Hanno bombardato un ospedale pediatrico.

 

Oggi l’abbiamo letto tra le news, l’abbiamo sentito nei tg, e tutti – ognuno a modo suo – abbiamo reagito come altro non si poteva fare: con sdegno, rabbia, odio per chi ha potuto cadere così tanto in basso, quasi sul fondo, nella tetra scala della bestialità umana.
Prima di tante domande: a chi può tornare utile un’efferatezza del genere?
Oggi conosciamo quasi solo domande, mentre pochissime sembrano essere le risposte.
Per parte mia l’unica cosa che ho scritto – col cuore pesante – riguardo all’invasione russa in questi giorni è un timore in forma di gioco di parole: “Good morning Spagna 1936?”, come il bel film con Robin Williams sull’infinita guerra d’Indocina all’epoca dei nostri genitori, e come il terribile e già polarizzato inizio delle ostilità nell’eurasia dei nostri nonni.
Questa escalation non finirà più? Diverrà guerra mondiale?
Chissà: vedrete che lo scopriremo.
E non vale la pena averne paura, bisogna solo ragionarci sopra.

Quel che deve avvenire avviene, che ce ne preoccupiamo o meno, che sia umano o disumano, come già è successo tre anni dopo la Spagna del ’36 o come è avvenuto per i vietnamiti e per una sfilza numerosissima di paesi di cui abbiamo sentito parlare pochissimo, aggrediti da paesi che invece frequentiamo abitualmente nelle nostre vacanze (e che oggi riconosciamo facilmente come luminosi esempi di progresso e di liberalità).
Poche risposte: anche perché le domande – a noi europei – ci perseguitano da secoli.
Certo, qualche altra domanda, magari sincera e tagliente, ce la potevamo fare un po’ prima. E certo – visto che un fatto vale più di mille parole – quando nel dicembre 2011 (più di dieci anni fa) iniziavo con una certa fatica la traduzione di una pagina di wikipedia che tutt’oggi si può leggere online “Lista dei giornalisti uccisi in Russia” (https://it.wikipedia.org/wiki/Giornalisti_uccisi_in_Russia) qualche domanda, già allora, ce la si poteva fare.
Personalmente trovo bellissima la Russia, ogni tanto sogno di percorrere la transiberiana in treno, e immagino che sarebbe splendido attraversare via terra il suo territorio infinito per andare ad oriente… ma quei vocaboli inglesi a descrivere i diversi tipi di uccisione li ricordo tutt’oggi, con muto orrore.
Le parole, come le storie, sono i fondamenti del nostro scegliere: conoscerne di orribili è un peso necessario, ma assai faticoso da portare.
Oggi non siamo davanti a una pagina di storia pochissimo frequentata, ma abbiamo conosciuto un’atrocità come è raro se ne abbia notizia.
Non ci sono tante risposte è vero, ma qualche domanda su chi siamo, su cosa vogliamo, su cosa crediamo sia giusto o meno, su fino a quando possiamo “chinare il mento” perché  “il fuoco ha risparmiato le nostre Millecento” è il caso di iniziare ad apparecchiarla.
Non è retorica rammentarcelo, ci sono le immagini a testimoniare l’indicibile: mentre facciamo cena o ci domandiamo se sia giusto o meno mandare fucili ad una nazione sovrana che viene aggredita, siamo scesi di un gradino in direzione del buio.
Un esercito ha bombardato un ospedale pediatrico.

Delfo Pozzi

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