Il libro di Carlo Morganti: “Dalle peripezie belliche di ragazzo alle imprudenze di oltre cortina”. Le impressioni di Maria Rita Monaco

Nel libro di Carlo Morganti  i ricordi fluiscono e il racconto scorre con facilità    suscitando una serie di emozioni che, sedimentate in Carlo, attraversano anche noi reclamando l’attenzione che va data a chi sa scrivere bene  anche di cose vissute
Ricordi che partono da un’età in cui i bambini si incontrano e “scontrano”, giocano, esplorano, crescono.

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Ma Carlo era ancora un bambino, quando la II Guerra Mondiale iniziò e ricorda, con la saggezza di oggi, l’incoscienza e il suo spirito di avventura che hanno caratterizzato i suoi “anni di guerra” e se ci sorprendiamo a sorridere al racconto delle sue scaramucce con gli amici, o all’incoscienza che li portava a sbeffeggiare le SS, non possiamo non provare la stessa ansia dei suoi genitori quando, durante un’incursione aerea , non riescono a trovarlo.  Lui non aveva fatto in tempo a scendere daal’albero su cui si era arrampicato ed era rimasto là con la certezza che tutto sarebbe andato bene (l’idea di immortalità propria di bambini e adolescenti). La lettura scorre pulita e lineare e le sue parole, anche se pacate suggeriscono il solco che quegli anni hanno lasciato in lui, emerge quello spirto di avventura che aveva accompagnato i suoi giochi spesso interrotti dagli allarmi . I bombardamenti non hanno orario né rispetto  per chi lavora  o per chi sta esplorando il territorio conquistato nei giochi di ragazzi  alla vista delle mine inesplose, quindi di giorno e spesso anche di notte bisognava essere pronti a scappare , a mettersi in salvo, nei rifugi o appiattiti lungo i fossi che costeggiano la vicina ferrovia.

Finita la guerra lo spirito di avventura non lo abbandona , prova ne è quella mattina del 4 novembre 1966, quando, nonostante il consiglio di tutti di tornare a casa si ostina a recarsi al lavoro nella farmacia in Piazza Santa Maria Nuova. Saranno tre giorni di angoscia e quasi digiuno con l’acqua che invade Firenze; l’Arno ha rottogli argini davanti alla Biblioteca Nazionale. E’ l’ora degli “angeli de fango”, dei volontari, della distribuzione viveri e indumenti a coloro che con l’alluvione hanno perso tutto.
Seguono poi avventure e disavventure fra paure ed emozioni con i viaggi, in piena “guerra fredda” nei paesi d’oltrecortina Dalla Romania di Ceaucescu, alla Jugoslavia di Tito, alla frontiera quasi impossibile dell’Ungheria, Carlo estrae, dal baule dei suoi ricordi e racconta le paure, l’amore, le bellezze e la tristezza delle persone che abitano quei paesi; si toglie tanti sassolini dalle scarpe nei confronti degli amici del PCI con la loro speranza, non tanto segreta: “Ha da venì baffone” Il libro da leggere e rileggere finisce con un ricordo nostalgico della Prato regina del tessile fino agli anni ’60.
Maria Rita Monaco   23 febbraio 2024

 

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