IL dramma della pedofilia

TU NON PUOI IMMAGINARE

TU NON PUOI IMMAGINARE

Ci sono stati d’animo che tu, gentile Lettore, nemmeno puoi immaginare. Ti auguro di non poterli immaginare, perché in questo caso vuol dire che appartieni al gruppo di adulti o di adolescenti che non hanno subìto alcun tipo di abuso in età infantile.

Di pedofilia e di molestie in tanti ne parlano, anche nei miei scritti hanno trovato spesso spazio. Tuttavia un conto è descrivere, forse in modo dogmatico, forse in modo tecnico, peggio in modo fazioso, un fenomeno che coinvolge milioni di bambini, altro è cercare di compenetrare a livello emozionale ciò che vive la vittima. In un mondo che sembra dare voce più ai carnefici che alle vittime, che addirittura arriva a stravolgere i ruoli con il malcelato scopo di difendere l’indifendibile, questo scritto è un’anomalia. Se tu, gentile Lettore, sei tra i fortunati che non possono immaginare il dramma della pedofilia perché non hanno un riscontro emotivo in termini di vissuto, puoi fermarti e non proseguire la lettura: puoi decidere che non ti serva e che ne possa fare a meno. In questo caso sappi che hai il privilegio di scegliere, un privilegio che a moltissime persone è stato negato; se invece vuoi continuare a leggere sappi che ti avvicinerai alla sofferenza di tanti, potrai addirittura sfiorarla, immaginarla temo di no. Se tu, gentile Lettore, appartieni al numero altissimo di chi sa per esperienza diretta cosa sia la pedofilia, questa volta puoi scegliere, se leggere o meno. Forse potrai immedesimarti e scoprire che le tue emozioni sono quelle di tanti, e ciò sarà salutare; forse scoprirai che ammettere di ricordare è molto più scomodo che sperare di aver solo immaginato, e ciò sarà doloroso, ma salutare. Non sono tanto ingenua da non considerare l’ipotesi che questo scritto lo legga un pedofilo: ebbene, in questo caso potrà vedere cosa genera questa forma di egoismo patologico che qualcuno osa chiamare “amore”. Già, qualcuno si chiede che vita vivono le vittime della pedofilia, quelle che sopravvivono, ovviamente? Sappiamo bene che molti pedofili, una volta scoperti, chiedono la semi-infermità mentale, i riti abbreviati, il perdono, le cure (compresa la famigerata castrazione chimica), sappiamo che quando escono di galera, se vanno in galera, molti sono recidivi. Addirittura si trova qualcuno che si prende la briga di segnalarci il “grave disagio” in cui vivono molti pedofili, che in alcuni casi li ha persino condotti al suicidio: attenzione bene che se ciò succede, è sempre dopo essere stati indagati, mai prima.

Anche tante vittime della pedofilia terminano i loro giorni con il suicidio, la differenza è che per molte di loro è un processo lungo, lunghissimo.

Pur di sfuggire ai ricordi in tanti si rifugiano nell’effimero oblio offerto da droghe ed alcol. Altri arrivano ad odiare talmente quel corpo che li ha resi oggetto di attenzione da volerlo distruggere e annullare in tanti modi, dall’anoressia all’autolesionismo.

Casi estremi? Non più di tanto.

Le vittime che sopravvivono possono avere questo tipo di percorso, già, perché in tanti non escono vivi dal tunnel pedofilia: gli snuff-movies non sono una leggenda metropolitana, e se una bambina o un bambino thailandese scompare nel nulla, alla fine a chi importa? Di certo non ai molti turisti stranieri, moltissimi italiani, che si recano nei Paesi più poveri proprio per soddisfare i loro più biechi istinti, Thailandia e Brasile sono infatti ai primi posti della turpe classifica. Fino ad ora ho girato attorno al vero scopo di questo scritto, ovvero portare il Lettore dentro il dolore vero. Andiamo allora, e provate a immaginare cosa significhi svegliarsi nel cuore della notte madidi di sudore, anche in pieno inverno, completamente paralizzati, confusi; passano interminabili secondi prima di realizzare che sei nel tuo letto, nel presente e non nel passato. L’incubo è durato poco, ma ha riportato tutto a galla, quel poco che la tua mente ferita ti concede di ricordare: il ghigno che all’epoca sembrava un sorriso, tu che non ti puoi muovere, tu che sai che non va bene ma che non ci sei davvero tu in quel momento, non sei tu che senti addosso quelle mani, sei tu ma non lo sei, tu sei chiusa in un angolo remoto della tua anima di soli quattro anni, al sicuro. Ci penserà la memoria a proteggerti dal peggio, tu immaginerai tutta la vita, ma misericordiosamente non saprai mai quanto davvero ti è stato fatto. E’ notte, non importa, il tuo corpo che è ora di nuovo tuo urla dolore da ogni muscolo contratto: ci vuole un bagno caldo che lavi via la sensazione di sporco che quelle mani ti hanno lasciato sulla pelle anche dopo tanti anni. Non importa, solo tu lo sai, non importa. Non importa nemmeno quando al mattino ti metti il maglione più largo che hai, per far si che ti protegga come una corazza, o che nasconda la corazza che piano piano ti sei costruita addosso. Non importa. E invece no, importa. Importa perché nessuno ha capito, nessuno ha saputo, o peggio, nessuno ha voluto sapere. E’ questo che ti graffia l’anima: il dubbio. E la conseguente risposta. Perché nessuno ti ha protetta? Oh, tu la risposta la sai, ma non osi nemmeno formularla, puoi solo immaginarla, condannata per sempre ad immaginare, a sapere, che non si crede a una bambina di quattro anni, ma ad un adulto responsabile si. E allora vai avanti, stringi i denti e cresci, non gioisci quando lui muore, anzi, ti dispiace perché ora non potrai più fargliela pagare, non importava come, importava il quando. Tutto sommato, qualche incubo ogni tanto è ancora un prezzo basso da pagare, peggio è il poter immaginare …Ecco, gentile Lettore, questo è ciò che verosimilmente succede nella mente di un sopravvissuto. Quello che verosimilmente accadrà nei prossimi anni alle, allo stato attuale presunte, vittime del Professor Emilio Cella, docente presso l’Istituto Comprensivo di Cogorno (GE), che accadrà (se già non accade) alla vittima del pensionato settantenne (ora libero) di Casarza Ligure (GE), che accadrà alla vittima ora quattordicenne di Don Luciano Massaferro di Alassio (SV),condannato a 7 anni e 8 mesi, alla vittima del sessantatreenne Giovanni Bocchio (attualmente in carcere) di Finale Ligure (SV), che accadrà alla vittima di Don Riccardo Seppia (reo confesso ed ora in carcere in attesa di processo, sieropositivo) di Sestri Ponente (GE). Ricordo per ultima, ma solo perché solo ora forse avrà giustizia per gli abusi sopportati nel 2004, la vittima di Don Italo Casiraghi, colto in flagranza di reato a Gondola, nel Canton Ticino, ed arrestato. Una volta libero ha fatto sparire le proprie tracce ed è stato rintracciato lo scorso 18 febbraio a Pietra Ligure (SV). Ora, forse, la sua vittima avrà giustizia, ma non smetterà mai di immaginare.

Giovanna Rezzoagli Ganci

http://www.foglidicounseling.ssep.it

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