Il raddoppio della Ferrovia Andora e Finale

Egregio avvocato Carrara,
perché il raddoppio della Ferrovia Andora e Finale
non lo vedremo noi, né i nostri figli

Egregio avvocato Carrara,
perché il raddoppio della Ferrovia Andora e Finale
non lo vedremo noi, né i nostri figli

 Il raddoppio della ferrovia tra Finale Ligure e Andora

Ho letto con attenzione gli articoli dell’Avv. Stefano Carrara e sono arrivato a una conclusione: è chiaro che il raddoppio della ferrovia non lo vedrà  nessuno di noi quasi ottantenni  ed è probabile che non lo vedranno neppure molti dei nostri figli quasi cinquantenni.

Le ragioni stanno in quelle che sembrano le assurdità dell’insieme.

 Prima di tutto sembra assurdo l’aver incominciato l’ultima parte del raddoppio partendo da Ventimiglia verso Finale Ligure anziché il contrario. Perché, se il raddoppio fosse proseguito da  Finale verso il confine, si sarebbe ottenuta una ferrovia tutta a doppio binario da Genova in progressione verso l’estremo ponente, tale di fornire un servizio decente almeno fino al suo punto di arrivo.

Invece, partendo da Ventimiglia verso levante, la ferrovia ha il doppio binario da Genova fino a Finale, poi dieci chilometri a binario unico fino a Loano, poi altri dieci chilometri a doppio binario fino ad Albenga e infine un’altra dozzina di chilometri a binario unico da Albenga ad Andora, per concludere con un’altra settantina di chilometri a doppio binario fino a Ventimiglia, quando sarà finito il tratto da Andora a S. Lorenzo.

Alla fine avremo centocinquanta chilometri di ferrovia a doppio binario con due strozzature di una ventina di chilometri al centro, che danneggeranno i più lontani come i più vicini.

Cerco di spiegarmi meglio: se avessimo una linea ferroviaria tutta a doppio binario da Genova fino a Imperia (113 chilometri), un Intercity potrebbe percorrere questo tratto in poco più di un’ora. Invece, così, impiega un’ora e mezza. E la mezz’ora perduta è perduta anche per tutte le destinazioni successive, malgrado il doppio binario successivo.

E poi, quando tutto sarà finito, un Intercity impiegherà da Ventimiglia a Genova (151 km) un’ora e mezza invece delle due ore attuali, con un vantaggio tanto modesto da non giustificare l’investimento destinato a convertire la parte dimenticata. Una conversione viceversa fondamentale per i treni locali che, dando la precedenza agli Intercity, sono drammaticamente penalizzati dal doversi alternare su un binario unico: treni per i quali, dunque, il doppio binario come tale è molto più importante che non un insieme progettato per l’alta velocità ma non terminato.

Il secondo punto che sembra assurdo sta nel costruire centocinquanta chilometri di ferrovia ad alta velocità, con pendenze minime e curve dal raggio di 2 chilometri, se poi questa è priva di sbocchi adeguati: perché l’alta velocità tra Genova e Ventimiglia serve a poco se il treno resta lento tra Genova e Milano e perde un quarto d’ora a Genova per cambiare direzione.

In altre parole, l’alta velocità della tratta Ventimiglia Genova ha un senso se estesa almeno fino a Milano (razionalizzando la stazione di Genova Principe) e fino a Torino: capisco che, se questo è il progetto, sia assurdo costruire una ferrovia che al momento buono si rivelerà inadeguata. Ma è la vastità di questo insieme privo di soluzioni in tempi ragionevoli, a giustificare il mio pessimismo quanto ai tempi di realizzazione.  

 

 Si potrebbe anche supporre che le caratteristiche della tratta tra Genova e Ventimiglia siano state decise non tanto pensando all’alta velocità quanto alla possibilità di trasportare container di grandi dimensioni e TIR, per alleggerire il traffico autostradale. E l’idea non sarebbe male. Però, per collegare l’Europa occidentale con la pianura padana e con l’Europa orientale c’è già il programma parallelo, molto più avanzato nel tempo, della famigerata TAV della Val di Susa. Mentre, invece, finché non esisterà  l’altrettanto famigerato terzo valico tra Genova e Milano, su questa ferrovia anche dopo  il raddoppio del ponente ligure potranno viaggiare solo i container grandi destinati a Genova. Oppure quelli destinati a proseguire verso levante e verso sud, ammesso che la ferrovia da Genova a Spezia sia adeguata.  

 Certo, le mie supposizioni sono dovute almeno in parte ad un’informazione insufficiente. Ma così, per quello che si sa e si può capire, è come se il raddoppio di questa ferrovia fosse stato progettato senza aver prima deciso a cosa dovrà servire. E trascurando gli interessi di coloro che abitano e si spostano in zona. Perché un’opera come questa, per le popolazioni locali, è sempre un danno, accettabile solo se  serve anche a loro: la rivolta contro la TAV, da parte degli abitanti della Val di Susa, insegna.

Ma  se il raddoppio (ossia, il danno) fosse stato pensato solo in funzione del collegamento rapido tra le varie località rivierasche (ossia nel loro interesse) come succede tra Marsiglia e Mentone, non servirebbero gallerie sovradimensionate e nemmeno curve con raggio di 2.000 metri. Mentre servirebbe una ferrovia a doppio binario, purché capace di offrire stazioni (o fermate) comode e vicine agli abitati. Cosa che il raddoppio attuale non si propone, tanto è vero che finisce per spostare le stazioni in luoghi fuori mano: a una mezza dozzina di chilometri dal centro di Albenga, a tre chilometri dal centro di Loano, a due da quello di Pietra Ligure. Col risultato di dover costruire grandi parcheggi (ammesso che ci siano le aree) e di dover creare servizi pubblici di collegamento tanto improbabili quanto inefficienti. E il cui costo sarà a carico delle amministrazioni comunali, ossia degli indigeni: un risultato davvero commovente.

Anni fa proposi di avvicinare la ferrovia al porto di Loano (in galleria, si badi bene, per far emergere solo la stazione nei terreni dietro a Santa Corona, ma anche per costruirla in galleria e buonanotte: perché mai Alassio dovrebbe avere questo diritto e Loano no?). Ci studiai a lungo, anche, uno dei tanti lavori inutili in cui mi sono specializzato negli ultimi anni.

La risposta della Direzione di Genova fu:  noi facciamo ciò che vogliono i politici, ma i politici non si sono espressi in questo senso, dunque perché lei ci fa perdere tempo? Il fatto è che i politici, in questo senso, non hanno fatto nulla chissà perché, le cose si  sono ingolfate sempre più e gli ignari abitanti capiranno gli svantaggi della situazione solo alla fine, quando sarà operativa, non prima.

Così come l’hanno capita quelli di Sanremo, quando hanno dovuto abbandonare la vecchia stazione per la nuova. Mentre la prospettiva di raddoppiare la ferrovia in sede (a parte la peregrina proposta di costruire il raddoppio “sotto” la sede attuale) sembra che faccia orrore a molti degli abitanti locali, inclusi quelli che ne trarrebbero vantaggi.

Tutti dimenticando che la ferrovia corre lungo il mare persino in tratti di costa più romantici dei nostri, come quelli tra Nizza e Mentone o tra Genova e Sestri Levante, senza che se ne adonti nessuno. E molti a manifestare il loro giubilo per aver trasformato in piste ciclabili, strade o quant’altro i tratti di binario unico abbandonati, dimenticando che avrebbero potuto farli percorrere da un tram locale, capace di collegare le varie località su sede propria, in un tempo molto più breve di quello necessario agli autobus su strada. Qualcuno crede che siano i vantaggi della democrazia, mentre sono solo svantaggi dovuti all’incapacità di rendersi conto dei propri interessi, quando questi sono interessi comuni e quando le faccende sono un po’ complicate: così come lo sono le faccende tecniche.

Ecco perché sono così pessimista sui tempi: perché sono convinto che i piani attuali, con le beghe legali e burocratiche conseguenti, non arriveranno in porto prima di una decina d’anni. Poi, per costruire, ce ne vorrà ancora una decina, ammesso che ci siano i quattrini. E poi si vedrà. Dunque, altri venti, trent’anni per una ventina di chilometri? Hanno un senso, questi tempi?

Credo che i liguri del ponente dovrebbero decidere che cosa vogliano, una volta per tutte. Sono sempre più convinto che l’unica alternativa veloce e possibile, utile a tutti, sarebbe tutt’ora quella del raddoppio in sede, persino se non piace ai frontalieri della ferrovia attuale che sono tanti, ma non certo tutti. E sono convinto che i loanesi dovrebbero riproporre (ammesso che sia possibile) il referendum sui sottopassi, dopo l’assurdo rifiuto di vent’anni fa, condito dai timori che siano luoghi abominevoli dove le donne rischiano di essere scippate e stuprate: così come (non) accade da più di un secolo a Roma, a Milano, a Torino ma anche a Chiavari, a Rapallo, a Genova, a Savona, ad Albenga, a Finale, a Pietra Ligure e perfino nei  quattro budellini sotto la ferrovia di Loano. Che, angusti e intransitabili come sono, non meritano neppure l’appellativo di sottopasso.

Altrimenti i loanesi si terranno i passaggi a livello almeno per un’altra generazione, insieme alla ferrovia a binario unico. E poi, per andare alla stazione, dovranno arrivare al casello autostradale di Borghetto. Contenti loro….

Filippo Bonfiglietti

25 marzo 2012

 

 

 

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