Il risentimento di Agostino verso i Manichei
Vale anche per Agostino la legge per cui gli ex ( nello sport, in amore, in politica, così come nella fede ), sono i più agguerriti nemici.
Il contrasto di Agostino con i manichei è ovviamente legittimo, e molte delle sue osservazioni e critiche sono corrette, ma dovrebbero fermarsi al concetto.
Invece sono portate avanti con acrimonia e a volte addirittura con rabbia, tale da farlo arrivare all’insulto, inanellando espressioni quali eretici, stolti, spiriti perversi, individui accecati dalla malizia, fautori di discorsi sacrileghi, sciagurati…
Ne risulta che a tratti è difficile distinguere l’obiezione avanzata per una valida ragione, da quella mossa più che altro sulla scia della smania di opporsi e disprezzare.
In gioventù Agostino fu un seguace del credo manicheo, e se in seguito lo ha aborrito, il forte sospetto è che sia stato guidato in ciò dal suo timore di esserne in qualche misura ancora interiormente contaminato, e di non essere ancora riuscito del tutto a dimostrare al mondo che il suo ravvedimento era completo e definitivo.
Lo si vede bene nella sua opera in due libri ( in realtà due capitoli ), “La Genesi difesa contro i manichei”, ed evidenziamo per esempio come in essa una critica che Agostino muove ai manichei in realtà sia poco fondata e a sua volta sia fondatamente criticabile.
Al paragrafo 2.4 del del Primo Libro, egli scrive:
[…] allo stesso modo che sono buone tutte le cose create da Dio, ma non sono buone com’è buono Dio poiché è stato lui a crearle, mentre quelle sono state create.
Ebbene, qui si vede chiaramente come parli non il filosofo, ma il credente che ha a cuore far collimare il dettato delle Sacre Scritture con la ragione, e perciò che dà per scontato, se possibile più di quanto non possa un postulato, la bontà divina. Sulla quale invece molti pensatori non sono d’accordo o quanto meno pensano sia tutta da dimostrare.
Tra loro Leopardi, non meno grande nella speculazione che nei versi, per il quale Dio e Natura si identificano, e per il quale la Natura che ci ha creati, donna di volto mezzo tra bello e terribile, è a tutto indifferente; non madre, cioè, ma matrigna.
E tuttavia non è tanto questo il punto debole dell’argomento sostenuto da Agostino, che possiamo forse ascrivere al suo desiderio di contrapporre il Dio unico e buono alla coppia coeterna ed eternamente opposta del dio del bene e del dio del male prevista dai manichei, quanto, all’interno di questa presupposizione, la sua idea secondo cui tutte le cose create da Dio sono buone, ma non come Dio.
Motivo? Sono state create da Dio ma non sono Dio.
Di primo acchito la cosa può sembrare ovvia, ma se ci soffermiamo a considerarla con attenzione dovremmo ricavarne che l’Infinita Bontà ha deciso di creare qualcosa ( stelle, animali, mari, piante etc. ) di meno buono di sé.
Il che ci spinge a chiederci per quale motivo la pienezza del bene dovrebbe creare qualcosa di non pienamente buono. Non sarebbe stato più logico che questa creazione non fosse attuata? E l’attuarla non è dare il via ad uno scadimento, il via libera al primo tarlo dell’essere che inizia a corrompersi? Non è il peccato originale di Dio?
Possiamo però notare, se qualcuno volesse insistere nel vedere come inevitabile che la cosa creata non possa essere perfetta al pari del suo creatore, anche un’altra e forse più importante questione, la quale viene a presentarsi in un certo modo come un’accusa verso gli stessi apologeti cattolici: se Dio è infinitamente buono e potente, perché non dovrebbe avere il potere di creare qualcosa di altrettanto perfetto quale lui è?
Se onnipotenza vuol dire potere tutto, dovrebbe voler dire potere anche questo.
E allora se per l’obiezione precedente si è citato Leopardi, questa ultima potremmo dire che richiama Sergio Quinzio, teologo a noi contemporaneo, che nel suo arrovellarsi sul problema del male, va addirittura oltre.
Non si limita a dire che Dio non può creare nulla di uguale a lui in perfezione, ma giunge ad affermare che se c’è il male allora vi è una qualche debolezza di Dio che non gli permette di fare quello che pur vorrebbe, cioè di eliminarlo.
Anche la posizione di Quinzio, come quella dei manichei, è comunque informata dalla buona intenzione di “salvare” Dio dal male. Nel senso dello scagionarlo.
Per i manichei esisteva il Principio del Bene, assoluto in sé, ma limitato dal coeterno e parimenti assoluto Principio del Male. Per Quinzio invece, in Dio c’è di certo la volontà ma manca la forza per far sì che tutto il creato sia bene, come se la sua opera si fosse parzialmente autonomizzata e automatizzata; similmente a ciò che accadde per la creatura-mostro del dottor Victor Frankenstein, sfuggita al controllo del suo inventore.
E comunque la strada dei manichei ( in senso lato, perché hanno avuto precursori ed eredi ) nonché quell’altra di Quinzio, quand’anche non potessero essere condivise, non vanno condannate.
La loro è stata una ricerca sincera. Ed è stata pagata a caro prezzo e sofferta.
Ciò dovrebbe essere sufficiente a salvarli da ogni contumelia.
D’altra parte non stiamo certo qui a dire chi avesse ragione o torto, cioè a stabilire quello che nessuno è riuscito a stabilire finora.
Semplicemente diciamo che nell’atteggiamento persecutorio di Agostino si nasconde, lì sì, il male. Non quello metafisico di cui egli voleva capire il mistero e che lo ha impegnato in una lotta estenuante in cui ha messo in evidenza la sua determinazione e la sua raffinata capacità dialettica, bensì quello dell’intolleranza religiosa che, iniziata con lui e con il suo maestro Ambrogio, di tanti lutti segnerà la Storia.