I LAVORI USURANTI

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO

 ventiduesima parte 

I LAVORI USURANTI E
 LE NUOVE MALATTIE PROFESSIONALI

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO

 ventiduesima parte 

I LAVORI USURANTI E LE NUOVE MALATTIE PROFESSIONALI

Riporto integralmente la parte iniziale di un pregevole articolo di Roberto Giovannini, pubblicato, in data 1 Marzo 2011, dal Quotidiano “LA STAMPA” (pag. 15):

“Ci sono delle vicende che sembrano davvero non chiudersi mai, fra rinvii, incertezze, dubbi e soldi che prima si trovano e poi non bastano mai.
Stavolta (ma un forse è d’obbligo, si direbbe) l’interminabile telenovela del pensionamento anticipato per i cosiddetti “lavori usuranti” sembra
invece finalmente destinata a chiudersi con una soluzione definitiva.
Sono oltre trent’anni, infatti, che si parla di favorire, con un anticipo della pensione, i lavoratori che svolgono mansioni particolarmente faticose, disagiate, che rendono più breve, per forza di cose, l’arco della vita lavorativa.
Ci sono voluti anni per definire la platea dei lavori usuranti; ci sono voluti altri anni per trovare i soldi e mettere, nero su bianco, le regole.
Ma, oggi (1-3-2011) a Montecitorio, in commissione lavoro, si comincerà a discutere lo schema di decreto legislativo, messo a punto, in modo
sostanzialmente bipartisan, da maggioranza e opposizione, che passerà, la prossima settimana, all’approvazione del consiglio dei Ministri e diventerà operativo entro aprile.”
Sin qui, dunque, lo Stato delle Cose, per quanto concerne l’iter Parlamentare del provvedimento.
Ma, carissimi amici, credo che, a questo punto, noi tutti dovremmo porci alcune Domande e cercare di fornire, ad esse, adeguate Risposte e più precisamente:
 
1) Che cosa si deve intendere con la dizione “Lavoro Usurante”?
Con questa Definizione si intende (o si dovrebbe intendere) ogni tipologia di lavoro, che, per le sue specifiche modalità di svolgimento, causa un progressivo logoramento (fisico e psicologico) della condizione esistenziale del singolo lavoratore.
Cesare Salvi
 
2) Quanti e quali sono i lavoratori sottoposti ad usura?
Sono circa 900.000 i lavoratori che, secondo l’attuale visione del Parlamento Italiano, svolgono un’attività usurante.
In questo numero complessivo, vi sono quelli individuati, nell’anno 1999, dall’allora Ministro Cesare Salvi e cioè:
circa 360.000 persone che effettuano
– Lavoro in galleria, cava o miniera
– Lavoro in cassoni ad aria compressa
– Lavoro svolto in qualità di palombari
– Lavori ad alte temperature (addetti a forni-fonditori dell’industria metallurgica – soffiatori nella lavorazione del vetro cavo)
– lavori in spazi ristretti (interno di condotte, cunicoli di servizio, pozzi, fognature, serbatoi e caldaie)
– Lavori di asportazione dell’amianto (da Impianti Industriali, Carrozze Ferroviarie, Edifici Industriali e Civili).
A questi vanno aggiunti quelli di altre Categorie, indicate nell’anno 2007, dall’allora Ministro Cesare Damiano, vale a dire:
circa 500.000 persone che effettuano
– Lavori notturni o turni di notte (almeno 64 turni l’anno)
circa 90.000 persone addette alle
– Linee produttive con catena di montaggio
circa 65.000 persone identificate nella
– conduzione di veicoli pubblici (con capienza superiore ai 9 posti).
 
3) Quali benefici potranno ricavare queste persone dai provvedimenti legislativi attualmente in discussione nel Parlamento Italiano?
In poche parole, i lavoratori “usurati”(precedentemente elencati) potranno andare in Pensione prima dei loro colleghi: si tratta di uno sconto di tre anni di anzianità, mantenendo fermi i requisiti minimi dei 57 anni di età e dei 35 anni di contributi.
L’anticipo del ritiro nella Pensione di Anzianità verrà confermato ai lavoratori che, nel periodo 2008-2017(detto: periodo transitorio)
avranno svolto attività usuranti per almeno sette anni negli ultimi dieci di lavoro.
A partire dal 2018, anzichè sette anni, ci vorrà la metà della vita lavorativa.
 
4) Quali requisiti dovrà possedere un lavoratore “usurato” per accedere ai benefici di questa legge?
Secondo l’attuale schema di Decreto in discussione, il nuovo sistema entrerà in vigore gradualmente e andrà a pieno regime nel 2013, per non creare contraddizioni con i nuovi termini delle Quote, delle Età e delle Anzianità contributive, previste dalle attuali Norme Pensionistiche (legge 247 dell’anno 2007).
E’ previsto un Periodo Transitorio, il quale, per la maturazione del diritto, parte dal 1° Gennaio 2008 e rimodula progressivamente il Rapporto Età – Anzianità.
Per esempio: sino al 30 Giugno 2009 sono necessari 57 anni di età e 35 anni contributivi minimi; per il 2011 – 2012 vale la cosiddetta quota 94, (57 anni di età e 37 di contributi); dal 2013 sempre quota 94, ma con 58 anni di età e 36 di contributi.
 
Cesare Damiano
5) Quali sono i limiti di questa futura norma legislativa?
Sono presto detti: in teoria, dovrebbero essere circa 15.000 l’anno: lavoratori in possesso dei requisiti richiesti e sopra citati.
Ma non ci sono soldi per tutti: solo 5.000 saranno i fortunati (se così possiamo chiamarli): potrà andare in Pensione, prima degli
altri, chi ha maggiore anzianità di servizio ed, a parità di anzianità, chi ha presentato prima la domanda.

Gli altri dovranno aspettare.

– Ma, al di là dei Pregi (sul piano dei principi) e dei Difetti (sul piano concreto) di questo Provvedimento Legislativo, io penso, carissimi amici, che si debba guardare oltre il presente ed il prossimo futuro; da tempo, molti Studiosi di questa materia ritengono che gran parte delle attuali metodologie di lavoro siano, per la loro intrinseca conformazione, sempre più usuranti, per cui verrà sempre più ad essere indistinto il Limite, che si è, oggi, artificiosamente interposto fra usura lavorativa e malattia professionale.

Già oggi, osserviamo che sta aumentando il numero delle professioni, per le quali si richiede il legittimo riconoscimento dell’usura: dagli operatori, che passano gran parte della giornata con gli occhi puntati sullo schermo di un computer (dove viaggiano numeri su numeri, in continuità), ai Conduttori di Taxi (attualmente esclusi dai Benefici della Legge), ai Telefonisti dei Call-Center, alle Maestre della Scuola dell’Infanzia (costrette ad una fatica fisica di notevole entità e ad uno stress psicologico continuo, durante tutte le fasi di assistenza ai minori), ai lavoratori che svolgono la loro attività, sotto la continua sorveglianza mediante telecamere fisse, per giungere, infine, a quella nuova categoria di occupati costretti ad obbedire alle aberranti regole di lavoro, targate Marchionne ed altri.

Domandiamoci, allora, senza infingimenti:

– in che cosa consiste la normalità lavorativa?

-quando e come inizia l’usura?

-quando l’usura si trasforma in malattia professionale?

Vito Foà

Questi quesiti non possono e non debbono cadere nel vuoto, perchè ad essi, sul piano rigorosamente scientifico, ha già dato esauriente risposta il Congresso Mondiale di Medicina del Lavoro, svoltosi a Milano l’11 Giugno 2006.

Dalla magistrale relazione di Vito Foà (Direttore della scuola di Specializzazione di Medicina del Lavoro dell’Università di Milano) è emerso, in forma sintetica, quanto segue:

“Le attuali modalità di lavoro influiscono, in modo generale, su tutto lo stato di salute del lavoratore, incidendo sulla percentuale di rischio delle comuni patologie riguardanti gli apparati cardio-vascolare, digerente, motorio, psicologico ed immunitario.

Infatti, in Italia, il 70% della forza occupazionale lavora ormai nei servizi, il che sposta l’attenzione dalle intossicazioni nelle fabbriche alla qualità dell’aria negli uffici, ai disturbi muscolo-scheletrici, dovuti a posizioni scorrette, allo stress psicologico, derivante dalle violenze esterne e interne all’ufficio.

E’ emerso, cioè, un contesto lavorativo ed ambientale di tipo nuovo:

– Grandi locali, con presenza di partnership internazionali;

– Radicali trasformazioni agli orari di lavoro, con frequenti eliminazioni dei turni;

– Rapporto intenso e continuato con le macchine ed il computer;

– Scarsa mobilità del corpo, attraverso il quasi costante obbligo alla posizione seduta;

– Continuo stato di tensione psicologica ed emotiva. 

Nascono da questa oggettiva situazione ambientale, tutta una serie di patologie o di disturbi, che condizionano la vita fisica e mentale

dell’individuo, alterano i suoi rapporti sociali e familiari, incidono sul modo di intendere i valori culturali ed etici della società.

Così, passiamo dalle sindromi depressivo-ansiose agli stati ipertensivi, dalle turbe della digestione ai disturbi muscolari alle braccia, al collo ed al dorso; altrettanto esteso è il campo d’azione delle allergie, a causa delle molte e nuove sostanze chimiche, con le quali il lavoratore entra in contatto.”

– Da queste fondamentali argomentazioni, emerge, dunque, l’esigenza di una nuova, più moderna ed evoluta visione della medicina del lavoro, proiettata verso il futuro.

Ma, emerge, anche la necessità di una continua revisione della legislazione nazionale ed internazionale, coerente con l’evoluzione tecnologica e scientifica.

Ma, soprattutto, viene alla luce la necessità di assegnare alla parola “lavoro” il valore-simbolo del progresso ed, in particolare, del benessere individuale e collettivo (come sancito, in modo esemplare, dall’articolo 1 della nostra costituzione).

Aggiungo in conclusione ed in coerenza con la Riflessione di Carlo Smuraglia (citata nel Precedente Articolo del 9 Marzo 2011) che di fronte alle ciniche argomentazioni di alcune Persone che quotidianamente incontro per strada, secondo le quali le mie riflessioni, su questa materia, sono inutili perchè “di qualcosa bisogna pur morire“, rispondo che “è disumano soffrire e morire per causa del lavoro“; in armonia con le Parole di L. M. Cognetti e le Note Musicali di F.P.Tosti:

 

   “Vorrei morire nella stagion dell’anno,

   quando è tiepida l’aria e il ciel sereno,

   quando le rondinelle il nido fanno,

   quando di nuovi fior s’orna il terreno;

   vorrei morir quando tramonta il sole,

   quando sul prato dormon le viole,

   lieto farebbe a Dio l’alma ritorno,

   a primavera e sul morir del giorno.”

 

16 Marzo 2011        Aldo pastore

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