Il politicamente corretto e i suoi nemici

IL POLITICAMENTE CORRETTO
E I SUOI NEMICI

IL POLITICAMENTE CORRETTO E I SUOI NEMICI

 Nel discorso pubblico italiano (che meglio sarebbe chiamare disputa o polemica continua) che scorre ininterrottamente sui media elettronici e cartacei, e al quale è difficile sottrarsi – a meno di chiudere  radio, televisione, computer  ed edicole dei giornali – emergono a ogni piè sospinto stereotipi, luoghi comuni, schematismi mentali, affermazioni apodittiche, entimemi, paralogismi, fallacie ad personam, quando non vere e proprie invettive rivolte all’interlocutore, il quale, se è di indole mite, non risponde, ma se niente niente è un tantino irascibile, si salvi chi può. Non si contano le sfuriate di Vittorio Sgarbi con annesso turpiloquio all’indirizzo spesso del giornalista conduttore della trasmissione, reo di non lascarlo parlare abbastanza.

 

Ultimamente anche il filosofo Massimo Cacciari, messa da parte l’abituale compostezza accademica, si è lasciato andare ad invettive da trivio contro chi, in spregio di ogni sentimento di umana pietà, di giustizia e di ogni legge del mare, negava alle navi cariche di naufraghi l’accesso ai porti italiani. Diverso è il caso di Laura Castelli del M5S, sottosegretaria del Ministero dell’Economia e della Finanza nell’attuale governo: in una puntata di “Porta a Porta”, all’ex ministro dell’economia Paolo Padoan che pazientemente le spiegava gli effetti dello spread sul sistema creditizio italiano ha risposto baldanzosa “Questo lo dice lei”, risposta divenuta subito virale nei social, a imperitura gloria dell’audace sottosegretaria Laura Castelli.

Altro luogo comune onnipresente lo slogan sovranista “Prima gli italiani”, e, a seguire, il suggerimento divenuto un mantra “Aiutiamoli a casa loro”, o, in alternativa: “Prendeteli a casa vostra”, poi l’accusa di “buonista” a chi fa presente ai sostenitori della linea dura contro gli immigrati l’obbligo del soccorso in mare.

Un’altra idea fasulla ma efficace messa in circolazione soprattutto da Fratelli d’Italia e dalla Lega (e ovviamente dai movimenti neofascisti autoproclamatisi difensori dell’italianità minacciata) è quello di “invasione”: per costoro sarebbe in corso un’invasione di migranti, in maggior parte africani, da cui bisogna difendersi con ogni mezzo anche affondando i barconi carichi di profughi prima che tocchino terra (Vittorio Feltri dixit).

A proposito di invasione (il cui significato esatto, giova ricordarlo, è: “Ingresso nel territorio di uno Stato da parte delle forze armate di uno Stato belligerante, per compiervi operazioni belliche, con o senza l’intenzione di occuparla stabilmente”. Esempio: l’invasione della Polonia. Oppure: “Con riferimento soprattutto alla storia medievale, la penetrazione in un territorio di popoli che migrano in cerca di nuove sedi. Esempio: le invasioni barbariche. Fonte: Treccani), c’è voluto un bel coraggio da parte del Ministro dell’Interno Matteo Salvini a evocare la difesa dei sacri confini della Patria per giustificare il divieto di sbarco di un centinaio di profughi salvati in mare, particolare non secondario, non da una Ong sospettabile di intesa con scafisti e trafficanti di esseri umani, ma da una nave della Guardia Costiera italiana.

E’ proprio il caso di dire che gli dei accecano chi vogliono perdere. Le male azioni, anche in politica, nonostante quello che ne pensa Machiavelli, prima o poi si pagano.  Un’altra espressione usata per sminuire le tesi dei buonisti è quella di “radical chic”, tipico esempio di fallacia ad personam: invece di confutare una tesi con argomenti razionali e pertinenti alla materia si scredita la persona che sostiene quella tesi, sottintendendo il paralogismo che se una persona vale poco, varrà poco anche quello che dice.


Una variante di questa fallacia è il discredito attribuito non a un singolo giornalista ma al giornale su cui scrive: si ricorderà l’equiparazione fatta dal ministro Di Maio di alcune testate giornalistiche, segnatamente la Repubblica e l’Espresso, ad altrettante case di tolleranza, perché avevano messo in evidenza le accuse alla sindaca Raggi di falso in atto pubblico e di abuso d’ufficio poi rivelatesi infondate. Inoltre è nota la polemica costante degli opinionisti “liberi” (o presunti tali) nei confronti dei cosiddetti “giornaloni” asserviti ai “poteri forti” e divulgatori del “pensiero unico” e “dominante”, cioè il Corriere della Sera, La Stampa, Il Sole 24 ore, la Repubblica…

Prendiamo ora l’abusata locuzione “politicamente corretto”: di per sé non dovrebbe avere niente di negativo dato che indica fondamentalmente un atteggiamento di rispetto nei confronti di qualunque tipo di minoranza. Eppure quante volte abbiamo visto disegnarsi una smorfia di disgusto sul volto di qualche illustre opinionista nel pronunciarla, premurandosi di prenderne le distanze, neanche si trattasse di una bestemmia.


A chi fa così schifo il politicamente corretto? Eh, a tanti “liberi pensatori” che scrivono per lo più su quotidiani come Libero, La Verità, Il Giornale, il Tempo, tutti “fuori dal coro”, per usare il titolo di una rubrica politicamente scorretta curata da Mario Giordano su tg4. Per tutti costoro il politicamente corretto significa porre limiti assurdi alla libertà di pensiero e di espressione, e giustamente, dal loro punto di vista, questi liberi pensatori sono in continua lotta contro questa specie di mostro biblico che, come ha scritto il filosofo liberale Corrado Ocone su huffingtonpost.it , “ha pervaso l’intera società, è diventato un comune sentire che condiziona in maniera spesso irriflessa la nostra mentalità, le strutture stesse del nostro pensiero, in conseguenza anche i nostri comportamenti pratici. Inoltre esso non è limitato nell’applicazione a un solo settore, ma investe vari gruppi della società.

Vari ma non tutti, perché anche tra le minoranze ci sono quelle accreditate e quelle no, c’è chi è un po’ più uguale degli altri. Per esempio, e questo la dice lunga sullo spirito che domina i nostri tempi, i cristiani non fanno parte di questa “zona protetta”, possono perseguitati, incarcerati, uccisi, in varie parti del mondo, ma la notizia quasi mai diventa per noi mediaticamente significativa, esce dal cono d’ombra di qualche trafiletto interno di giornale. C’è una voglia di contestare le nostre radici, così radicale che sa tanto di un masochistico segare i piedi della sedia su cui siamo seduti”. Ma siamo sicuri che il pensiero politicamente corretto (altrimenti detto radical chic) sia poi così dominante nella società attuale? Se così fosse, Matteo Salvini sarebbe il leader di una ristretta minoranza tradizionalista in via d’estinzione. Il discorso preoccupato di Ocone è certamente valido per le élites culturali e mediatiche, ma non per le masse impaurite e incattivite che votano per il Centrodestra  a trazione leghista.

E tuttavia non si può nemmeno dire che il politicamente corretto domini incontrastato la scena mediatica e culturale del nostro tempo, e pensatori liberali come Corrado Ocone dimostrano che non c’è il pensiero unico. Il pensiero unico è un’invenzione della propaganda di estrema destra che non sa, o non vuole distinguere tra democrazia liberale, democrazia diretta, oligarchia, oclocrazia, anarchismo, liberalsocialismo, socialdemocrazia, totalitarismo, fascismo, nazionalsocialismo, Stato di Diritto e Stato assoluto…Il pensiero unico è, se mai, quello di chi teme il contagio di altre culture o il confronto con pensieri e visioni del mondo divergenti dalla proprie. Purtroppo non possiamo agire come se non ci fosse la globalizzazione.  Ci sono poi anche giornalisti che si vantano di essere politicamente scorretti e che guardano dall’alto in basso chi non la pensa come loro.

Avete mai notato lo sprezzo con cui, per esempio, tal Francesco Borgonovo, de La Verità, si degna di interloquire con i colleghi che scrivono sui giornaloni? E il ghigno di sufficienza stampato sul volto di Maurizio Belpietro mentre ascolta l’interlocutore di turno? E le acute strida del citato Mario Giordano quando non gli garba quel che dice l’interlocutore politicamente corretto? Inutile dire che i politicamente scorretti hanno le loro bestie nere che, ai loro occhi, incarnano la quintessenza del  politicamente corretto: al primo posto mettiamo Laura Boldrini, a seguire Emma Bonino e gli altri radicali; poi il Presidente Sergio Mattarella, quindi tutti gli esponenti della sinistra (i “compagni”).


Tra i giornalisti tutti quelli del gruppo La Repubblica-L’Espresso, in particolare Eugenio Scalfari e Corrado Augias. Tra i personaggi televisivi la palma spetta a Fabio Fazio, poi a Lilli Gruber, la quale, accusata esplicitamente in una puntata di “Otto e mezzo” da Luigi Amicone della rivista Tempi, di essere troppo politicamente corretta quindi falsa, ha chiesto al collega di definire allora il politicamente scorretto ricevendone una risposta balbettante e confusa.

Altro esempio penoso di politicamente scorretto, sempre dalla Gruber (ma allora è un vizio!) è quello delle scuse che Pietrangelo Buttafuoco ha preteso da Corrado Augias, perché gli era sembrato che quest’ultimo lo accusasse di simpatie naziste. Nessuna scusa gli era dovuta, semplicemente aveva mal interpretato una domanda di Augias su un suo recente romanzo ambientato al tempo della seconda guerra mondiale.

Non sempre i politicamente scorretti si dimostrano all’altezza della situazione.


 
FULVIO SGUERSO

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