascuno di noi nel proprio ambiente e nelle nostre mansioni. Ma, terminata la manifestazione in cui tutti eravamo ugualmente impegnati, io vorrei poter partecipare ad una manifestazione di chi è a favore della TAV (ce ne saranno spero), non fosse altro che per vedere in quanti siamo e scoprire che, magari, siamo più tanti degli altri. Forse un po’ meno violenti e, quindi, meno visibili!

Vorrei, inoltre, avendo voglia di sostenere cose non popolari, poter trovare una sede, un corteo, un posto, dove poter confrontare queste idee senza essere criminalizzato o  essere accusato di chissà quali dietrologie.

Vorrei che ci indignassimo: con i media che non fanno informazione, ma sensazionalismo di bassa lega dimenticando che, a gioco lungo, anche il sensazionalismo stanca; con i Magistrati che parlano più in televisione che attraverso i dati giudiziari (e poi magari si candidano alle elezioni  nel distretto dove hanno operato) e, anche, che ci indignassimo di brutto quando i carabinieri, o le altre forze di polizia, che vanno ad arrestare una persona, sono preceduti da troupe giornalistiche e televisive (si tratti di un indagato per reati  comuni o anche per reati di mafia).

E non voglio credere siano i Carabinieri o la Polizia ad avvertire i giornalisti!

Vorrei che ci indignassimo (invece di leggere avidamente) quando le intercettazioni (che sono uno strumento di indagine insostituibile) sono pubblicate prima che gli atti istruttori del procedimento siano divenuti pubblici (danneggiando, qualche volta  anche le indagini) e chiedessimo tutti, con vera indignazione, che chi detiene le intercettazioni risponda direttamente dalla loro riservatezza. Vorrei cioè vivere in uno Stato dove il rispetto sia la normalità e il discredito l’eccezione dovuta a chi il rispetto non lo merita. Per arrivare a questo indignarsi non basta: bisogna fare di più! Bisogna dare voce alle nostre idee e non aver paura di esprimere idee controcorrente, anche se il fronte del no è molto più chiassoso e molto ben organizzato. E vorrei poter votare per un Partito che abbia il coraggio di dire, con scomoda chiarezza, alcune cose da fare e si impegni fortemente a farle. Se questo Partito ci sarà, avrà il mio vuoto, insieme con quello di tanti altri! È sarà una bella sorpresa, come lo fu la marcia dei 40.000 di Arisio a Torino tanti anni fa.

Lorenzo Ivaldo da L’ eco di Savona e provincia

 

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