In memoria di David Lynch
La scomparsa del regista americano David Lynch segna la fine di un’importante filone del cinema poetico, quello legato a un narrare intriso di una fenomenologia dell’inconscio.

Locandina tratta da Amazon.it che vende il film
Era un mondo interpretativo del reale e dello psichico, privo di percorsi logici immediatamente percepibili come tali e aventi quindi forti effetti di stranianza, essi si muovevano sul bordo dell’irrazionale, lungo una scena dominata da un immaginario finalmente non soggetto ad autocensure.

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Protagonisti: desideri, passioni, angosce, creatività neosimboliche, violenza, finzioni sceniche ingannatrici, sorprese identitarie, e per finire sessualità distorte, deformate da un civile sempre più esigente fino al punto da voler sacrificare alcune pulsioni primarie necessarie alla vita dell’essere umano.
Si chiude così una lunga era per il cinema poetico – creativo relativo all’inconscio, che va grosso modo dal ’68 agli ultimi anni che precedono il Covid.
Un esteso cinema del post Covid cambia aspetto, fedele com’è al connubio film-realtà storica, diventando preda dell’ovvietà, del banale; esso rimane del tutto privo di trascendenza, le sue emozioni si giocano sulla piattaforma di un presente confuso che appare per lo più euforico, e privo di ricerca di identità.
Il vecchio cinema della speranza e degli attori-star venerati dall’inconscio come Dei, scompare completamente, il Covid con le sue rovine ci ha spezzato il cuore, imponendoci un futuro ignoto, inimmaginabile…
Biagio Giordano (fotografo coordinatore della sezione fotografia dell’Associazione culturale no profit Renzo Aiolfi di Savona)