Il virus dell’antitrumpismo

Il virus dell’antitrumpismo
Cosa c’è dietro l’odio unanime verso Trump?

Il virus dell’antitrumpismo
Cosa c’è dietro l’odio unanime verso Trump?

 

Per il professor Pasquino, quello convinto che Benedetto Croce sia stato ministro dell’istruzione nel secondo dopoguerra, la presidenza Trump è stata “indecente” (domenica 8 novembre alle 19.30 su rete 4); per Massimo Giannini, attuale direttore della Stampa, lo stesso per il quale quelli che sospettano che il governo faccia un uso politico del Covid sono “miserabili”,  il giorno dell’elezione di Biden è il 25 aprile dell’America e del mondo (editoriale sempre di domenica 8 novembre), Domani apre  con la sconfitta di Trump e la trovata delle tre v, quasi una riedizione di veni vidi vici: Vince un’altra America, Vince la democrazia, Vincono Biden e Harris. E, sempre su Domani, il giorno dopo firmava l’editoriale Gianrico Carofiglio, ex senatore pd e romanziere in gara col defunto Camilleri per prolificità: dopo aver sentenziato che “i leader populisti di ogni latitudine hanno una sfacciata attitudine a mentire” conclude che Trump non mente sapendo di mentire ma mente perché è matto, perché la sua è un’ideazione delirante che lo porta a credere di aver vinto le elezioni e di essere vittima di brogli. 

 


Pasquino, Carofiglio, Giannini

 

 Chissà come mai al momento della chiusura dei seggi, prima che arrivassero ad addrizzare la sorte di Biden i voti postali, circolavano tanta apprensione e sgomento nelle cancellerie europee e nelle redazioni dei giornali di regime. Ma, al di là di questo, dare del matto al Capo di uno Stato amico e alleato è il segno di dove sia veramente il delirium, che è l’uscita dal solco della realtà, oltre che della ragionevolezza e del buon senso e c’è da rammaricarsi che l’articolo 297 del c.p. sia stato abrogato.

   

C’è in giro per l’Italia oltre al covid un altro e più pericoloso virus che fa perdere lucidità e senso della misura. Premetto che non nutro alcuna particolare simpatia per the Donald; l’avevo confessato su questi Trucioli quattro anni fa  e non ho cambiato idea. Considero con sospetto la politica estera americana sia quando a guidarla sono i democratici, in genere più pericolosi, sia quando sono i repubblicani. Non credo nel ruolo di gendarmi del pianeta o, peggio, negli esportatori della democrazia  e le sole volte in cui mi sono trovato d’accordo con i comunisti italiani era quando denunciavano l’imperialismo americano e i crimini perpetrati in Corea  e nel Vietnam. E sono persuaso che nei secoli avvenire la condanna per l’uso dell’arma atomica sulle popolazioni di Hiroshima e Nagasaki sarà senza appello come quella per la Shoah. Non dimentico che il clan Kennedy rischiò di far scoppiare la terza guerra mondiale come non dimentico la responsabilità di Bush jr, che con l’eliminazione di Saddam Hussein ha bloccato il processo di laicizzazione del mondo islamico. 

 Ma altra cosa è l’organizzazione interna di uno Stato altra cosa sono i suoi rapporti con gli altri Stati, che non sono vincolati dalle regole ferree che tutelano la società civile: senza quelle regole, in barba a trattati e convenzioni, vigono le  leggi della natura, sintetizzate da Hobbes nella formula homo homini lupus, e lo stato di potenziale bellum omnium erga omnes. E sull’organizzazione interna degli Stati uniti mi astengo dal giudicare perché  sono faccende interne degli americani. I dati che ho sono che nel 2016 gli americani hanno democraticamente eletto Trump alla presidenza e quattro anni dopo solo attraverso il ricorso del tutto inusuale al voto postale si è riusciti a bloccarne in extremis una rielezione che a seggi chiusi era cosa fatta, il che significa che una bella fetta di elettori americani continua a dare fiducia a un personaggio “indecente”, si compiace di vivere in una dittatura e disprezza la democrazia. Non sono un esperto, quindi non so che valore dare alla circostanza che la disoccupazione negli States si sia ridotta con Trump al 3,5%, il deficit commerciale sia calato di oltre il 6% o che l’economia americana pre Covid durante i quattro anni di amministrazione repubblicana abbia fatto registrare un’impennata, con una crescita costante del prodotto interno lordo di 3 punti e un aumento delle retribuzioni dell’1,5%.

 


 

E, siccome non sono neanche un infettivologo non so se Trump abbia personalmente contribuito alla diffusione del virus nel suo Paese.  Pertanto, sulla sua politica interna e le sue eventuali malefatte sospendo il giudizio, fermo restando che se le sue malefatte consistessero nel chiudere le porte ai clandestini o nel tirar fuori l’America dalla mangiatoia sul clima o aver cercato di tranquillizzare gli americani sulla pandemia  quelle mi sembrerebbero piuttosto benemerenze. 

Democratica o repubblicana l’America ha incarnato il peggiore imperialismo, contenuto negli ultimi anni dalla concorrenza dell’imperialismo cinese. E quanto più direttamente la presidenza americana è stata controllata dalla finanza globale tanto maggiori sono state la sua invadenza negli affari interni dei Paesi alleati e la sua aggressività nei confronti della Russia, che è un gigante politico e militare ma un nano economico, e più forte la tentazione a venire a patti col Dragone per spartirsi il pianeta. Ma ci sono delle circostanze che fanno pensare che Trump da quel controllo fosse svincolato mettendo a repentaglio interessi incoffessabili e consolidate posizioni di potere. 

La prima riguarda la Corea del nord e il suo dittatore. Per anni, e soprattutto durante l’amministrazione Obama, la Corea del nord ha destabilizzato tutta l’area con la corsa all’armamento nucleare e ai missili intercontinentali. Grazie ai metodi poco ortodossi di Trump Kim Jong-un è diventato un agnellino e le due Coree sembrano addirittura avviate verso una federazione. La seconda riguarda i rapporti di Israele col mondo arabo.

 


 

Con Trump Gerusalemme è stata ufficialmente riconosciuta come capitale di Israele e il sostegno incondizionato del mondo arabo alla causa palestinese ha ceduto il passo a relazioni amichevoli fra due mondi che sembravano inconciliabili. Per molto meno si sono distribuiti Nobel. La terza, ma non ultima per importanza, è la decisa presa di posizione nei confronti dell’economia cinese, che continua a crescere grazie all’intreccio fra Stato e economia, che nel caso dell’informatica comporta concreti rischi sulla sicurezza di tutto l’Occidente.

A Trump io rimprovererei piuttosto di essere stato connivente con la congiura internazionale che ha estromesso Salvini e la Lega dal governo. È infatti ormai acclarato che Salvini è caduto in una trappola preparata in Europa della quale il presidente americano è difficile pensare che non fosse informato e il suo pronto endorsement a “Giuseppi” lo conferma. Del resto non è un mistero l’irritazione americana per la vicinanza di Salvini a Putin: gli americani quale che sia il colore della loro amministrazione perseguono i loro interessi, magari sbagliando.  Ed ha sbagliato Trump comportandosi con Salvini più o meno come Obama si comportò con Berlusconi.

 

Trump, Salvini e Putin

 

Insomma, a meno che non sia una questione di gestualità o che il problema sia il ciuffo, dove siano l’indecenza, il vulnus alla democrazia o i danni irreparabili della sua politica è un mistero. Non è però un mistero che Trump non fosse un cagnolino al servizio delle grandi lobby che fanno capo alla finanza globale.

Negli Stati uniti i partiti non ricevono come da noi contributi pubblici (statali), non sono organizzazioni permanenti ma piuttosto comitati elettorali che si reggono sui finanziamenti dei sostenitori. Finanziamenti palesi che più o meno si ripartiscono equamente fra i due partiti principali. Quelli palesi, appunto. E, a questo punto sorge spontanea una domanda. Com’è possibile che il colosso della comunicazione televisiva e tutta, tutta, la grande stampa americana sia schierata spudoratamente dalla parte di Biden? E com’è possibile che la stessa cosa, con sfumature diverse, accada con la stampa e le emittenti televisive europee? E non dico dell’Italia, dove la televisione di Stato, Sky e la Sette hanno fatto a gara con i giornaloni di regime per rendersi ridicoli con la loro fideistica partigianeria. Di quali mezzi godono i democratici americani?

Ma chi comanda veramente in America e, di riflesso, in Europa e in Italia?

 


 

E poi un’inquietante coincidenza. Grazie al covid gli spazi di libertà e di democrazia in Italia si sono ristretti come mai nell’Italia postunitaria. Usato per tappare la bocca all’opposizione, per tentare di legittimare un governo e un presidente del consiglio palesemente incapaci e privi del consenso popolare ricorrendo alla paura e al terrorismo mediatico; pretesto per attaccare gli avversari politici ed esautorare il parlamento, un parlamento che per altro si regge su una forza politica disintegrata ma che l’emergenza impedisce che venga rinnovato. E in America l’unico argomento efficace contro Trump l’ha offerto per l’appunto il covid. Tutta la campagna elettorale democratica si è basata sulla diffusione del virus, con un quotidiano martellamento sul numero dei positivi e dei morti, ripreso puntualmente dai nostri giornali.  Sembra che un’unica regia sia capace di giocare in modi opposti i medesimi ingredienti: in America il terrorismo covid usato politicamente per abbattere Trump, in Italia il terrorismo covid usato politicamente per incollare Conti sulla sedia del potere. 

In questa spudorata manipolazione dei fatti si inserisce l’annuncio del vaccino subito dopo l’elezione, per ora solo virtuale, di Biden. Su Trump si erano rovesciati fiumi di fango quando aveva promesso l’arrivo del vaccino entro dicembre: se quell’annuncio fosse arrivato qualche giorno prima la sua credibilità sarebbe salita alle stelle. Non è che qualcuno l’ha bloccato?

 

  Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione 

 

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